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28/12/2016

leisure

Consumatori, razza in evoluzione

Nel libro "Pratiche commerciali scorrette e consumatore medio", Michele Bertani affronta il tema dell'influenza della comunicazione e delle leggi che la normano

Tutti noi lo siamo, in molti momenti della nostra esistenza. Non solo quando compriamo un bene o servizio, spinti magari dalla comunicazione pubblicitaria che ci circonda. Lo siamo anche quando manifestiamo un giudizio su un comportamento altrui, anche di un'impresa.
Ma nel formarci un'idea, un giudizio, un'opinione tanto su un marchio quanto su un prodotto, come e quanto siamo influenzati dalle comunicazioni?
A questo interessante tema Michele Bertani, Professore Ordinario di Diritto Industriale all'Università di Foggia e Special Counsel di Orrick dedica da anni la sua attività accademica e professionale. Se da un lato contano le condotte e le informazioni che vengono trasmesse od omesse al consumatore, non meno importante e complessa ò la figura tipica di consumatore (inteso come persona) che viene presa a parametro di giudizio da parte dell'Autorità che deve valutare e sanzionare le condotte delle imprese.
Così "Pratiche commerciali scorrette e consumatore medio", edito da Giuffrè, è il suo più recente ed interessante studio in cui si coniugano aspetti squisitamente giuridici ed elementi comportamentali ed economici.


"L'analisi sistematica della disciplina delle pratiche commerciali scorrette evidenzia a mio parere che il legislatore ha inteso assegnare un ruolo centrale alla nozione di consumatore medio, che tuttavia nell'elaborazione scientifica e giurisprudenziale era rimasta in ombra. Mi è sembrato dunque opportuno provare a metterla maggiormente a fuoco. Nel farlo, ho preso atto dell'intersezione naturale tra questo tema e quello più generale che attiene al modello di decision maker under risk da assumere nelle analisi prognostiche del comportamento umano in condizioni di incertezza, riguardo al quale ormai da decenni si registrano la crisi del paradigma neoclassico del cosiddetto homo oeconomicus capace di scelte sempre razionali che massimizzano l'utilità attesa, nonché l'ascesa parallela del modello definito ?behavioral' o comportamentista, che teorizza all'opposto l'esistenza di limitazioni prevedibili (e marcate) della razionalità del decision maker", spiega Bertani.
Da questa ricerca emerge che il legislatore delle pratiche commerciali scorrette ha optato per un modello misto, che prevede di incorporare nel paradigma dell'homo oeconomicus alcune imitazioni cognitive dell'agire umano ragionevolmente conclamate e non eliminabili.

Ne abbiamo parlato con l'autore.

Quale rilevanza ha il profilo di consumatore nella valutazione della condotta dell'azienda e nella conseguente valutazione della sanzione?

La libertà e la consapevolezza della scelta del consumatore, arbitro della competizione economica, costituiscono i presupposti per il funzionamento efficiente del mercato. In questo scenario, il contenuto che assegniamo alla nozione di consumatore medio determina il tipo di mercato che vogliamo incentivare, e per conseguenza anche il tipo di agire imprenditoriale che vogliamo promuovere, in una continua dialettica tra paternalismo ed evoluzionismo. Ed infatti, tanto più l'average consumer è soggetto razionale, avveduto, efficiente nella massimizzazione della sua utilità quanto meno è necessario l'intervento dei pubblici poteri a sua protezione. Per contro, quanto più enfatizziamo limitazioni nella sua razionalità comportamentale tanto più abbassiamo l'asticella per la qualificazione di illiceità dei comportamenti imprenditoriali. Più in generale, quanto più rappresentiamo come sprovveduto e poco razionale il consumatore medio tanto più eleviamo il livello di diligenza preteso dall'imprenditore nelle relazioni di mercato, con incremento conseguente dei costi imposti a suo carico, poi tipicamente scaricati mediante il prezzo anche sui consumatori più avveduti ed efficienti.



Come si è evoluta la figura di consumatore medio?

Tradizionalmente il modello di consumatore utilizzato come parametro della liceità dell'agire imprenditoriale nella tradizione giuridica italiana è un soggetto poco avveduto, che abbisogna di una significativa protezione di stampo paternalistico da parte dei pubblici poteri. Questa impostazione ha giustificato a lungo un atteggiamento di particolare rigore nelle valutazioni della nostra giurisprudenza, che ha compresso notevolmente gli spazi di libertà per la comunicazione d'impresa. Paradigmatica in questo senso è stata l'esperienza della pubblicità comparativa, che nella sua forma più diretta è stata così rigorosamente scrutinata da risultare a lungo scoraggiata e poco praticata nel nostro paese. La scelta del legislatore comunitario di adottare quale parametro generale di valutazione della liceità della comunicazione imprenditoriale una nozione di consumatore mediamente informato ed avveduto sta progressivamente riequilibrando la situazione. Più in particolare, si sta facendo strada l'idea che una protezione acritica del consumatore ha l'effetto di limitare l'efficiente funzionamento del mercato.


Mentre pretendere anche dal versante consumeristico qualche forma di diligenza comportamentale permette di stimolare un modello di consumo più attivo, critico e responsabile, con esiti positivi per il benessere generale.

Che influenza hanno le tecnologie e la maggiore facilità d'accesso alle informazioni?

In generale le tecnologie di nuova generazione, e la facilità che ne consegue sul piano dell'accesso alle informazioni, hanno inciso certamente sulle caratteristiche del modello di consumatore medio da utilizzare quale parametro di valutazione dell'agire imprenditoriale. L'analisi deve, peraltro, tenere conto delle peculiarità dei diversi settori merceologici e delle caratteristiche dei consumatori potenziali di riferimento.

Nel suo lavoro lei parla di test per valutare la il grado di scorrettezza di pratiche commerciali scorrette: esattamente di cosa si tratta?

La proposta operativa alla base di questo studio prevede di stimolare i decisori a compiere una profilazione quanto più possibile attenta delle caratteristiche del consumatore medio del mercato nel quale va collocata la pratica commerciale da valutare.


Questo esercizio analitico, che deve riflettersi in una motivazione adeguata dei provvedimenti sanzionatori, costituisce un presupposto fondamentale perché l'amministrazione dei rimedi contro i comportamenti scorretti possa avere efficacia di prevenzione generale dei nuovi illeciti. In questo scenario, razionalizzare i criteri di valutazione elaborando un test basato su passaggi quanto più possibile formalizzati può aiutare a costruire decisioni più solidamente motivate, e dunque maggiormente idonee ad orientare il successivo agire imprenditoriale.

La figura di consumatore medio vale tanto per le grandi multinazionali e per le PMI che diffondono una comunicazione molto settoriale: che consigli possiamo dare a queste ultime imprese?

Talvolta, le dimensioni limitate sono un ostacolo agli investimenti necessari per conoscere e conformarsi ad alcune discipline che regolano l'attività d'impresa, tra le quali anche quelle relative alla correttezza della comunicazione e più in generale dell'agire verso i propri consumatori. Il peso delle sanzioni ed il rilievo delle conseguenze della loro applicazione, anche sul piano dell'immagine imprenditoriale, mi pare suggeriscano che valga la pena investire quanto più possibile in quest'ambito, anche perché al riguardo gli standard del mercato globale tendono ad essere sempre più rigorosi.




Titolo: Pratiche commerciali scorrette e consumatore medio
Autore: Michele Bertani
Editore: Giuffrè Editore
Pagine: 108

@federicounnia - Consulente in comunicazione
 


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