Politiche fiscali: la carta dei governi
Secondo il team di Anima l'attesa per interventi pubblici più espansivi piace ai mercati e rassicura gli investitori sul fatto che si cercherà di controbilanciare gli effetti negativi della Brexit e sostenere la crescita economica
Sono trascorsi oltre due mesi dal referendum sull'uscita di Londra dall'Unione europea. Nell'immediato, gli indici azionari hanno reagito negativamente, così come la sterlina, che si è deprezzata di circa il 10%. A soffrire maggiormente sono stati quelli europei, dell'area euro e, in particolare, il settore bancario. Tuttavia, a sorprendere è che non solo è iniziato un recupero nelle settimane immediatamente successive (Grafico 1), ma anche che alcuni mercati azionari sono al di sopra dei livelli pre-referendum, come, ad esempio, quello statunitense, che ha raggiunto dei nuovi massimi storici.

È prevalsa la visione secondo cui la Brexit non rappresenta, almeno nel breve termine, un rischio sistemico per la stabilità globale e gli investitori hanno apprezzato la determinazione con cui la classe politica inglese ha affrontato la situazione, con la formazione immediata di un nuovo governo e la nomina di Theresa May a nuovo primo ministro. I mercati, quindi, si stanno focalizzando sugli effetti nel breve, tralasciando le implicazioni di lungo periodo, che saranno più chiare quando le negoziazioni tra UK e UE saranno avviate.
A proposito degli impatti economici, l'incertezza ha portato a una revisione ad un ribasso delle stime di crescita economica, significativo per il Regno Unito, tangibile per l'UE e moderato per il resto del Mondo. La crescita economica, a livello globale, continua a essere sostenuta dagli Usa, seppur l'ultimo dato sul Pil non sia certo incoraggiante: +1,2% nel secondo trimestre, praticamente dimezzato rispetto alle previsioni del 2,6%.
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