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03/06/2015

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L'economia italiana migliora ma e' ancora malata. Serve piu' innovazione

Secondo il Rapporto Unioncamere 2015, dalle PMI più nuovi contratti di lavoro (+23.000) e più stabilità (+82,5% il tempo indeterminato). Le imprese sul web hanno una propensione ad assumere doppia di quelle non in rete

Assunzioni in aumento nei programmi occupazionali delle piccole e medie imprese per il 2015. A capitanare la ripresa sono soprattutto quelle attive sul web che hanno una propensione ad assumere doppia rispetto a quella delle aziende offline. I dati 2015 del Rapporto Unioncamere, diffusi nel corso della 13ª Giornata dell'Economia, indicano una crescita di 23mila entrate rispetto allo scorso anno (+4%), che porta a 595mila il numero dei nuovi contratti di lavoro pianificati per quest'anno, dei quali 472.540 riferiti a assunzioni di personale alle dipendenze dirette e oltre 122.300 riferiti a personale "atipico". Il vento della ripresa delle entrate soffia soprattutto da Nord Ovest, dove si muove a una velocità tripla della media Italia (+12,4% contro il 4%), mentre stenta ancora a ripartire nel Nord est (-2,2%).

Sono le PMI ad assumere

Nel dettaglio, diminuiscono i parasubordinati (-11.440 i collaboratori e le partite IVA) e aumentano i dipendenti (+34.300 unità, compresi gli interinali). A decollare è soprattutto il lavoro "stabile" alle dipendenze, che fa registrare un boom di contratti a tempo indeterminato del +82,5% (+73.

140 unità rispetto al 2014), per un totale di quasi 162mila assunzioni complessive. Si tratta di assunzioni, queste ultime, attribuibili per 35.600 unità all'effetto del Jobs Act e, di queste, 25.700 sono da ritenersi assunzioni effettivamente aggiuntive, perché in assenza della riforma non sarebbero state programmate dalle PMI, mentre poco meno di 10mila sono da attribuirsi all'incentivo economico che ha portato le aziende ad anticipare le assunzioni previste per il 2016. È quanto emerge dai dati del Sistema Informativo Excelsior di Unioncamere e Ministero del Lavoro sui fabbisogni occupazionali delle imprese contenuti nel rapporto, secondo cui in crescita quest'anno è anche il numero delle PMI che prevedono assunzioni, 19mila in più rispetto al 2014 per un totale di 210mila imprese. A programmare nuovi "ingressi" è infatti il 14,1% delle piccole e medie imprese contro il 12,4% nel 2014, una quota che si eleva al 20% nel caso delle imprese online a fronte del 10% di quelle non presenti sulla rete.
Secondo il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, "lo stato di salute della nostra economia sta migliorando, ma il paziente Italia non è ancora guarito.

Per accelerarne la ripresa, quindi, bisogna inserire nella cura dosi massicce di innovazione. E nell'era del web 2.0 questa innovazione si chiama ‘e-business. Perché sono proprio le imprese che hanno colto i vantaggi del web quelle che stanno dimostrando di saper trainare la nostra economia e offrire maggiori opportunità per la crescita occupazionale, in particolare giovanile. Per questo è importante che le riforme messe in atto dal Governo - i cui primi effetti iniziano ad essere evidenti - vengano accompagnate da chiari indirizzi di politica economica che sappiano spingere più incisivamente verso la digitalizzazione del nostro Paese. Perché - ha concluso Dardanello - con la nostra cultura, i nostri saperi che rendono unico il made in Italy nel mondo, abbiamo le carte in regola per diventare una ‘superpotenza' dell'economia digitale".

Le potenzialità del web in numeri: solo il 3,5% l'impatto sul PIL italiano nel 2016

Delle 210mila imprese che assumono sono proprio le aziende innovative (24,4%), come quelle che stanno in Rete, nonché quelle export oriented (26,1%), a stimolare maggiormente l'occupazione.

E se si considera che il 92,5% delle PMI esportatrici è attivo sul web, è facile capire che il futuro del Sistema Italia passa dall'economia digitale.
Si calcola, infatti, che un aumento del 10% della diffusione di Internet possa portare a un incremento del +1,47% dell'occupazione giovanile. Senza contare che l'economia digitale sostiene una crescita qualificata dell'occupazione, in particolare per i nativi digitali. Sempre secondo Excelsior un giovane "under 30" su 10 trova lavoro nel campo dei servizi tecnologici. Eppure secondo un rapporto dell'Unione europea, entro il 2020 potrebbero esserci 900mila posti di lavoro in Ue non occupati proprio a causa delle mancanza di competenze digitali. A saper cogliere le opportunità dell'economia digitale sono soprattutto i giovani imprenditori. Quasi due aziende su tre avviate da un under 35 lo scorso anno hanno puntato sin da subito su una presenza attiva su internet, e il 45% di queste è pronto o sta preparandosi a vendere online. Tuttavia soltanto il 5,1% delle piccole e medie imprese italiane utilizza l'eCommerce, al quale è imputabile appena il 4,8% del fatturato complessivo delle nostre aziende.


Mentre 4 imprenditori su 10 dichiarano che internet non serve alla propria impresa. La quota dell'economia digitale sul Pil italiano non supererà il 3,5% nel 2016, poco più di quanto è atteso per la Francia (3,4%) ma meno di quanto previsto per la Germania (4,0%) e più in generale per la media dei Paesi avanzati (5,5%).

Green economy, innovazione e digitale: le parole d'ordine per uscire dalla crisi. Ma frena la criminalità

Nel corso di questi difficili anni la selezione è stata molto dura per le imprese, tanto che dal 2008 a oggi il nostro tessuto produttivo si è ridotto di ben 90mila unità. Per uscire dalla crisi le imprese puntano sempre più su green economy, innovazione e economia digitale. Quasi la metà delle piccole e medie imprese manifatturiere investirà quest'anno nell'economia "verde", puntando su prodotti e tecnologie a maggior risparmio energetico e/o minor impatto ambientale. Ma il peso della corruzione e della criminalità per le imprese è un ostacolo a crescere. Più di 3 aziende su 5 percepiscono un aumento dell'illegalità negli ultimi quattro anni e 2 su 5 dichiarano che il fatturato sarebbe più alto senza criminalità economica.



 


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