E adesso tra USA ed Europa chi influenzera' l'altro?
Le Menestrel (Financière de l'Echiquier): sapere che i tassi europei possono (seppur parzialmente) resistere al trend rialzista dei tassi americani costituisce un elemento molto rassicurante per il 2016
Il movimento di rialzo dei tassi USA era un po' come la guerra del tenente Drogo ne Il Deserto dei Tartari di Buzzati: evocato a più riprese, più volte atteso, tardava ad avviarsi. L'attesa è terminata il 16 dicembre scorso quando Janet Yellen ha proceduto al primo aumento dei tassi di riferimento statunitensi dal 2006.
Nel frattempo, Mario Draghi continua a spingere sull'acceleratore del QE. Si apre così una fase inedita, durante la quale le politiche monetarie di Europa e Stati Uniti divergeranno radicalmente. Lo scostamento ha già prodotto i primi prevedibili effetti: l'euro, dopo il rimbalzo di ottobre che lo aveva portato a 1,15, ha perso l'8% contro il dollaro prima di stabilizzarsi attorno a 1,09.

Più difficile sarà invece prevedere le conseguenze di tale divergenza sui mercati obbligazionari.
Il prezzo dei Titoli di Stato di un Paese (l'universo dei tassi a lungo termine) dipende essenzialmente da due fattori: il livello dei tassi a breve termine (i crediti a 0-2 anni del Paese) e il comportamento degli altri mercati obbligazionari. Diamo per scontato che i tassi a lungo termine statunitensi tenderanno al rialzo. Questo trend si trasmetterà anche all'Europa oppure saranno gli effetti del QE a prevalere, permettendo ai tassi a lungo termine europei di mantenersi a livelli bassissimi?
Posta in questi termini, la domanda sottintende implicitamente una causalità che va dagli Stati Uniti verso l'Europa. Una correlazione consueta, tant'è vero che, sia che si tratti di mercati finanziari, di consumo di Coca Cola o di hamburger, sono praticamente sempre gli Americani a influenzare gli Europei e non viceversa.
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