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19/10/2016

economia

Non fidatevi della cattiva pubblicita': meglio tornare a comprare sterline ed emergenti

Rosenstreich (Swissquote): i dati macroeconomici mostrano solo segnali positivi e indicano la resilienza dell'economia britannica. Le aspettative di Hard Brexit andranno calando

Proprio quando il mercato era quasi riuscito a dimenticarselo, le incertezze legate alle nefaste conseguenze di un'eventuale Hard Brexit sono tornate alla ribalta a seguito dei commenti del primo ministro britannico Theresa May, che ha suggerito come la priorità nei negoziati sarà data al controllo sull'immigrazione. La premier è andata oltre indicando che l'articolo 50 verrà azionato entro il prossimo mese di aprile.
Tali acuti sono stati interpretati come i primi movimenti maldestri di allontanamento dalla cosiddetta Soft Brexit che permetterebbe al Regno Unito di mantenere la sua presenza all'interno del mercato comune in cambio di un libero accesso dei lavoratori sul suolo britannico. Dover fare i conti improvvisamente con la realtà di una Brexit potenzialmente imprevedibile ha fatto precipitare i corsi della sterlina il cui cambio con il dollaro è sceso ai minimi storici.
Come abbiamo visto prima della Brexit, c'è la sensazione che tutta questa pubblicità negativa intorno alle possibili ripercussioni sull'economia britannica sia davvero esagerata, anche perché occorre dire che i dati macroeconomici non mostrerebbero (per lo meno non ancora) un atterraggio turbolento.


Le statistiche sull'indice dei servizi PMI ci dicono che l'indice è scivolato solo marginalmente (52,6 dai 52,9 di agosto) mantenendosi comunque al di sopra delle attese (a 52,2). A parte il calo trascurabile quindi, anche i dettagli relativi al sondaggio si sono mostrati relativamente solidi. L'indice delle nuove attività imprenditoriali è cresciuto a 53,7 mentre il rilevatore relativo all'occupazione è aumentato quasi di un punto percentuale a 51,7. Questa lettura è molto indicativa in quanto potrebbe anticipare un'ulteriore crescita dell'indice per il mese in corso. E fa seguito ad un notevole trend in ascesa riguardante la parte di PMI legata al settore delle costruzioni e dell'industria manifatturiera. E' quindi da segnalare la resilienza dell'economia britannica.
La salute mostrata dal report sul PMI suggerisce anche che le previsioni di crescita della Bank of England potrebbero essere riviste al ribasso. La sterlina debole sta producendo ripercussioni a catena sull'industria manifatturiera, sulle esportazioni e sul turismo. E' anche molto probabile che questa svalutazione della moneta britannica possa attrarre Oltremanica investitori immobiliari internazionali, pronti a chiudere un occhio sui limiti della circolazione delle persone in cambio di un buon affare.


Il differenziale dei rendimenti a breve tra i titoli di Stato britannici e americani si è già allargato significativamente, ma difficilmente la forbice si divaricherà ulteriormente in mancanza di una ripartenza vera dell'economia a stelle e strisce.
Siamo convinti che le vendite indiscriminate sulla sterina termineranno man mano che gli echi di hard Brexit diminuiranno, i dati macro rimarranno forti e le probabilità di un aumento dei tassi da parte della Fed dovessero diminuire. A meno che le elezioni presidenziali americane non rubino la scena diventando il solo faro cui guarderanno gli investitori.
E' dall'ultima riunione della Fed che i traders sul dollaro si sono focalizzati più su temi slegati ai fondamentali americani quali il caso Deutsche Bank e Brexit. I dati migliori delle attese e commenti rialzisti da parte di membri della banca centrale hanno rinforzato l'ipotesi di un ritocco all'insù dei tassi il prossimo dicembre. Sia il Presidente della Fed di Richmond Laker che quello della Fed di Chicago Evans hanno dichiarato che esistono robuste ragioni affinchè la Yellen annunci un nuovo rialzo entro fine anno.


Mentre infatti l'indice ISM non manifatturiero, gli ordini industriali e il rimbalzo delle esportazioni metterebbero in evidenza un'economia in ripresa, anche il report sugli occupati ADP di settembre, che mostra un notevole calo nei nuovi posti di lavoro registrati nel settore privato (a causa della debolezza mostrata dal settore fornitura dei servizi) alla fine dei conti non si è rivelato quel collasso che molti temevano.
Di conseguenza, le aspettative sui Fed funds per un rialzo a dicembre sono risalite al 65% mentre i rendimenti della prima parte della curva dei tassi Usa hanno innescato un min irally. Pur tuttavia, l'azione non si è mostrata sufficientemente radicale da riuscire a scardinare le posizioni sugli asset High Yield, tanto che alla fine ad essere finite sotto il fuoco incrociato delle vendite sono stati i titoli a minore rendimento con le valute rifugio (yen, franco svizzero e sterlina) in ipervenduto. E qualora dovessimo assistere ad un rialzo dei rendimenti americani, tale esodo potrebbe solo intensificarsi.
Nonostante tutto noi non riteniamo che gli ultimi dati economici Usa abbiano fornito un'indicazione chiara e univoca circa la reale forza dell'economia a stelle e strisce, ma al contrario pensiamo che essi abbiano contribuito a delineare un quadro misto e incerto che imporrà ulteriori pressioni sulle attese circa il rialzo di fine anno.


Infatti, mentre la crescita dei mercati emergenti in Asia rimane una storia incoraggiate, quello che resta dell'outlook globale è piuttosto incolore. Tali pressioni esterne sono destinate a ripresentarsi ogni volta che l'economia Usa manifesterà un'accelerazione reale.
Anche se un rialzo Fed fosse completamente prezzato, i contorni sfumati del quadro economico sarebbero in ogni caso in grado di limitare un irripidimento della curva. Prepariamoci dunque a vedere un 2017 molto simile a quanto già vissuto quest'anno.

Peter Rosenstreich, Head of Market Strategy, Swissquote


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