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02/07/2014

economia

Le nuove sfide delle PMI italiane in tempo di crisi: il capitale di rischio

Rolleri e Vico (Assiom Forex): Quotazione su AIM Italia o equity crowdfunding sono efficaci. Ma occorre un cambio di mentalità degli imprenditori. Troppo basso il livello di capitalizzazione

In  Italia le PMI hanno un peso sul tessuto industriale più rilevante rispetto agli altri Paesi europei in termini di contributo sia al valore aggiunto che all’occupazione come dimostrato anche dal recente report annuale curato dalla Commissione Europea. L’Italia è al primo posto nell’UE per numero di PMI (99,9% del totale), quasi il doppio della Germania.

L’80% delle persone occupate in Italia lavora nelle PMI, contro una media UE del 66%. Inoltre, le piccole e medie imprese italiane, in controtendenza rispetto alle classifiche europee, presentano una buona propensione a innovare: sul totale della spesa per innovazione delle aziende del nostro Paese pari a circa 16 miliardi di euro, 7,8 miliardi sono a carico delle PMI. Altri dati incoraggianti sulle imprese manufatturiere italiane vengono da un recente studio promosso da Fondazione Symbola, Unioncamere e Fondazione Edison. Secondo lo studio, l’Italia è uno dei cinque Paesi al mondo che vanta un surplus manifatturiero superiore ai 100 miliardi di dollari.

Inoltre, su un totale di 5.117 prodotti (il massimo livello di disaggregazione statistica del commercio mondiale), nel 2012 l’Italia è stata prima, seconda o terza al mondo per attivo commerciale con l’estero in ben 935. In base ai dati forniti da SACE, le esportazioni sono aumentate anche durante gli anni di crisi per un controvalore di circa 390 miliardi di euro nel 2013 (30% del PIL; CAGR₀₉‚₁₂ +10%), che raggiungerà un valore di circa € 539 miliardi nel 2017. Le PMI italiane mostrano quindi segnali incoraggianti per i risultati ottenuti nell’innovazione, nella tendenza ad esportare, nell’eccellenza in specifiche nicchie di mercato, nell’efficienza ambientale. Il problema più grave rimane quindi quello del credit crunch che colpisce le PMI italiane più di quelle europee a causa soprattutto della loro sottocapitalizzazione. Di qui la necessità per gli imprenditori italiani di identificare altri strumenti di “funding”. Per funding si intendono tutti gli strumenti economico-finanziari in grado di liberare cassa alle imprese, in particolar modo per investimenti di natura strategica.

Uno dei principali fattori di squilibrio delle PMI italiane, rispetto a quelle straniere, è l’eccessivo ricorso all’indebitamento finanziario, in tutte le sue forme, rispetto ad una maggiore capitalizzazione, fattore questo che limita fortemente le potenzialità di sviluppo ed internazionalizzazione della piccola e media impresa italiana e, conseguentemente, la propria competitività. I primi segnali di inversione di questo trend si iniziano a vedere. Per quanto riguarda il capitale di rischio, infatti, dal 2009 ad oggi si registrano 45 società quotate su AIM Italia di cui 9 nei primi mesi del 2014. Tale mercato, gestito da Borsa Italiana e dedicato alle PMI, ha raccolto complessivamente circa 350 milioni di euro. Per i prossimi mesi si prevedono almeno altre 10 società pronte ad accedere a questo segmento di mercato: il 2014 probabilmente sarà l’anno record per l’AIM dalla sua costituzione. 

Per le piccole imprese in fase di start up, si segnala come l’Italia è stato recentemente il primo Paese in Europa ad essersi dotato di una normativa specifica e organica relativa al solo equity crowdfunding. Proprio a un particolare tipo di start-up (quelle innovative) sono dedicate alcune norme introdotte dal decreto “crescita bis” (lo stesso decreto che ha regolato i mini bond).

Le start-up innovative sono piccole società di capitali (Spa, Srl o cooperative), da poco operative, impegnate in settori innovativi e tecnologici o a vocazione sociale. Le start-up innovative possono offrire i propri strumenti finanziari (anche) attraverso portali online se sono iscritte in una sezione speciale del registro delle imprese tenuto dalle Camere di commercio. Dall’entrata in vigore del decreto sono nate in Italia oltre 2100 start-up innovative e negli ultimi mesi stanno nascendo i primi portali italiani per la raccolta online di capitale di rischio emesso da start-up innovative. Tutti gli strumenti qui elencati, nonostante possano costituire valide e complementari alternative al credito bancario, devono essere accompagnati da un cambiamento di mentalità da parte degli impenditori italiani. Gli imprenditori devono compiere una una piccola rivoluzione attraverso due semplici misure: investire maggiori capitali di rischio verso le loro iniziative e migliorare la corporate governance delle loro società. Lo scarso apporto di capitale di rischio è infatti, come ricordato dalla Banca d’Italia nel suo Rapporto sulla stabilità finanziaria dello scorso maggio, una delle “caratteristiche che maggiormente hanno limitato la capacità delle aziende di ottenere nuovi finanziamenti durante la crisi”.


 

Le piccole imprese, troppo spesso, devono rinunciare a progetti di investimento, che permetterebbero la crescita sui mercati internazionali ed il miglioramento della redditività, a causa di mezzi patrimoniali insufficienti e dell'impossibilità di reperirli presso il sistema bancario,  a sua volta colpito anch'esso dalla crisi. In base ad uno studio della Banca dei Conti Armonizzati delle Imprese che contiene informazioni statistiche sulla contabilità aziendale di molti Stati europei, le PMI italiane detengono il livello di patrimonializzazione (patrimonio netto/totale attivo) più basso tra le imprese europee analizzate, seppure in crescita rispetto al 2006 e pari al 31% nel 2011.  

Michele Rolleri e Mattia Vico, Commissione Mercato dei Capitali Assiom Forex

 


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