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22/10/2014

economia

Valute: cosa aspettarsi nell’ultima parte dell'anno

Paganini e Marone (FXCM): Complice il ruolo delle banche centrali, euro, dollaro, yen e sterlina sembrano alla vigilia di una nuova fase. Chi farà la prima mossa?

Ci apprestiamo a vivere la fine dell’anno e molti sono i temi di discussione sul tavolo. Le principali banche centrali continuano a ricoprire dei ruoli fondamentali all’interno degli scenari macroeconomici che si delineeranno, e molti saranno i dati macroeconomici che si dovranno analizzare e che ricopriranno livelli di importanza diversi. A partire da quelli degli Stati Uniti, da valutare dopo la fine del tapering, con lo scopo di valutare lo stato di salute della ripresa americana. Per passare a quelli dell’eurozona che determineranno o meno la decisione di intraprendere (con estremo ritardo rispetto a quando più necessario ancora che oggi) un piano di quantitative easing. Per terminare con quelli relativi al Regno Unito, che forniranno le basi decisionali che ci faranno assistere ad un rialzo dei tassi o entro fine anno o nei primi mesi del 2015. Oltre ad essi, le banche centrali che dovranno decidere le proprie linee di condotta, le cui basi sono già state piantate, saranno quella svizzera (con la questione PEG), quella giapponese (alle prese con la continuazione del QE ed il desiderio di uno yen più debole), quella della Gran Bretagna (che dovrà decidere su un futuro e necessario rialzo dei tassi), e quelle di Australia e Nuova Zelanda, entrambe alle prese con la forza eccessiva delle proprie divise nei confronti del dollaro americano.

Vediamo alcune situazioni.  

Euro e dollaro. Ruoli invertiti?

 

Nei mesi scorsi abbiamo parlato molto della forza spropositata dell’euro nei confronti del dollaro. Ora, l’evidenza ci mostra come le cose siano cambiate. Su questo argomento non vogliamo dilungarci andando a ripercorrere tutti i passi che ci hanno portato fino a qui. Ci limitiamo a dire, in maniera esplicita, che ci troviamo di fronte a una divergenza totale tra le politiche monetarie delle due banche centrali. Quella americana, tra qui e fine anno dovrebbe terminare totalmente il piano di acquisti di asset che hanno sostenuto l’economia a stelle e strisce e la sua ripresa, mentre la nostra BCE sta ancora pensando se sia il caso di procedere con acquisti di titoli di stato, oltre ad aver deciso di tagliare il costo del denaro allo 0.05% con tassi sui depositi negativi dello 0.20% e l’implementazione dei rifinanziamenti TLTRO e del programma ABS (acquisto di Asset Backed Securities). Questo ha finalmente (lasciatecelo dire) portato alla discesa dell’euro nei confronti del dollaro americano; una discesa che potrebbe continuare nel momento in cui Draghi ed il direttivo della BCE dovessero decidere di procedere con l’attuazione del tanto atteso QE, tramite la stampa di moneta.

I dati relativi all’inflazione dell’area euro sono tutt’altro che tranquillizzanti, con gli indicatori di lungo periodo che sono scesi sotto le aspettative dell’istituto di Francoforte e che hanno convinto ad agire. Se a questo aggiungiamo il fatto che la Fed uscirà, se tutto procede come sta procedendo, dal QE durante le prossime due riunioni (ottobre e dicembre), comprendiamo come la forza del dollaro americano, che ha caratterizzato la fine dell’estate, possa essere destinata ad incrementarsi ulteriormente. I dollari in circolazione rimarranno molti in virtù di tutte le iniezioni di liquidità effettuate in questi anni, ma la mancanza di nuova liquidità creata potrebbe essere possibile assistere al drenaggio della liquidità sufficiente a far compiere nuovi massimi alle borse (a meno che sia stata stipata parecchia liquidità pronta ancora da essere utilizzata, ma la maggior parte di essa è stata veicolata sull’azionario). Uno scenario del genere, dove i rialzi di tassi non seguiranno pedissequamente la fine del programma straordinario di stimoli, ma attenderanno del tempo prima di arrivare, potrebbe essere supportivo a discese del dollaro nel momento in cui dovessimo assistere a partenze di movimenti strutturali di ribasso delle borse (che potrebbero essere scontati prima della comunicazione della fine del tapering); borse che attualmente non escludiamo possano anche tentare dei nuovi massimi.


