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01/06/2016

idee

Fiere: la scure IMU si fa minacciosa

Riello (AEFI): crea allarme per l'accatastamento dei quartieri fieristiche come padiglioni industriali. L'impatto non sarebbe sostenibile. Una situazione che andrebbe a favore dei competitor internazionali, soprattutto tedeschi e francesi

Il sistema Fiere nel nostro paese genera un fatturato di circa 60 miliardi di euro l'anno, dando origine al 50% dell'export delle imprese italiane. Un asset che, come avviene in altri Paesi europei, dovrebbe essere fortemente sostenuto e non penalizzato da interpretazioni normative ambigue come sta avvenendo in Italia. Il grido d'allarme lo ha lanciato AEFI (Associazione Esposizioni e Fiere Italiane) che conta 34 quartieri fieristici associati, che organizzano oltre 1.000 manifestazioni all'anno su una superficie espositiva totale di 4,2 milioni di metri quadrati. Nei quartieri fieristici associati AEFI si svolgono gran parte delle manifestazioni fieristiche internazionali e l'85% del totale delle manifestazioni fieristiche che hanno luogo annualmente in Italia.
"La recente attenzione delle Istituzioni all'asset fieristico rischia di essere vanificata dalla mancanza di risposte concrete alle istanze del settore in merito ad assetto societario, conseguente regolamentazione in materia di trasparenza nonché IMU. L'impatto di tali misure grava infatti le Fiere di un peso che non possono più sostenere.

Ciò contrariamente a quanto avviene per i principali competitor, in particolare tedeschi e francesi, che oltre ad essere fortemente finanziati dagli enti territoriali, poggiano su solide partecipazioni pubbliche senza che questo imponga loro di operare in regime di speciali discipline restrittive, minandone la competitività. Se non potremo competere ad armi pari saremo costretti a soccombere", commenta Ettore Riello, Presidente AEFI.
I quartieri fieristici - come noto - sono Immobili Speciali, storicamente accatastati in categoria E (E9 ed E4), esenti da IMU proprio in funzione delle attività ospitate. L'Agenzia delle Entrate, con la circolare 4 del 2006, sostituendosi di fatto al legislatore, ha disconosciuto il ruolo sociale e la specificità dell'attività ospitata nei quartieri fieristici, definendo, in base a una propria interpretazione del DL 262/06, la nuova classificazione in D8, ed assimilando di fatto le Fiere ai padiglioni industriali.
Tuttavia, la percentuale di utilizzo degli spazi espositivi nel corso di un anno è in media pari al 10%; tale dato non rappresenta un'anomalia del sistema italiano, ma è naturale conseguenza della specifica attività delle Fiere, caratterizzata da una forte stagionalità, da tempi lunghi di allestimento e disallestimento, oltre che dalla necessità di ampi spazi di servizio.


"I padiglioni fieristici sono accatastati, da sempre, in categoria E4 (recinti aperti) o E/9 (padiglioni chiusi). Ciò sia in funzione della tipologia della specifica attività svolta, sia per le caratteristiche stesse di tale attività, di interesse collettivo", spiega Giovanni Incerto Dottore Commercialista Studio Gnudi.
L'articolo 2 comma 40 e seguenti del D.L. 3 ottobre 2006 n. 262, ultima norma che ha trattato la questione, nulla ha innovato rispetto al passato, specificando quanto già prevede la prassi consolidata, e cioè che gli immobili o porzioni di immobili con autonomia funzionale e reddituale, destinati ad uso commerciale, industriale, uffici privati ovvero ad uso diverso, non possono essere accatastati in categoria E. Ciò appare corretto e del tutto condivisibile.
"L'unico aspetto problematico è rappresentato dall'interpretazione avanzata dall'Amministrazione Finanziaria, a cominciare dalla Circolare n. 4 del 16 maggio 2006 dell'Agenzia del Territorio, riconfermata poi con la Circolare 4/T al 13 Aprile 2007 secondo la quale gli immobili adibiti a fiera andrebbero accatastati, tutti, in categoria D/8, capannoni industriali.


