BusinessCommunity.it

29/10/2014

economia

Tutte le sfide del digital banking e servizi finanziari online

Marcialis (Assiom Forex): Si sta avviando un processo di disintermediazione a favore di operatori web che non vendono prodotti ma servizi. E piace ai giovani

Diciamo le cose come stanno, i grandi colossi finanziari statunitensi dominano il mondo della finanza e del risparmio gestito. Piaccia o meno, il vecchio detto che recita: “Se Wall Street starnutisce, le altre Borse prendono il raffreddore” ha un fondamento di verità. Adesso, però, sembra che le cose possano cambiare, ma ancora a favore dei player d’oltreoceano.
Gli strateghi si stanno interrogando sulle mosse, in atto o attese, dei grandi provider di servizi web che sono sempre più interessati a entrare nel mondo della finanza rivolgendosi direttamente ai clienti finali. Sul fronte dei servizi di pagamento si stanno muovendo i big del web con “Apple Pay” e “Google wallet” che promettono di disintermediare le banche e soppiantare anche i più recenti sistemi di pagamento come Paypal. Ma la vera rivoluzione potrebbe arrivare sul fronte dei servizi di finanza personale, il colosso cinese Ali Babà ha costituito una società di asset management e sembra che anche Google si appresti a entrare in questi nuovi mercati.

Il settore è in fermento e molti pensano che l’evoluzione spinga decisamente verso il digital banking. Le banche europee soffrono ancora della crisi economica e finanziaria e non sembrano in grado di reagire a un eventuale attacco da parte di chi riesce a essere pervasivo con servizi disegnati esattamente sulle preferenze del cliente. La nuova normativa sulla consulenza finanziaria evolve mettendo sempre nuovi paletti, ma aprendo anche spazi finora inesplorati per il sistema bancario. In realtà qualcosa si muove se una banca come la spagnola Banco de Bilbao acquisisce a suon di milioni, 119 per la precisione, Simple.com, un operatore internet di servizi finanziari che conta appena 100.000 utenti. La cifra pagata è fra le maggiori in assoluto ma è rappresentativa della necessità delle banche di acquisire competenze commerciali e tecniche per il mercato della rete che vede fiorire iniziative a getto continuo. Di questo e di altro si è parlato al workshop “Il servizio di consulenza alla sfida della digitalizzazione” tenutosi a Monza il 4 ottobre in occasione del più ampio Pan European Banking Meeting organizzato dall’italiana Assiom Forex, la più grande associazione europea di operatori dei mercati finanziari.

Le banche sono restie ad abbracciare nuovi modelli di servizio alla clientela non tanto perché hanno goduto di decenni di posizioni di rendita, ma perché il cambiamento necessita di trasformazioni molto più strutturali di quanto non possa sembrare a una prima analisi. Adesso che le nuove start up tecnologiche stanno portando innovazione e modelli di business “technology driven” devono affrontare il mare aperto dell’innovazione ma non sembrano essere in grado di offrire servizi a valore aggiunto per la clientela. 

L’integrazione dei canali tradizionali in logica multichannel trova forti resistenze non solo culturali ma soprattutto negli ambienti legacy delle banche, nei sistemi IT fortemente integrati e nei processi disegnati a compatimenti stagni. Piuttosto che modificare i processi attuali è più facile creare o acquisire nuove realtà o ancora allearsi con chi ha già realizzato grandi community nel web e riesce a gestire correttamente le informazioni acquisite. Oltre al citato Banco de Bilbao, in tutto il mondo fioriscono alleanze e nuove realtà operative come Movebank, Hello Bank di BNP Paribas, o anche come le nostre Fineco, IWbank, Webank e Widiba che tendono a unire banca online e consulenti finanziari.