Se ci concentriamo sul rapporto di cambio che lega l’euro ed il dollaro, siamo scesi più dei target potenziali fissati tre mesi fa, con l’area di 1.3100 che ha tenuto inizialmente, prima di lasciare strada alla forte discesa dell’euro che sembra ora soltanto un lontano ricordo. Ci troviamo di fronte alla possibilità di assistere sia ad un rimbalzo verso le aree di resistenza che si distribuiscono tra 1.2840 e 1.3000, dove passano punti statici precedenti e la media a 21 periodi giornaliera, sia di approfondimento diretto ribassista. Nel primo caso è possibile pensare ad acquisti di dollaro proteggendosi nel momento in cui i prezzi dovessero superare l’area di 1.3160 (in quanto potremmo assistere a tentativi di ripresa di quota verso dapprima 1.3330 e 1.3500 in estensione), per ritorni verso 1.2650 ed in estensione 1.2450, livello raggiungibile anche in caso di una rottura diretta a ribasso dell’area passante per 1.2580/50.  

Il giappone continua il Q/QE

 

Quantitative e qualitative easing, fatti al fine di uscire dalla trappola della liquidità e dalla disinflazione, la spirale di “giapponesizzazione” così come abbiamo etichettato noi circa tre anni fa la situazione verso la quale si stava (e si sta tutt’ora) muovendo l’Europa.



Kuroda non si è fatto attendere e ha dichiarato in maniera molto furba, sfruttando la forza globale del dollaro americano, come uno yen più svalutato non sarebbe male. Risultato? UsdJpy, dopo aver congestionato per tutto il 2014 all’interno di uno spazio contenuto tra 100.00 e 105.00, ha rotto a rialzo superando i target posti inizialmente a 106.80 e sfiorando il livello di 110.00; area che se non dovesse tenere potrebbe lasciare spazio ad ulteriori apprezzamenti del biglietto verde, che potrebbe così tentare il raggiungimento di area 112¾ ed in estensione 115.00.
Nel momento in cui dovessimo assistere a tentativi di ridimensionamento delle quotazioni, è possibile seguire con attenzione l’area passante tra 103.50 e 105.00, dove passano i massimi precedenti più significativi e la media a 21 giornaliera, che potrebbero intervenire come supporti in grado di contenere le correzioni (per ritorni sui massimi ed in estensione sugli altri target visti), e che potrebbero approfondire verso 95.00 nel momento in cui i prezzi dovessero superare al ribasso l’area di 97.


75. 
Possiamo fermarci qui con i commenti riguardanti lo yen. Rimane una valuta da acquistare in maniera importante quando e se si creeranno dei chiari scenari di risk off e supportata da chiare intenzioni da parte della banca centrale di riferimento.

 

La sterlina e la furbizia della BoE

 

La sterlina ha vissuto un’estate di forte ridimensionamenti di valore contro il dollaro, dopo che Carney, in maniera molto furba a nostro parere, era andato a preparare il mercato per vicini aumenti dei tassi di interesse. Intenzioni mai esplicitamente smentite, ma velatamente rientrate dopo che dagli statement accompagnatori la decisione della BoE di mantenere il piano di acquisti di asset a sostegno della ripresa hanno mostrato inizialmente un voto 9-0 per mantenere tutto inalterato.
Un 9-0 che ha portato a forti vendite di pound e che non è più stato in grado di riprendersi pur essendo stato seguito da ulteriori due 7-2 a favore del mantenimento dei tassi attuali e di un 9-0 incontrastato sul fronte mantenimento QE, votazioni che quando rilasciate la prima volta hanno portato a tentativi di ripartenza della sterlina subito riassorbiti.



Reputiamo quella di Carney una mossa molto intelligente e crediamo che la Bank of England abbia giocato bene la sua partita, in vista dei futuri rialzi dei tassi di interesse, andando a creare aspettative che hanno generato acquisti iniziali, seguiti da pesanti vendite quando tali aspettative sono state disattese. Queste hanno portato il valore della sterlina a raggiungere livelli dai quali si potrà ripartire anche in maniera forte (quando avverranno i rialzi), andando a recuperare i massimi abbandonati a luglio, prima di pensare a superare la quota di 1.8000, che sarebbe stata presumibilmente raggiunta in maniera agevole se non si fossero verificati questi aggiustamenti del valore del pound sul dollaro.

Crediamo che ci si stia preparando per i primi rialzi dei tassi da parte di una delle banche centrali dei Paesi affetti dalla crisi. E nel momento in cui essi dovessero avvenire, è possibile che portino a ripartenze della sterlina che, fino ad allora, potrebbe continuare a rimanere sotto pressione.
Nel momento in cui infatti non dovessimo assistere al superamento di area 1.6540, è possibile che i prezzi continuino a puntare le aree di minimo passanti per 1.6050, area che se dovesse essere superata potrebbe lasciare spazio verso 1.5900. Soltanto ritorni sopra i massimi visti potrebbero condurre le quotazioni a step verso 1.6650, 1.6750 e 1.6850, livello quest’ultimo che se superato di oltre 50 punti, potrebbe riproporre quota 1.7000 ed i massimi di luglio.

 

Matteo Paganini, Chief Analyst e Davide Marone, Market Analyst per DailyFX.it, FXCM


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