Bankitalia ha tragicamente reso noti i dati sul nostro debito pubblico, che cresce nonostante gli sbandierati annunci del Governo precedente. L’ex premier infatti è il maggior responsabile di questo sostanzioso aumento, in quanto gli enti locali, cui sono stati tagliati ripetutamente i fondi, si sono pure dimostrati virtuosi. Il debito a fine anno è fortunatamente lontano dal picco di luglio, ma nemmeno di tanto. Non è bastato comunque il calo di 13,2 miliardi rispetto ai 2.230,9 miliardi segnati alla fine di novembre, sempre su percentuali stratosferiche rimaniamo. E, a questo punto, pur in presenza di un aumento del PIL (per quanto asfittico), sarà difficile convincere i falchi di Bruxelles sul miglioramento dei nostri conti pubblici. Veniamo ai freddi numeri.
Bankitalia ha comunicato che al 31 dicembre del 2016 il debito delle Amministrazioni pubbliche era pari a 2.217,7 miliardi. A fine 2015 il debito ammontava a 2.172,7 miliardi (132,3 per cento del PIL). L’aumento del debito nel 2016 (45,0 miliardi) ha riflesso il fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche (42,5 miliardi) e l’incremento di 7,4 miliardi delle disponibilità liquide del Tesoro (collocatesi a fine anno a 43,1 miliardi). Per contro, l’effetto complessivo degli scarti e dei premi all’emissione e al rimborso, della rivalutazione dei titoli indicizzati all’inflazione e della variazione del cambio ha contenuto il debito per 4,9 miliardi. Con riferimento alla ripartizione per sotto-settori, il debito consolidato delle amministrazioni centrali è cresciuto di 48,6 miliardi a 2.128,4 miliardi, mentre quello delle amministrazioni locali è diminuito di 3,6 miliardi a 89,1 miliardi. Invece è rimasto sostanzialmente stabile il debito degli enti di previdenza. Quanto alla vita residua, 515,312 miliardi ne hanno fino a un anno, 699,796 miliardi tra 1 e 5 anni e 1.002,567 miliardi oltre 5 anni. La vita media residua del debito è pari a 7,3 anni. In aumento anche le entrate tributarie. A fine 2016 erano pari a 438,57 miliardi di euro a fronte dei 433,43 miliardi del 2015. Nel solo mese di dicembre, le entrate si sono attestate a 70,17 miliardi dagli 80,09 miliardi di dicembre 2015. Mentre a novembre è salito il controvalore del portafoglio di titoli di Stato italiani detenuti da investitori stranieri.
Sempre secondo i dati di Banca d'Italia, a novembre il controvalore dei governativi italiani detenuti da investitori non residenti risultava pari a 700,998 miliardi di euro dai 689,970 miliardi del mese precedente. In base a calcoli Reuters sui dati di Bankitalia, la quota dei titoli del debito pubblico italiano in mano agli investitori esteri è passata al 37,1% del totale dal 36,7% di ottobre.
Il portafoglio esteri include anche i titoli di Stato detenuti da investitori domestici attraverso soggetti non residenti e quelli detenuti dalla Bce e dalle Banche centrali di altri Paesi. Secondo l'ultimo Rapporto di stabilità finanziaria di Banca d'Italia, diffuso a novembre, allo scorso giugno la quota dei titoli di Stato italiani detenuti da investitori esteri veri e propri, ovvero sottraendo i bond posseduti dalla Bce direttamente (e non attraverso Bankitalia) e da gestioni e fondi esteri riconducibili a investitori italiani, era pari al 28,4%, in calo rispetto al 28,8% di fine 2015 e al 30% di giugno 2015). Alla stessa data la quota esteri lorda ammontava al 37,2%, con una differenza, quindi, di poco inferiore ai 10 punti percentuali.