Se le iniziative dei grandi player del web e delle numerose start up che riescono a classificare e gestire correttamente le informazioni che provengono dalla rete incontreranno i favore dei consumatori, le banche dovranno necessariamente rivoluzionare le proprie competenze o allearsi con i nuovi arrivati
Il rischio è che il sistema bancario venga ridotto alla realizzazione delle pure transazioni mentre l’offerta dei servizi e dei prodotti potrebbe essere demandata a fornitori specializzati. Questo possibile processo di commoditization sembra essere confermato dalle ricerche sulle nuove generazioni “digital native”: secondo uno studio durato 3 anni e condotto negli Stati Uniti tra le persone nate tra il 1981 e il 2000, il 53% degli intervistati non pensa che ci siano differenze tra la loro banca e le altre, il 73% sarebbe molto più attratto da nuovi servizi finanziari offerti dai grandi operatori del web che non dalla propria banca. Il 33% crede che presto non avrà neppure più bisogno di una banca. Se da una parte l’industria del private banking sembra resistere in parte ai tentativi di innovazione e di digitalizzazione a favore di relazione personali più profonde, cresce sempre più l’offerta di servizi semplici e molto focalizzati su bisogni d’investimento e di risparmio per la clientela retail.


Con Trustegg è possibile risparmiare finalizzando i capitali al finanziamento delle esigenze dei giovanissimi, con Acorns addirittura fare “la cresta” alle proprie spese arrotondando il valore dei pagamenti effettuati con carta di credito e destinando i piccoli capitali raccolti quotidianamente, verso investimenti fruttiferi in fondi comuni. In sintesi, possiamo dire che si sta avviando un processo di disintermediazione a favore di operatori web che non vendono prodotti ma servizi.
Il fenomeno molto interessante che sta avendo crescite importanti sia di masse che di visibilità è quello dei robot o cyborg advisor. Si tratta di siti specializzati nel fare consulenza alla clientela in modo automatizzato con bassi costi per il cliente mediante siti o apps molto semplici chiare e immediate. I tassi di crescita e di diffusione sono in forte crescita se si considera che a luglio le 11 start up statunitensi hanno raggiunto un volume di oltre 11 miliardi e mezzo di dollari con un incremento di quattro miliardi negli ultimi 3 mesi. È bene non sottovalutare questi fenomeni che seppure dimensionalmente limitati denotano un trend di fondo che sembra destinato a crescere se non ad imporsi nelle nuove generazioni.


Deve essere quello che ha pensato Schroders, considerato che l’italiano Massimo Tosato, executive vice-chairman del colosso del risparmio gestito, siede nel board di Nutmeg, la più nota società di consulenza online del mercato anglosassone. Martin Gilbert, chief executive di Aberdeen, in gara con Schroders per acquisire la quota di Nutmeg, ha dichiarato che “the deal gives Schroders a cheap way of learning about the online wealth market. It also gives Schroders a strategic position if they ever want to buy Nutmeg.”

 

Raimondo Marcialis, Consigliere Assiom Forex e responsabile Commissione consulenza e risparmio gestito


ARGOMENTI: marketing - retail - ecommerce - intelligenza artificiale - AI - IA - digital transformation - pmi - high yield - bitcoin - bond - startup - pagamenti - formazione - internazionalizzazione - hr - m&a - smartworking - security - immobiliare - obbligazioni - commodity - petrolio - brexit - manifatturiero - sport business - sponsor - lavoro - dipendenti - benefit - innovazione - b-corp - supply chain - export - - punto e a capo -

> Vai al sommario < - > Guarda tutti gli arretrati < - > Leggi le ultime news <

Copyright © 2009-2024 BusinessCommunity.it.
Reg. Trib. Milano n. 431 del 19/7/97
Tutti i Diritti Riservati. P.I 10498360154
Politica della Privacy e cookie

BusinessCommunity.it - Supplemento a G.C. e t. - Reg. Trib. Milano n. 431 del 19/7/97
Dir. Responsabile Gigi Beltrame - Dir. Editoriale Claudio Gandolfo


Copertina BusinessCommunity.it