Un rientro all’insegna della volatilita’?
Gli esperti di Natixis illustrano le forze di mercato che determinano una così bassa volatilità, le tempistiche con cui potrebbe verificarsi un suo aumento, e le strategie che possono essere implementate per gestire gli effetti sul portafoglio
Nonostante gli eventi destabilizzanti in molte parti del mondo non siano mancati, l’indice “VIX" (Chicago Board Options Exchange Volatility Index), barometro della volatilità di mercato e del rischio, si è attestato ai minimi storici per tutta la prima parte del 2014. Molti investitori si chiedono perché la volatilità rimanga così contenuta e quanto potrà perdurare tale situazione. Tre esperti di volatilità del gruppo Natixis Global Asset Management discutono le forze di mercato che determinano una così bassa volatilità, le tempistiche con cui potrebbe verificarsi un aumento della volatilità stessa, e le strategie che possono essere implementate per gestire gli effetti della volatilità sul portafoglio.
“I nostri esperti degli investimenti - dichiara Antonio Bottillo, Amministratore Delegato per l’Italia di Natixis Global Asset Management (nella foto) - analizzano i vari elementi di incertezza che possono far pensare a un risveglio della volatilità sui mercati. Tali considerazioni ci portano a sottolineare l’importanza di capire e gestire il rischio di un investimento, ancora prima del suo rendimento atteso. Nella costruzione di un portafoglio, quindi, è necessario affidarsi a uno specialista esperto che sappia valutare rischi e opportunità dei singoli mercati. Ancora più importante, anziché farsi sopraffare dai movimenti di mercato di breve periodo, l’investitore dovrebbe concentrarsi su obiettivi di lungo termine e assicurarsi di avere un portafoglio adatto ad affrontare diversi scenari di mercato e in grado di rispondere alle sue reali necessità future”.
Emmanuel Bourdeix, Head of Seeyond, Co-CIO Natixis Asset Management
“I mercati sono incerti per definizione. Tuttavia, tale incertezza sta aumentando ovunque”, afferma Bourdeix. Di conseguenza, la volatilità potrebbe aumentare in qualsiasi momento. Bourdeix ritiene che chi si occupa di asset allocation si trova oggi ad un punto cruciale. Negli Stati Uniti, se l'inflazione dovesse aumentare nei prossimi mesi, la Fed si troverà combattuta tra mantenere una posizione accomodante, consentendo quindi ai mercati azionari di proseguire nel proprio rialzo, o procedere con l'aumento dei tassi d’interesse. "Non dobbiamo poi sottovalutare la carenza di liquidità in determinati segmenti del mercato obbligazionario; anche un lieve aumento dei tassi da parte della Fed potrebbe scatenare un significativo movimento tecnico di mercato", afferma Bourdeix.
Le azioni americane cominciano ad apparire costose
Osservando l'indice CAPE Shiller (il Cyclically Adjusted Price to Earnings Ratio ideato da Robert Shiller), Bourdeix ritiene che le azioni statunitensi stiano diventando costose. "Se i prezzi azionari continueranno ad aumentare ad un ritmo più sostenuto rispetto agli utili societari, potremmo entrare in “zona bolla”, secondo la configurazione già osservata della fine degli anni Novanta, quando la volatilità aumentò durante la fase "euforica" del mercato rialzista" sostiene Bourdeix. Una situazione simile si è verificata anche alla fine della fase di mercato rialzista del 2003-2007. Secondo Bourdeix, il contesto configuratosi a partire dal 2009, con i tassi d’interesse prossimi allo zero, è storicamente il più lungo a cui gli investitori abbiano mai assistito. Ne consegue che l'incertezza riguardo a possibili aumenti dei tassi di interesse è molto maggiore rispetto agli ultimi due periodi di aumento dei tassi, nel 1994 e nel 2004.

Bourdeix e il suo team hanno esaminato attentamente il recente livello dei tassi di interesse “reali” rispetto al loro valore teorico secondo i “priority economic model” di SeeyondSM. “La riduzione a zero è stata legittimata dal fatto che i tassi teorici fossero prossimi allo zero, e il quantitative easing è stato giustificato dal fatto che i tassi teorici stessero scendendo addirittura al di sotto dello zero. Da allora, i tassi teorici hanno recuperato terreno e la tendenza è piuttosto chiara: d'ora in poi, non sono più giustificate né politiche di quantitative easing né tassi vicini allo zero, e più permane il contesto attuale di tassi così bassi, maggiore è il rischio che la Fed allenti la presa sulla politica monetaria”. È per questo motivo che Bourdeix ritiene che i "falchi" del Federal Market Operating Committee (FMOC) stiano facendo pressione sul Presidente della Fed, Janet Yellen, affinché acceleri sugli aumenti successivi dei tassi.
Rischi in aumento in Europa e in Giappone
Al contrario, in Europa, se la crescita dovesse continuare a stagnare, il contesto economico potrebbe non essere abbastanza robusto per assorbire un aumento dei costi energetici determinato dalle tensioni geopolitiche in Medio Oriente. L'Europa dovrebbe pertanto affrontare un potenziale rischio di deflazione. In questa prospettiva, è probabile che i mercati crollino e che aumenti la volatilità. Inoltre, il Giappone sta riscontrando più difficoltà del previsto nel superare il recente aumento dell’IVA e non è ancora fuori pericolo. Le performance delle strategie d’investimento sulla volatilità sono state poco entusiasmanti nell'ultimo anno o quasi, tanto che alcuni investitori si interrogano sull’utilità di questo tipo di strategie nell’ambito di un’asset allocation globale. Bourdeix ritiene che questo sia probabilmente un buon momento per considerare la possibilità di aggiungere la volatilità come asset class nel portafoglio, per essere pronti ad affrontare le molteplici sfide e incertezze che l’economia globale dovrà superare nei prossimi mesi - specialmente a fronte dei cambiamenti di politica monetaria delle banche centrali.
Harry Merriken, PhD, Chief Investment Strategist Gateway Investment Advisers
Secondo Merriken, gli investitori si stanno domandando se la bassa volatilità registrata nel 2014 dai mercati azionari, misurata dal VIX, sia stata determinata dalla “compiacenza” del mercato o da un eccesso di scambi sul VIX. Tuttavia, egli ritiene che nessuno dei due scenari sia corretto.
Il QE della Fed alla base della bassa volatilità
Merriken illustra varie ragioni per cui il VIX è così basso, le quali riflettono un insieme interessante di forze di mercato che agiscono in concerto. Alla base di tutto, vi è il quantitative easing (QE) della Fed. “In primo luogo, la volatilità complessiva del mercato azionario, così come misurata dal VIX, si è mossa in un range ristretto. Quindi, sebbene il range si sia spostato sempre più in alto negli anni, il valore dell'indice di volatilità è stato ben contenuto. In secondo luogo, i prezzi delle opzioni call aumentano con la volatilità e i tassi di interesse. Pertanto, in un periodo di tassi di interesse a breve termine depressi, i prezzi delle opzioni - e la volatilità implicita - sono anch'essi molto bassi. Questo perché, sebbene i prezzi delle opzioni incorporino molte variabili, il valore delle stesse è fortemente condizionato da tassi di interesse e volatilità”, afferma Merriken.
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