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14/12/2016

economia

Potranno mai salire i tassi di interessi dei bond in una deflazione da debiti?

Burgess (Columbia Threadneedle): se il rifiuto della globalizzazione continuerà a diffondersi in Europa, le implicazioni saranno profonde

Dopo la vittoria di Donald Trump alle presidenziali statunitensi e in vista del suo insediamento il 20 gennaio 2017, ci siamo trovati a riflettere sulle più ampie implicazioni politiche ed economiche del successo elettorale dell'ex imprenditore e della sua amministrazione. I cittadini statunitensi hanno respinto sia l'establishment che la globalizzazione (sulla scia di quanto fatto da quelli britannici in occasione del referendum sulla Brexit), causando un netto acuirsi del rischio geopolitico. Gli imminenti appuntamenti elettorali previsti in Europa, tra cui il referendum costituzionale italiano e le presidenziali austriache in programma per la fine di quest'anno, nonché le importanti elezioni che si terranno in Francia e in Germania nel 2017, suggeriscono che tali tensioni sono destinate a permanere ancora per qualche tempo.
Se il rifiuto della globalizzazione continuerà a diffondersi in Europa, le implicazioni saranno profonde, non da ultimo per il fragile sistema bancario della regione. Un'ulteriore destabilizzazione dell'Eurozona causata dal tentativo di partiti populisti di far uscire un importante paese membro dalla moneta unica eserciterebbe pressioni enormi sul sistema finanziario e avrebbe un impatto significativo sui mercati globali.


Lo scorso mese ho scritto che l'era dei "tassi più bassi più a lungo" è minacciata dall'aumento della crescita, dell'inflazione e dei tassi d'interesse, illustrando gli effetti di tutto ciò sugli asset rischiosi. Chiaramente, dopo la vittoria di Trump, nessuno di noi può permettersi un atteggiamento di compiacenza nei confronti delle prospettive d'inflazione.
Il presidente eletto cercherà probabilmente di attuare un programma di politiche di bilancio espansive, tra cui considerevoli sgravi fiscali e un aumento della spesa per infrastrutture, due iniziative con potenziali effetti inflazionistici. In conseguenza di ciò, abbiamo osservato un rialzo dei rendimenti obbligazionari. In altre parole, il mercato sta anticipando lo scenario che ci aspetterà una volta che Trump si sarà insediato alla Casa Bianca: misure di politica fiscale e un aumento dell'inflazione; per le obbligazioni si prospetta quindi una dinamica meno propizia.
Nei mercati azionari, gli investitori hanno reagito abbandonando i settori difensivi con caratteristiche obbligazionarie per riversarsi sui titoli ciclici. Le azioni statunitensi generatrici di utili domestici hanno frattanto goduto del favore del mercato sulla scia dei toni isolazionisti utilizzati da Trump nella campagna elettorale, che ha giovato soprattutto alle imprese di minori dimensioni.


Anche i titoli finanziari hanno beneficiato dell'irripidimento della curva dei rendimenti obbligazionari, in un contesto in cui la capacità delle banche di ricapitalizzarsi è notevolmente migliorata, e ciò ha trovato riflesso in una rotazione settoriale piuttosto marcata. Se l'agenda protezionistica di Trump sarà realmente attuata, assisteremo a un ulteriore spaccamento tra economia interna ed economia internazionale.
Le probabili conseguenze di una presidenza Trump sono ancora in fase di elaborazione, certo, ma se le politiche della nuova amministrazione dovessero effettivamente porre fine alla lunga fase rialzista dei mercati obbligazionari e innescare un'accelerazione della crescita e dell'inflazione, come anticipato dai mercati, allora la dinamica dei "tassi bassi più a lungo" osservata negli ultimi anni con ogni probabilità cambierà. In altre parole, la continua compressione dei rendimenti delle obbligazioni core, un fenomeno che costringe gli investitori a riversarsi sulle attività rischiose, potrebbe cessare di essere un driver principale. Se la configurazione della curva dei rendimenti obbligazionari è destinata a perdurare, la nostra strategia d'investimento comincerà a mutare.



Ma a questo punto ci poniamo un altro interrogativo cruciale: se i tassi d'interesse dovessero aumentare sulla scia dell'accelerazione dell'inflazione, saremo in grado di farvi fronte, considerati gli elevati livelli di indebitamento del mondo sviluppato? Di certo, al momento attuale, nessun governo dei mercati sviluppati sembra in grado di sostenere cedole più alte.
L'enfasi sugli eventi statunitensi ha concesso una tregua alla sterlina, che potrebbe guadagnare terreno rispetto al dollaro con lo spostarsi dell'attenzione globale dal Regno Unito verso gli Stati Uniti e altri Paesi.
Il mercato giapponese, che presenta già una natura value/ciclica, ha beneficiato dell'abbandono dei titoli difensivi. Abbiamo osservato la regione più attentamente nelle ultime settimane poiché la nostra lieve posizione di sovrappeso potrebbe essere penalizzata da una serie di revisioni al ribasso degli utili (le previsioni per il 2016 sono state ridimensionate dal 9% allo 0%). Abbiamo comunque deciso di rimanere sovraponderati sui titoli nipponici giacché le valutazioni restano ragionevoli, sullo sfondo del favorevole movimento dello yen rispetto al dollaro.


Siamo tuttavia consapevoli dell'importanza dell'evoluzione della valuta nipponica per l'economia e gli utili futuri.

Mark Burgess, Chief Investment Officer EMEA e Responsabile azionario globale di Columbia Threadneedle Investments


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