E' necessaria una crescita economica, riducendo decisamente le tasse su persone e imprese e tagliando drasticamente la spesa pubblica corrente. Solo così aumenterà il tasso di occupazione, vero indicatore del lavoro
Con il giusto mix di riforme, liberalizzazioni, tagli fiscali e un'agenda di giuste iniziative avremmo maggior crescita economica, più persone al lavoro, salari più altri, maggiori consumi interni e stabilizzeremo l'economia, rendendola meno dipendente dal solo export. Questa è l'opinione di Stefano Colli-Lanzi, CEO di Gi Group, cui abbiamo chiesto di raccontare, dal suo punto di vista privilegiato, come si sta evolvendo il mercato del lavoro in Italia e cose è ipotizzabile attendersi come sviluppo futuro..
Al di là dei numeri aridi dell'Istat, qual'è la situazione del lavoro in Italia e quali sono le prospettive?

La situazione del lavoro riflette l'andamento dell'economia. La lenta crescita economica che stiamo registrando è appena sufficiente per riassorbire l'enorme quantità di lavoratori a cui in questi anni di crisi è stata applicata la cassa integrazione, come indicano i dati INPS, con un modesto impatto sulla occupazione aggiuntiva. E' il tasso di occupazione, infatti, il vero dato che dobbiamo guardare, per capire qual è la situazione del lavoro in Italia. Siamo al 56,3%, contro una media europea del 70% ed un obiettivo da raggiungere del 75% stabilito dalla Commissione Europea. Siamo ancora distantissimi!
Per avere una consistente occupazione aggiuntiva occorre una crescita economica del PIL di almeno il 2% annuo, che si può ottenere soltanto riducendo decisamente le tasse su persone e imprese e tagliando drasticamente la spesa pubblica corrente, come ha fatto l'Inghilterra. Occorre, inoltre, trasformare la nostra manifattura dall'approccio "leadership di costo" alla fascia premium, come ha fatto Marchionne con il progetto Fabbrica Italia, grazie al quale si sono avviate in Italia le produzioni di vari modelli esportati poi in tutta Europa e nel Nord America. Se il Governo prenderà decisamente la direzione sopra indicata, come mi pare voglia fare con la politica economica annunciata per gli anni a venire, e le imprese lavoreranno alacremente all'innovazione di prodotto e di processo, allora le prospettive di medio periodo per l'occupazione sono buone.

A qualche mese dall'entrata in vigore del Jobs act, si può tentare un primo bilancio? Era quello che serviva per combattere la disoccupazione?
Il Jobs Act è una riforma strutturale del mercato del lavoro: per misurarne gli impatti occorrono almeno 3-5 anni di tempo. E, come dicevo prima, la disoccupazione si combatte con una robusta crescita economica, con una miglior formazione del capitale umano e creando l'infrastruttura dei servizi al lavoro, che rendano attuabili le politiche attive del lavoro. Certamente possiamo già fare un primo bilancio, parziale, che è positivo. Aumentano i contratti a tempo indeterminato, si riducono fortemente i contratti precarizzanti, come i co.co.pro e la flessibilità diventa più tutelata con il lavoro tramite agenzia (contratto di somministrazione).
Si parla molto di disoccupazione giovanile, ma la fascia di età che sembra più colpita dalla crisi sembra essere quella degli over 50. Lei vede una qualche soluzione al problema?
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