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27/05/2015

economia

Cambio di rotta per i mercati obbligazionari?

Secondo Amundi Asset Management, i tassi di interesse sono ancora troppo bassi. Tuttavia, a differenza dei mercati azionari, quelli obbligazionari non possono subire un crash quando le banche centrali sono in azione

Nelle ultime settimane, i mercati obbligazionari e azionari sono in agitazione. L'epicentro del problema è chiaramente sul fronte del mercato obbligazionario, dove lo spettro di un possibile crash si aggira tra gli investitori, soprattutto perché la Fed sta cominciando a preoccuparsi apertamente per i tassi di interesse troppo bassi e per il mercato azionario sopravvalutato. Sul fronte azionario, l'aumento dei tassi di interesse ha aperto la possibilità agli investitori di effettuare prese profitto, tanto più che, sul piano politico, i rischi di Grexit e, più recentemente, di Brexit sono venuti alla ribalta.
Dobbiamo temere il crash delle obbligazioni, una Grexit o una Brexit? In sintesi, la nostra risposta è NO. Detto ciò, gli investitori dovrebbero essere pronti ad affrontare un aumento della volatilità.

Obbligazioni: falso allarme o serio avvertimento?

Non c'è dubbio sulle dichiarazioni dei gestori di fondi USA circa i tassi di interesse eccezionalmente bassi e la bolla obbligazionaria dietro la recente correzione, registrata nella maggior parte dei Paesi avanzati.

Ma ciò che sta catturando maggiormente l'attenzione è quanto successo sul mercato obbligazionario tedesco, perché il tasso Bund a 10 anni è sceso a 0,05% e alcuni si aspettavano addirittura che cadesse in territorio negativo, come sta già accadendo in Svizzera. In pochi giorni, il tasso è tornato a quasi a 0,8% (il 7 maggio), per poi stabilizzarsi intorno a 0,5%, mentre i tassi a breve termine sono rimasti in territorio negativo.
I tassi di interesse sono ancora troppo bassi considerando tutti i parametri di valutazione esistenti. Tuttavia, a differenza dei mercati azionari, i mercati obbligazionari non possono subire un crash quando le banche centrali sono in azione. L'esempio del Giappone mostra fino a che punto i programmi di acquisto di titoli siano un fattore troppo determinante per i tassi di interesse.
Nella zona euro, gli acquisti della BCE manterranno i rendimenti dei titoli molto bassi. La BCE ha acquistato solo 110 miliardi di titoli (su un programma di € 1.100 miliardi). In altre parole, il 90% del suo programma di acquisti di titoli resta ancora da attuare.

Invariati gli altri aspetti, lo squilibrio tra i programmi di emissione e la domanda di titoli della BCE depone chiaramente a favore di un ulteriore calo dei rendimenti dei titoli tedeschi nei mesi a venire.
La BCE si è impegnata a proseguire il QE fino a settembre 2016, anche se l'economia dovesse migliorare nettamente. In effetti, ci vorrà del tempo per contenere le pressioni deflazionistiche. Il recente aumento dei tassi a lungo termine, dimostra la necessità di ancorare le aspettative con un programma di acquisto di titoli a lunga durata. Perché un QE fallito (cioè un forte aumento dei tassi di interesse o dell'euro) annullerebbe la ripresa e riaffiorerebbero sicuramente i timori circa la solvibilità di alcuni Stati.

La curva si irripidisce nuovamente in una fase di graduale reflazione

Detto ciò, indipendentemente da eventuali fattori tecnici che hanno causato la recente correzione, è importante notare che la correzione sul Bund è in arrivo dopo una correzione al rialzo delle aspettative di inflazione. Il tasso swap cinque anni su cinque anni - misura adottata da Mario Draghi per definire l'inflazione di medio periodo - è notevolmente aumentato nelle ultime settimane.


E' sorprendente notare che negli ultimi 18 mesi, questo dato è stato strettamente correlato al prezzo del petrolio. Quindi tutto sembra accadere come se le aspettative di inflazione a medio termine dipendessero dai prezzi del petrolio di oggi ...
E' chiaro che se il prezzo del petrolio si stabilizza ai livelli attuali (tra i 60 ei 65 dollari), l'inflazione prevista (fine anno) sarà rivista al rialzo nella zona euro. Ma questo è chiaramente indipendente dalle prospettive di inflazione di medio periodo. Non più che il calo dei prezzi del petrolio è un vettore di deflazione, l'aumento non è un vettore di inflazione autosufficiente. La BCE probabilmente dovrà dare più indicazioni sul fatto che è il trend dell'inflazione core che conta prima di tutto. Eppure su quel fronte, non ci aspettiamo nessuna accelerazione marcata entro il 2016. Ci vorrà di più della ripresa ciclica attesa per far scendere la disoccupazione della zona euro in maniera duratura. Gli effetti di secondo impatto sui salari non possono materializzarsi in un contesto ad alta disoccupazione. Senza contare che il recente aumento dei tassi, dell'euro e del petrolio rischia di appesantire l'economia nel più breve termine.


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Cosa implica per i mercati: i rendimenti dei titoli a lungo termine in Germania non sono pronti a risalire definitivamente. Ma questo non vuol dire che stanno per cadere di nuovo a zero entrambi. In effetti, i tassi bassi, ma positivi, potrebbero corrispondere maggiormente a un periodo di reflazione graduale.
 


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