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07/09/2016

economia

La caccia al rendimento domina i mercati: rischio di contraccolpi per i bond

Secondo gli esperti di Raiffeisen CM, i bassi tassi e le crescenti iniezioni di liquidità da parte delle banche centrali spingono molti investitori a prendersi rischi sempre più grandi. Focus su Cina, India e Russia tra i mercati emergenti

Le quotazioni sui mercati azionari globali hanno continuato a salire a luglio, l'indice azionario MSCI World ha guadagnato il 4% circa. Nel complesso, i mercati dei Paesi emergenti (EM) hanno avuto un andamento addirittura un po' più forte con un rialzo del 4,7% circa. Tra i grandi Emerging Markets si è distinto il Brasile con un guadagno a due cifre percentuali. Le obbligazioni dei Paesi emergenti (sia in valuta locale sia in valuta forte) sono state altrettanto richieste e indirettamente hanno trainato anche i corsi azionari. I flussi di capitale verso questi mercati obbligazionari sono senza dubbio notevolmente aumentati nelle ultime settimane.
Dopo il temporaneo nervosismo in seguito al voto sulla Brexit in Gran Bretagna, la sindrome "TINA" sembra più che mai guidare la maggior parte degli operatori finanziari. TINA significa, com'è noto, "There Is No Alternative", non c'è nessuna alternativa.
Di fronte a rendimenti obbligazionari per lo più estremamente bassi a livello globale e una crescente percentuale di obbligazioni con rendimenti nominali negativi, gli operatori di mercato puntano più che mai a quasi tutto ciò che in confronto offre ancora rendimenti un po' più alti.

Gli eventuali rischi vengono sempre più ignorati. Questa dinamica spiega anche perché i titoli di Stato a lungo termine e gli indici azionari negli USA hanno toccato quasi contemporaneamente nuovi massimi di sempre e perché azioni e obbligazioni in tutto il mondo hanno fatto spesso registrare dei guadagni che da tempo non vengono più supportati dai dati fondamentali.
La caccia al rendimento e le crescenti iniezioni di liquidità da parte delle banche centrali spingono molti investitori a prendersi rischi sempre più grandi per ulteriori rendimenti sempre più bassi. Questo andamento, da un lato, è naturalmente molto positivo per gli investitori che hanno già investito; dall'altro, non è comunque sano. I rialzi dei corsi alimentati soltanto dal momentum sono raramente sostenibili a lungo termine; è, tuttavia, impossibile prevedere per quanto tempo e fino a dove reggeranno.
Allo stesso tempo esiste naturalmente la possibilità che la crescita economica e gli utili aziendali nei prossimi trimestri si sviluppino meglio di quanto al momento prevedibile e che, quindi, gli attuali aumenti dei corsi ricevano di nuovo una base più solida.

Pertanto, è possibile che l'attuale movimento possa durare ancora per un certo periodo e si raggiungano livelli dei corsi nettamente più alti. Specialmente le obbligazioni in valuta locale corrono, però, il rischio di gravi contraccolpi in particolare sul lato delle valute, se la dinamica positiva dei corsi rallenta e l'uno o l'altro investitore si fa prendere dalla paura. In questo contesto è interessante notare che da sempre esiste un forte parallelismo tra prezzi delle materie prime e valute dei paesi emergenti, dove spesso le materie prime anticipano le svolte. Per questo, i recenti segnali di debolezza evidenziati da molte materie prime lanciano, inoltre, un invito alla prudenza. Cosa potrebbe mettere gravemente a rischio l'attuale forte rialzo degli asset rischiosi? Siccome attualmente vengono ampiamente messi in secondo piano da "TINA" anche eventi e rischi geopolitici, gli elementi più probabili potrebbero essere le sorprese negative sull'inflazione e/o i rialzi dei tassi d'interesse negli USA. Riguardo a questi ultimi si può osservare una sempre maggiore spensieratezza da parte degli operatori di mercato.


