Da una nostra ricerca solo il 14% si mostra confidente che il COVID-19 non impatterà sul proprio reddito famigliare. Le aziende devono continuare a comunicare, restare connesse ai consumatori e investire in brand awareness
Quali sono le (nuove) abitudini dei consumatori, la fruizione dei media e le attese della popolazione in questo periodo in cui la pandemia di COVID-19 ha cambiato la vita di tutti? Su questo Kantar ha condotto il più grande studio globale finora fatto, Ascoltando le opinioni di oltre 25mila consumatori provenienti da più di 30 Paesi. Il modo migliore per offrire ai brand una direzione chiara per rimanere vicini (e connessi) ai propri clienti durante questa crisi. Magari pensando già al dopo. Ne abbiamo parlato con Federico Capeci, CEO Italy, Greece & Israel, Insights Division - Kantar.
Quali sono stati i principali risultati dello studio? Quanto le persone sono informate sul virus?
In termini generali, la ricerca ci conferma l'importanza dei media nel veicolare sentiment nelle popolazioni. C'è un'altissima correlazione tra le preoccupazioni o le speranze dei cittadini e il modo in cui ciascun Paese ha affrontato, in termini mediatici e di comunicazione, questa crisi. I Paesi che hanno considerato questo aspetto da subito come massimamente prioritario, dirottando tutte le trasmissioni e i contenuti su questo aspetto, mettendo l'accento sul dramma umano ma anche su quello economico, oggi si trovano ad avere popolazioni preoccupate dei danni causati al sistema complessivo, piuttosto che dei rischi specifici e individuali delle persone.
Questo è accaduto anche in Italia, in cui oggi emergono, anche in maniera maggiore rispetto alle altre popolazioni, alcune evidenze come il forte gap tra la preoccupazione per sé stessi e quella complessiva per il sistema Italia: gli italiani sono, anche rispetto ad altre Nazioni, più preoccupate per i pericoli del Paese che per se stessi. Come dire che il sistema mediatico ha enfatizzato talmente tanto questo aspetto che l'ha reso un po' distante dal quotidiano, pertanto se una famiglia non ne è stata impattata direttamente tende a percepirsi in sicurezza. Potete capire l'impatto di questo sentimento sui primi giorni delle restrizioni governative, quando larghe parti della popolazione italiana ancora faticavano a rispettare le regole del distanziamento sociale.
Entrando nel dettaglio, quali sono le principali preoccupazioni dei cittadini?
La principale preoccupazione degli Italiani, dopo alcune settimane dal lockdown e diverse ore di trasmissioni sulle tematiche di intasamento degli ospedali, sono ora prevalentemente di tipo economico.
Il confronto con altri Paesi del G7 ci mostra infatti che il nostro Paese ha oramai, quasi complessivamente, cambiato comportamenti e iniziato ad adottare forme di forte cautela per ridurre il contagio. I decreti del Governo, quindi, hanno avuto un impatto notevole sugli Italiani, cambiando in modo radicale i comportamenti prima di altri Paesi.
Quello che invece ora preoccupa di più gli italiani sono gli impatti economici di questa crisi: solo il 14% degli italiani si mostra confidente che il COVID-19 non impatterà sul proprio reddito famigliare. In questo quadro, la Germania per esempio è molto più speranzosa (il dato sale al 35%) e anche la Francia e UK (29% e 26% rispettivamente). Il sentimento si fonda sulla minor capacità percepita del nostro Paese di riuscire a rialzarsi velocemente dopo la crisi: poco più di 1 su 5 ritiene probabile un recupero veloce quando tutto sarà terminato, mentre in UK queste persone sono quasi 1 su 3 de in Cina addirittura 2 su 3.
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