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22/10/2014

economia

Ridefinire la propria volonta’ di rischio

Wohermannn (DeAWM): L’economia globale si sta espandendo, ma a ritmi moderati. È quindi probabile che i tassi di interesse rimarranno bassi, mentre le azioni continueranno a essere richieste

L’economia globale è in fase di ripresa ormai da cinque anni, ma il tasso di crescita ha deluso le aspettative. Il Giappone si sta avvicinando solo adesso ai livelli di produzione pre-crisi, mentre l’Eurozona deve ancora recuperare molto terreno. Nel Regno Unito il ritmo di espansione dell’economia è leggermente più sostenuto, ma il prodotto interno lordo (PIL) reale è salito solo del 3% circa tra il primo trimestre del 2007 e il secondo trimestre del 2014. Nello stesso periodo, solo gli Stati Uniti hanno evidenziato una notevole accelerazione dell’attività economica (8,5% circa), eppure anche nella maggiore economia al mondo molte aziende non stanno lavorando a piena capacità. Questo gap produttivo, evidente in diversi Paesi, è responsabile del basso tasso di inflazione. La crescita stagnante e il gap produttivo sono fenomeni tipici di una ripresa che fa seguito a una recessione da bilancio. Negli anni prima del 2009 molti nuclei familiari hanno acquistato una casa in previsione di un’impennata dei prezzi delle abitazioni.

Quando la recessione ha colpito, l’eccessivo indebitamento accumulato dal settore privato ha fatto naufragare qualsiasi possibilità di un rapido rimbalzo dell’economia, affossando la domanda e, di conseguenza, generando un eccesso di capacità. Le politiche fiscali e monetarie espansive sono riuscite a stabilizzare l’economia globale, ma hanno aggravato la spirale del debito pubblico: secondo la Banca dei Regolamenti Internazionali, nei paesi del G7 l’indebitamento degli Stati è aumentato in media di 40 punti percentuali, fino al 120% del PIL. Le banche centrali sanno che un rialzo dei tassi di interesse potrebbe accrescere sensibilmente l’onere per interessi. Il pericolo che questo possa compromettere la capacità di rimborso del debito probabilmente terrà a freno i tassi di interesse, sia sui mercati monetari che su quelli obbligazionari. Gli investitori potrebbero valutare la possibilità di ridefinire il proprio appetito per il rischio: i mercati azionari offrono una potenziale tregua dai bassi rendimenti. Sempre più investitori hanno ormai capito che se vogliono incrementare il proprio gruzzolo devono mettere da parte l’avversione al rischio e aumentare gli investimenti azionari a lungo termine.

 

Reddito fisso: rendimenti in attesa di decollare

 

Rendimenti ancora bassi per i Treasury USA, e addirittura più bassi per i Bund tedeschi. Attualmente i mercati sono dominati dai timori relativi ai rischi geopolitici e alla salute economica dell’Eurozona, ma in tempi brevi i rendimenti inizieranno a salire quando il focus degli investitori tornerà a concentrarsi sulle intenzioni della Fed e sulla fine dell’allentamento quantitativo. Riteniamo che i Paesi periferici dell’Eurozona e il segmento high yield offrano un potenziale limitato. Nel reddito fisso dei mercati emergenti tendiamo a favorire il debito in valuta forte rispetto ai titoli in valuta locale, in quanto in molti Paesi il segmento HC può offrire migliori rendimenti aggiustati per il rischio di cambio.  

Mercati azionari: superare la questione delle valutazioni

 

Su molti mercati i continui guadagni hanno portato le valutazioni a un livello apparentemente elevato, ma la ripresa dell’economia globale offre ampie possibilità di ulteriori aumenti degli utili - e quindi di nuovi rialzi delle quotazioni azionarie.


Non mancherà comunque una certa volatilità: per il momento le iniziative di politica monetaria del Presidente della BCE Mario Draghi hanno risollevato il sentiment dell’Eurozona, ma un cambio di rotta è sempre possibile, nell’area euro come in altre parti del mondo. I mercati emergenti sembrano confermare le performance positive, ma con sensibili differenze tra i diversi Paesi.  

Commodity: si moltiplicano i venti contrari

 

Confermiamo la nostra visione negativa sulle materie prime. La forza del dollaro USA penalizzerà il settore in generale, mentre gli elevati livelli di rischio geopolitico probabilmente non avranno un impatto rilevante. L’aumento della produzione statunitense terrà a freno le quotazioni petrolifere, e gli eventuali rialzi del prezzo dell’oro saranno limitati a causa delle aspettative di un incombente aumento dei tassi di interesse da parte della Fed.  

Asoka Woehrmann, Chief Investment Officer di Deutsche AWM

 


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