I mercati scontano una significativa probabilità di un rialzo dei tassi della banca centrale USA a dicembre. Con una probabilità del 30%, i mercati finanziari attualmente credono addirittura che non ci sarà nessun rialzo dei tassi negli USA, né nel 2016 né nel 2017. Questo sembra essere più che ottimistico, perché i dati congiunturali ultimamente sono stati nettamente più forti e nei prossimi trimestri dal fronte dei salari potrebbero comunque provenire pressioni inflazionistiche.

Focus sui Paesi

Cina
C'è di nuovo una ripresa dell'economia cinese oppure no? Da un lato, le spese per infrastrutture del governo aiutano, come prevedibile, a stimolare in un certo modo gli investimenti. Dall'altro, sta già di nuovo leggermente rallentando la concessione dei crediti alle imprese e la crescita degli investimenti in impianti e attrezzatrure, al di là delle misure statali speciali, sono in calo. Nell'industria manifatturiera calano gli investimenti, mentre aumentano significativamente nel settore dei servizi. Questo, da un lato, è in linea con la voluta ristrutturazione dell'economia cinese.


Dall'altro, significa, però, che la domanda di importazioni dalla Cina oltre ai programmi statali sulle infrastrutture rimane debole. Per il "resto del mondo" sono, tuttavia, soprattutto le importazioni cinesi che potrebbero dare un impulso positivo alla crescita. Siccome proprio nel settore manifatturiero spesso continuano a esistere delle sovracapacità enormi, per il momento sono poco probabili nuovi investimenti provenienti in particolare dalle aziende private. Ciò significa anche che nei prossimi trimestri il potenziale di sorprese negative relative alla domanda di materie prime industriali è abbastanza elevato. Tutto sommato, la congiuntura cinese si è stabilizzata, per ora non sta mostrando, tuttavia, nessuna tendenza al rialzo e l'impulso positivo alla crescita che potrebbe dare ai paesi industrializzati e agli altri paesi emergenti nella migliore delle ipotesi è modesto. Allo stesso tempo continuano a essere sotto pressione gli utili delle aziende cinesi; le società per azioni quotate sul mercato continentale (azioni A) hanno ceduto quasi il 20% rispetto all'anno precedente. Ciò considerato, esiste poco margine di azione per aumentare i salar, a meno che non si accettino ulteriori ribassi degli utili.


La stagnazione dei salari pregiudica, comunque, la crescita dei consumi e dei servizi nel lungo periodo. Dopo che per anni una buona parte del settore manifatturiero è cresciuta grazie alla massiccia espansione del credito, ora potrebbe accadere qualcosa di simile nel consumo privato. Effettivamente, di recente è significativamente cresciuta proprio la concessione di credito alle famiglie. Il governo di Pechino sembra aver rinviato per ora il netto rallentamento della crescita del credito inizialmente previsto - è evidentemente prioritario, per quanto possibile, non permettere nessuna forte flessione della crescita. Le azioni cinesi hanno leggermente guadagnato a luglio, ma i rialzi dei corsi sono stati decisamente inferiori alla media globale.

India
Le piogge monsoniche, vitali per l'agricoltura indiana e quindi ancora il fattore determinante più importante per l'intera economia, dovrebbero, come previsto, essere più intense del solito. Questo potrebbe dare all'India un nuovo impulso alla crescita. Attualmente l'India sta comunque già facendo una bella figura sul piano internazionale.


