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04/05/2016

economia

Cercando di combattere il fuoco con il petrolio

Dopo un decennio di prezzi in situazioni di monopolio, è possibile un ritorno a prezzi competitivi per il greggio. Il prezzo del petrolio potrebbe oscillare tra i 35 e i 55 dollari al barile ancora per molti anni

E' stato interessante osservare la reazione dei mercati alla riunione di Doha di domenica scorsa. Inizialmente il calo del prezzo del petrolio è stato sorprendentemente contenuto e si è addirittura registrato un rialzo sul resto della settimana. Ritengo che questo sia un segnale che l'era del monopolio per la determinazione del prezzo del petrolio che abbiamo vissuto negli ultimi 10 anni si sia ormai terminata e che stiamo entrando in una fase in cui i prezzi si determineranno in modo concorrenziale, come avvenuto durante la fine degli anni '80 e all?inizio degli anni 2000.
Infatti, alla fine degli anni '80, il mercato del petrolio soffriva, da un decennio, di un calo della domanda, in particolare nelle economie sviluppate vittime, sin dal 1982, di stagflazione e dell'inasprimento delle politiche monetarie. Per far fronte al crollo della domanda globale di petrolio, l'Arabia Saudita decise di porre fine alla riduzione della sua produzione. Ed il paese aumentò i volumi di produzione del 50% nel 1986 continuando con un ulteriore aumento del 75% nei cinque anni successivi.

E' inutile precisare che la situazione di monopolio sul mercato del petrolio in atto dalla guerra dello Yom Kippur giunse rapidamente ad una conclusione. Il forte incremento dei volumi di produzione in Arabia Saudita ha aperto la strada a due decenni di concorrenza sui prezzi, durante i quali il prezzo del petrolio oscillava su livelli bassi mantenendosi stabile.
Probabilmente ci troviamo all'inizio di una nuova fase di prezzi competitivi sul petrolio dopo un decennio di crescita moderata della domanda mondiale di oro nero. Ritengo che siano principalmente due i fattori che contribuiscono a tale scenario. In primo luogo, lo sviluppo del petrolio di scisto negli Stati Uniti ha cambiato la natura stessa del mercato: non appena il prezzo del petrolio supera i 60 USD al barile, la produzione negli USA può essere rapidamente riavviata. Senza contare, inoltre, che molti esperti del settore hanno sottostimato l'efficienza crescente del settore petrolifero americano.

In secondo luogo, il ritorno dell'Iran sui mercati globali ha innescato una reazione forte dell'Arabia Saudita. Il ministro del petrolio del Venezuela, Eulogio Del Pino, ha dichiarato che "la fiducia all'interno dell'OPEC si è ormai rotta" dopo l'incontro di domenica scorso a Doha. È possibile che non vi sia più una cooperazione tra i paesi dell'OPEC sebbene la loro quota di mercato a livello globale si stia erodendo.
Che impatto avrà tutto ciò sul prezzo del petrolio in futuro? Se stiamo veramente entrando in una nuova fase di prezzi competitivi, il prezzo del petrolio dovrebbero oscillare su livelli bassi nei prossimi anni. Tenuto conto dell'attuale costo marginale di produzione del petrolio di scisto negli Stati Uniti e dello squilibrio sul mercato del petrolio, che dovrebbe perdurare almeno fino al 2020, ci aspettiamo che il prezzo del petrolio si mantenga nel range 35$-55$.
A breve termine, la riduzione della produzione di petrolio di scisto negli Stati Uniti dovrebbe spingere i prezzi al rialzo. Alcuni diranno che questa opinione è contraddittoria con l'apprezzamento del dollaro da noi atteso per i prossimi trimestri. La settimana scorsa, ho fatto un confronto tra il 1999 e il contesto globale attuale per quanto riguarda il miglioramento del settore manifatturiero. Nel 1999 il petrolio aveva registrato un rialzo anche se il dollaro si era apprezzato dato che l'accelerazione dell'economia statunitense aveva determinato un crescita della domanda di petrolio non attesa e degli inflows negli Stati Uniti. Potremmo temporaneamente trovarci in una situazione simile, una situazione che sorprenderebbe molti investitori che sono abituati ad osservare una correlazione negativa tra prezzo del petrolio e dollaro come è avvenuto giovedì scorso dopo la conferenza stampa da Mario Draghi.

Pierre Olivier Beffy, Chief Economist di Exane BNP Paribas

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