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21/09/2016

economia

Inversione di mercato vicina? Se le banche centrali manipolano la curva...

De Michelis (Frame AM): le mie aspettative sulla fine dell'austerity cominciano a crescere, pur essendo consapevole che i rischi politici rimangono peraltro elevati

Ad agosto ci eravamo lasciati con l'auspicio che non accadesse nulla di particolare durante le nostre vacanze ed in effetti, il mese è stato molto tranquillo, con la volatilità che si è abbassata notevolmente (soprattutto sull'indice S&P 500) consentendoci di riposarci dalle fatiche accumulate nel corso dell'anno. I mercati azionari sono saliti senza eccessi, così come quelli obbligazionari. Poi siamo tornati ai nostri desk e sono cominciate le pubblicazioni dei dati e tutti i grattacapi stagionali.
Gli Stati Uniti hanno visto sicuramente un peggioramento, soprattutto nell'ISM servizi, il Regno Unito sembra non aver risentito della Brexit, mentre la Germania appare in rallentamento. Insomma una gran confusione.
E tutti a chiedersi se la Fed ora alzerà finalmente i tassi. Forse si, però solo una volta e poi si ferma. Di nuovo, gioia, tristezza, rabbia, disgusto, paura.
Fino a quando entra in scena Mario Draghi (che tutti immaginavano tirasse fuori chissà quale coniglio dal cilindro) e dice chiaramente che le politiche monetarie, senza l'aiuto dei governi attraverso le politiche fiscali, non possono fare miracoli, invitando la Germania ad aumentare la sua spesa.


A questo punto non vi nascondo che le mie aspettative sulla fine dell'austerity cominciano a crescere, pur essendo consapevole che i rischi politici rimangono peraltro elevati. Se si verificasse questo scenario infatti, le previsioni di un' inflazione in risalita si impennerebbero e a quel punto continuare a detenere posizioni su governativi lunghi potrebbe essere deleterio, anche perché per evitare che il settore del credito soffra eccessivamente, le banche centrali farebbero in modo di fare acquisti soprattutto sulla parte breve della curva (i cui rendimenti resterebbero su livelli minimi) lasciando invece che il mercato faccia il proprio lavoro sulla parte lunga riprezzando i titoli (con un conseguente rialzo dei rendimenti).
In questo eventuale nuovo contesto quel che occorre fare è proteggere i propri risparmi dall'erosione del valore reale che crea l'inflazione e i TIPS (Treasury Inflation Protected Security) svolgono egregiamente questo ruolo. Basti vedere cosa è successo di recente ai TIPS inglesi (specialmente quelli a lunga scadenza), nostro storico cavallo di battaglia.


Anche l'oro può continuare a svolgere un'importante funzione all'interno dei nostri portafogli, sempre senza eccedere nel peso (massimo 10%) e con approccio attivo (ridurre la posizione quando strappa al rialzo e aumentarla quando corregge).
Inoltre, in caso di impennata dell'inflazione, potrebbe esserci un crash dei mercati azionari, che costituirebbe un ottimo entry point soprattutto per quanto riguarda le azioni di quelle società che dispongono di un buon price power e non sono particolarmente indebitate.
Ovviamente, sono tutte considerazioni che lasciano il tempo che trovano se dovessimo continuare a rimanere impantanati nelle sabbie mobili dell'austerity. Pur tuttavia, anche dovesse avverarsi questo secondo scenario, i valori attuali, sia delle azioni che delle obbligazioni (tutte quelle che scambiano di gran lunga sopra la pari pur non pagando cedole) mi sembrano difficilmente sostenibili.

Michele De Michelis, responsabile investimenti di Frame Asset Management


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