Il governatore uscente della banca centrale Rangarajan invita, tuttavia, a non cullarsi in false sicurezze e ha definito l'India piuttosto come "l'orbo d'un occhio tra i ciechi". In effetti, attualmente l'India sta beneficiando in prima linea dai prezzi del petrolio in calo e le difficoltà economiche di diversi concorrenti. Entrambe sono circostanze che non dipendono dall'India e sarebbe quindi meglio non farvi affidamento nel lungo periodo. La lista dei problemi irrisolti e degli ostacoli ancora esistenti continua a essere lunga, anche due anni dopo l'insediamento del governo Modi. Quest'ultimo viene tuttora visto in una luce molto positiva dagli imprenditori stranieri e locali, ma allo stesso tempo sono relativamente scarsi i progressi delle riforme realmente realizzate e quasi due terzi degli imprenditori indiani intervistati finora non riescono a vedere praticamente nessun miglioramento. Bisogna valutare infine con cautela anche l'ambizioso piano di Modi di fare dell'India un sito di produzione d'eccellenza a livello mondiale. In questo modo, l'India entrerebbe in diretta competizione con paesi come la Cina e la Corea del Sud e questo in settori che richiedono notevoli investimenti e comportano in tempi relativamente rapidi il rischio di sovracapacità globali e che, oltre all'eccellenza tecnologica, consentono margini di profitto piuttosto scarsi.


Inoltre, in tempi caratterizzati da una crescente automatizzazione il numero dei posti di lavoro che è possibile creare in questo modo è molto più basso che in passato. Invece, l'India farebbe probabilmente meglio a puntare sul consumo e i servizi con tante aziende più piccole e molti circuiti economici decentrati per far valere meglio i propri punti di forza - tecnologia dell'informazione, demografia molto favorevole, classe media molto numerosa. Una tale struttura dell'economia dovrebbe essere anche meno esposta alla concorrenza straniera. Tuttavia, richiederebbe probabilmente inoltre che lo Stato prenda, a lungo termine, delle contromisure contro i processi di concentrazione troppo marcati. A luglio il mercato azionario ha guadagnato leggermente in linea con il trend globale, tuttavia, sotto la media.

Russia
Nel 2016 l'economia russa dovrebbe subire una contrazione meno significativa di quanto previsto ancora qualche mese fa. Nel secondo trimestre l'output economico è calato solo dello 0,6% e nel 2017 dovrebbe di nuovo essere possibile una lieve crescita. Per il momento il peggio dovrebbe quindi essere passato.


La produzione industriale, i trasporti e l'agricoltura hanno mostrato un andamento positivo, mentre il commercio al dettaglio e l'edilizia continuano a rallentare. Commenti provenienti dal Cremlino parlavano nel frattempo di un rublo troppo forte, dopo di che la valuta russa è prontamente scesa del 2-3%. Un rublo troppo forte potrebbe far aumentare il deficit di bilancio se il prezzo del petrolio dovesse rimanere invariato, uno troppo debole alimentare l'inflazione. Va osservato che il rublo e anche le azioni russe a luglio non hanno quasi reagito al netto calo delle quotazioni del petrolio - la qualità Brent del Mare del Nord ha perso oltre il 10%. A seconda del punto di vista, si potrebbe interpretare ciò come un segnale di forza di una valuta rafforzata o come un segnale d'allarme per una consapevolezza del rischio minore. Resta comunque indubbiamente il fatto che ulteriori cali del prezzo del petrolio sarebbero tutt'altro che positivi per la Russia. Persino quotazioni del petrolio ferme o in leggero rialzo non sarebbero sufficienti di per sé per dare nuovamente inizio a un andamento congiunturale più solido in Russia.


Se non si trovano nuove fonti di crescita, la Russia rischia uno scenario di stagnazione nei prossimi anni. Ridurre la dipendenza dalle esportazioni di materie prime è, tuttavia, un processo molto lungo e potenzialmente esplosivo a livello di politica interna, dato che in questo modo si scontrerebbero, in particolare, interessi contrastanti di forze politiche ed economiche molto influenti all'interno della Russia. A luglio il mercato azionario russo ha guadagnato quasi il 3% (MICEX); l'indice RTS in dollari è rimasto quasi invariato a causa del leggero deprezzamento del rublo.


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