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28/05/2014

economia

Alla BCE le parole di Mario Draghi parlano piu' dei fatti

Bernard (Vontobel): Per il momento il \"fare qualsiasi cosa\" è ancora sufficiente. Ma, se occorrerà, bisognerà stabilire un quadro appropriato per un\'azione incisiva

Di solito, i fatti parlano più delle parole. Ciò non vale attualmente per la Banca Centrale Europea. Due anni fa, due brevi frasi pronunciate dal suo presidente Mario Draghi fecero miracoli: calmarono i mercati, stabilizzarono la valute e contribuirono a spianare la strada per la ripresa economica della zona euro. Gli interventi verbali potrebbero però non essere più sufficienti a mantenere a galla i paesi "periferici" della zona euro, ancora stretti nella morsa del debito. Sebbene non ci attendiamo un altro round di misure monetarie non convenzionali, non possiamo neppure escludere la necessità di un tale passo.
“All\'interno del proprio mandato, la BCE è pronta a fare qualunque cosa per preservare l\'euro, e credetemi, questo basterà”. Con queste parole pronunciate a un\'investment conference a Londra il 26 luglio 2012, Draghi diffuse la convinzione che l\'eurozona era di nuovo un luogo sicuro per investire. È vero che sono rimaste delle incertezze, soprattutto sulle basi legali del programma Outright Monetary Transactions (OMT) della Banca centrale Europea (BCE). Sussistono anche delle incognite sull\'Unione Bancaria Europea e, in ultima istanza, sul finanziamento in caso di procedure di fallimento e garanzie di deposito.

È però indiscusso che la BCE ha avuto finora successo: i rendimenti dei titoli di Stato dell\'Europa meridionale si sono notevolmente ridotti sulla scia dell\'appetito degli investitori per il debito "periferico" (vedi grafico), le banche dell\'eurozona hanno riguadagnato l\'accesso ai mercati finanziari e l\'euro si è apprezzato contro gran parte delle valute. Inoltre il saldo netto della Bundesbank tedesca all\'interno del Sistema europeo delle banche centrali è sceso in modo costante dalle dichiarazioni di Draghi.
L\'inversione delle sorti della zona euro si manifesta chiaramente nel recente e spettacolare lancio di un titolo di Stato greco a cinque anni, per un valore di quattro miliardi di euro e una cedola inferiore al cinque percento, per il quale le richieste di sottoscrizione hanno superato il volume dell\'emissione.

La BCE cercherà di usare la mano ferma

Mentre la zona euro si è allontanata dal baratro, la crescita economica procede a rilento – per il 2014 prevediamo una crescita dell\'1,2% –, la disoccupazione rimane alta all\'11,9% e i dati sull\'inflazione si mantengono ostinatamente al di sotto del target a lungo termine della BCE (2 percento).

Un\'inflazione troppo bassa, abbinata a una crescita reale anemica, potrebbe compromettere gravemente le prospettive di stabilizzazione del debito sovrano, per non parlare della riduzione dell\'indebitamento. La storia mostra che è estremamente difficile combattere la disinflazione – e tanto meno la deflazione. Ne è un esempio l\'esperienza del Giappone.
Secondo le previsioni a lungo termine diramate dalla BCE in marzo, l\'inflazione dovrebbe raggiungere l\'1,8% nel quarto trimestre del 2016. Il nostro modello proprietario indica un rialzo dell\'inflazione inerziale dall\'attuale 0,7% a circa l\'1,5% intorno all\'anno prossimo. Ciò nonostante non dobbiamo dimenticare che la forza dell\'euro e la disinflazione mondiale trainata dal rallentamento della crescita in Cina contribuiscono a deprimere i dati sull\'inflazione. Inoltre, considerato l\'alto livello di indebitamento, non c\'è bisogno di un forte shock esogeno per pregiudicare la fragile ripresa della zona euro.
Cosa significa tutto questo per la BCE?
Contrariamente alle attuali speculazioni, non prevediamo che la BCE ricorra a una politica monetaria non convenzionale in qualsiasi forma, fintanto che l\'economia si sviluppa secondo i suoi piani.

Tuttavia, considerata la moltitudine di fattori che potrebbero stravolgere lo scenario centrale della BCE, l\'autorità monetaria deve essere pronta a prevedere misure poco ortodosse se dovesse emergerne il bisogno. Per essere efficace, una tale manovra di "quantitative easing" dovrebbe includere l\'acquisto di debito privato, come prestiti bancari o assetbacked security, e di debito governativo, perché – a differenza della situazione negli Stati Uniti – le banche europee svolgono un ruolo importante nel finanziamento dell\'economia regionale. Per il momento il leitmotiv "fare qualsiasi cosa" è ancora sufficiente, ma, se occorrerà, bisognerà stabilire un quadro appropriato per un\'azione incisiva.

Prospettive favorevoli per le attività rischiose

Malgrado il perdurare delle tensioni tra Ucraina e Russia, i mercati mondiali continuano a essere trainati dalle politiche monetarie accomodanti delle principali banche centrali, dai bassi tassi d\'interesse e da utili societari ragionevolmente elevati. In un tale contesto restiamo cautamente ottimisti e manteniamo un lieve "sovrappeso" nelle attività rischiose.


Abbiamo aumentato la nostra esposizione nel debito dei mercati emergenti denominato in valute locali, perché dubitiamo che questo segmento continui a sottoperformare notevolmente come negli ultimi 12 mesi. Osserviamo un miglioramento dei deficit delle partite correnti nelle principali economie emergenti un in periodo in cui il rendimento corrente di questo segmento è vicino al 7 percento, offrendo così un cuscinetto ragionevole per compensare un eventuale deprezzamento dei mercati emergenti. Il dato decisivo è che tale rendimento supera ogni confronto con gran parte dei segmenti a reddito fisso di qualità creditizia analoga.

Christophe Bernard, Chief Strategist di Vontobel


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