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18/02/2015

idee

Coaching: il 47% dei businessmen ritiene fondamentale la preparazione mentale

Re (HRD Training Group): Da un bilancio nel settore formazione del 2014 è confermato che la preparazione mentale per i manager e gli imprenditori è stata importante quanto quella fisica per gli atleti

Dagli esordi in Italia alla fine degli anni '80 ad oggi, la percezione del concetto di formazione è decisamente cambiata. I pregiudizi e la diffidenza verso ciò che veniva considerato "suggestione", nella migliore delle ipotesi, hanno lasciato spazio al concetto di preparazione mentale, al pari di quella fisica per gli atleti. Ma se la seconda resta appannaggio degli sportivi professionisti, il concetto di "mind coaching" è ormai trasversale: una recente ricerca della Stanford Graduate School of Business, che ha raccolto le interviste di oltre 18mila manager in 25 Paesi, ha rilevato che il 47% degli intervistati ha frequentato percorsi di formazione e il 58% sa cosa sia il coaching.
Manager, professionisti e imprenditori, ma anche studenti e casalinghe: cambiamento costante, evoluzione, ridimensionamenti, ristrutturazioni non risparmiano nessuno. "Ed è proprio questo il nodo: saper gestire il cambiamento e non lasciarsi sopraffare, sviluppare doti di resilienza, di adattamento al nuovo concetto di flessibilità", ha spiegato Roberto Re, pioniere del coaching e fondatore di HRD Training Group, società leader in Italia che dal 1992 si occupa di corsi di formazione a più livelli, aziendale, imprenditoriale e personale.


Anche in Italia i numeri lo confermano: "In 23 anni di attività HRD ha formato circa 250.000 persone e le aziende che hanno intrapreso corsi di formazione per i dipendenti sono aumentate del 15%", ha specificato Re. Il 42% dei manager dichiara di essersi avvicinati al coaching per ottimizzare la performance lavorativa individuale e del team, il 33% per espandere le opportunità di carriera e il 29% per migliorare le strategie di business. I dati dell'Osservatorio HRD rispecchiano a pieno questa tendenza: i manager e gli imprenditori iscritti ai percorsi formativi sono aumentati del 30% negli ultimi 3 anni.
Altro dato da sottolineare, in linea con lo studio di Stanford, è l'abbassamento dell'età media di chi partecipa ad attività di coaching: il 35% ha tra i 24 e i 35 anni, il 31% tra i 35 e i 44, a dimostrazione di come la nuova generazione di manager sia la più aperta e più interessata alla materia.
Anche in Italia questa è la tendenza e i dati raccolti da HRD lo confermano: negli ultimi due anni l'età media dei partecipanti ai corsi HRD è passata da 45 a 30, con un 15% di aumento di iscritti addirittura tra i 20-25 anni.

"È un segnale molto positivo poiché rispecchia un salto di qualità ‘intellettuale. L'attività di formazione infatti presuppone un'apertura mentale, la volontà di mettersi in gioco, atteggiamento che ha un riflesso sulla vita delle persone a tutti i livelli: raggiungere obiettivi professionali e personali infatti significa maggiore soddisfazione e fiducia in se stessi, capacità di gestione e miglioramento delle relazioni personali e di team".
La ricerca sottolinea un ulteriore elemento: le difficoltà a cui si cerca di far fronte anche attraverso il coaching e con un impiego più consapevole delle proprie risorse, sono comuni e trasversali, e colpiscono indistintamente i ventenni come i cinquantenni "attivi". Chiunque faccia parte del mercato del lavoro si trova di fronte a due tipi di difficoltà: esterne e interne.
"Attenzione al significato che si dà a queste difficoltà. È facile cadere nella trappola che spinge a sentirsi inutili e il senso di fallimento può generare depressione -– ammonisce Re - è necessario sottolineare e tenere ben presente che a essere profondamente cambiato è il mercato del lavoro: è richiesta più flessibilità, spesso è necessario spostarsi da una città all'altra, si cambiano più volte le mansioni, le aziende aprono e chiudono con più facilità ecc.


Queste difficoltà esterne, oggettive, riguardano tutti e non hanno nulla a che vedere con il proprio valore personale". Fondamentale quindi mantenere un atteggiamento di fiducia verso se stessi: "Io sono ok, è il mondo ad essere cambiato". Il secondo passo comporta necessariamente il rimboccarsi le maniche, reagire positivamente di fronte alla difficoltà, non limitarsi a subire il cambiamento.
Una riflessione riguarda infine quella che Re definisce l'epoca della formazione costante: "Il mercato cambia velocemente e incessantemente: oggi, a differenza di soli vent'anni fa, è impensabile non tenersi costantemente aggiornati. La formazione in questo senso deve essere continua, pena l'espulsione dal mondo del lavoro".
È questo in definitiva il compito più richiesto ai coach: allenare la mente e predisporla al cambiamento come atteggiamento continuativo, così come si allenano i muscoli per prepararsi a una maratona, a una corsa in bicicletta o a una partita di calcetto con gli amici.


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