Si tratta di una novità, rispetto alla legge che ciò assolutamente non richiede. Il censimento nel gruppo E dei padiglioni fieristici è avvalorato dal quadro di qualificazione delle U.I.U. (Unità Immobiliari Urbanistiche) allegato al D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138 nel quale le fiere permanenti sono testualmente menzionate ed inserite nel gruppo V Unità immobiliari speciali per funzioni pubbliche o di interesse collettivo, coincidente con la categoria E. Più precisamente, esse sono ricomprese nella categoria V/3", aggiunge Incerto.
Il contenzioso catastale favorevole agli Enti Fieristici ha costituito motivo per chiedere all'Agenzia del Territorio di rivedere la propria posizione in merito. Più in particolare, è stato auspicato un intervento diretto a stabilire che l'attività fieristica ha rilevanza pubblica e che gli immobili in cui detta attività è svolta non possono essere trattati alla stregua di ordinari capannoni (da censire in D). "Nell'attesa di un provvedimento chiarificatore è intervenuta la Corte di Cassazione che, con sentenza n. 8773 del 18/03/2015, ha stabilito che gli immobili fieristici vanno inclusi nel gruppo D in quanto oggetto di attività commerciale", conclude Incerto.



Se anche si volesse applicare una classificazione in D8 ai quartieri fieristici - assimilandoli ai Centri Commerciali - la rendita delle fiere non potrebbe essere superiore al 10% di quella di un analogo immobile a destinazione Commerciale. Pertanto l'IMU teorica che dovrebbe pagare un Quartiere Fieristico non dovrebbe essere superiore al 10% di quella che paga un Centro Commerciale di pari superficie.
I costi che la costante mancanza di chiarezza in materia ha imposto fino ad oggi alle Fiere sono già significativi considerando che 21 associati su 34 hanno dovuto avviare procedimenti, ma diverrebbero decisamente insostenibili se non si attuassero in breve tempo le necessarie modifiche. Infatti, se si dovesse mantenere la linea dell'accatastamento in D/8, pari ai Centri Commerciali, per una grande Fiera significherebbe dover accantonare fino a 2.000.000 di euro all'anno; per una Fiera di medie dimensioni fino a 600.000 euro l'anno e per una piccola Fiera fino a 250.000 euro. Naturalmente per le realtà che hanno bilanci vicino al pareggio, l'IMU diviene un elemento di assoluta insostenibilità.


Da qui la richiesta d'intervento. Altri temi di forte preoccupazione sono la regolamentazione delle società partecipate e la possibilità di operare secondo regole europee in materia di trasparenza.
Dal Decreto attuativo della Riforma Madia sulle partecipate pubbliche, inoltre non emerge una chiara identificazione del ruolo delle fiere e potrebbe essere ritenuto applicabile a queste società, senza tenere conto che si tratta di società operanti sul mercato concorrenziale, come specificamente stabilito da una sentenza della Corte di Giustizia europea, per cui "l'attività di organizzatore di fiere» è un'attività economica rientrante a pieno titolo nella sfera di applicazione del diritto di stabilimento e del diritto di libera prestazione di servizi ed in ordine alla quale non sono ravvisabili motivi imperativi di interesse pubblico idonei a giustificare speciali discipline restrittive.
In esecuzione di questa sentenza, il legislatore italiano ha definitivamente abrogato anche quest'ultima legge-quadro con l'art. 6 della legge 18 aprile 2005, n. 62.
Non chiarire ora la specificità del ruolo, anche se si tratta di società a partecipazione pubblica, obbliga gli enti fieristici ad operare sul mercato applicando normative sugli appalti pubblici, trasparenza, anticorruzione, etc.



Per le Fiere, che fanno della loro attività commerciale la propria essenza, assoggettarle ad una gestione pari a quella delle realtà pubbliche sarebbe come obbligarle a fare disclosure dei propri segreti industriali, oltre che ingessarle per qualsiasi attività (organizzazione mostre, convegni, eventi spot, etc) in processi di convocazione di bandi per gare pubbliche e successive assegnazioni che minerebbero la capacità di reazione delle stesse nei tempi richiesti da un mercato segnato dalla forte competizione internazionale.
Per queste ragioni AEFI chiede restino ferme le norme e i principi già vigenti relativi a singoli enti e società di diritto particolare. In questo ambito, ad esempio, sono da annoverare le società e gli enti fieristici a partecipazione pubblica, che esercitano attività industriali e commerciali, di interesse economico generale, in un mercato concorrenziale, per i quali rimane ferma la speciale disciplina del settore, conformemente ai principi fissati dal diritto europeo, così come precisati anche dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea.

@federicounnia - consulente di comunicazione

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