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22/02/2017

economia

Classifica sostenibilità dei Paesi Ocse: l'Italia perde tre posizioni e scivola al ventottesimo posto

Mortier (Degroof Petercam AM): prima la Norvegia in un podio tutto scandinavo. Gli Stati Uniti guadagnano sei posizioni ma con Trump rischiano di andare fuori rotta

Da anni quando si parla di rating o classifiche per l'Italia sono sempre mazzate. Di fatto, scivoliamo di posizioni in un trend che sembra inarrestabile. L'occasione più recente l'ha offerta Degroof Petercam AM, che ha aggiornato la sua classifica che valuta la sostenibilità dei Paesi Ocse in base alla media delle posizioni in cinque aree principali: (1) trasparenza e valori democratici, (2) ambiente, (3) istruzione, (4) popolazione, sistema sanitario e distribuzione della ricchezza, (5) economia. E l'Italia ha perso ben tre posizioni.
"Sulla base di una metodologia proprietaria - sottolinea Ophélie Mortier, Responsible Investment Strategist di Degroof Petercam AM - ciascun Paese viene valutato in base alla capacità di affrontare le sfide della sostenibilità e all'impegno nel rispondere alle necessità della generazione attuale, senza compromettere il benessere delle generazioni future. Tale analisi ha dimostrato tutto il suo valore durante la crisi del debito dell'Area Euro, consentendoci di valutare al meglio la capacità di ciascuno Stato sovrano di far fronte ai propri impegni".



La classifica semestrale

Il primo posto della classifica di sostenibilità è occupato dalla Norvegia (era sesta nella rilevazione del secondo semestre 2015), seguita da Svezia (stabile al secondo posto) e Danimarca, che perde così il primato. Al netto di un'economia ancora dipendente dal petrolio, sono stati premiati gli sforzi della Norvegia sul fronte delle energie rinnovabili, un Paese che, tuttavia, mostra ancora importanti margini di miglioramento in tema di efficienza energetica alla luce dell'alto tasso dei consumi energetici in un contesto di crescita economica. Completano il quadro, istituzioni politiche solide e una sostanziale assenza di ineguaglianze sociali oltre a un reddito pro-capite più alto della media dei Paesi OCSE.

La posizione italiana

L'Italia, ventottesima, perde tre posizioni rispetto a un anno fa e rimane fuori dall'universo di investimento insieme ad altre nazioni importanti come Stati Uniti (25°), Francia (18°) e Giappone (20°).
In particolare, "dell'Italia preoccupano, oltre alla situazione economica, il basso tasso di fertilità e l'indice di dipendenza dagli anziani, l'assenza di investimenti reali in ricerca e sviluppo e la drammaticità dei dati sulla disoccupazione giovanile", ha commentato Mortier.

Oltre ai già noti fattori di criticità relativi alla governance del Paese (incidenza della corruzione e solidità delle istituzioni), gli indicatori sociali non stanno mostrando alcun segnale di miglioramento. I dati in tema ambientale non sono confortanti ed emerge uno sforzo limitato anche sul fronte delle energie rinnovabili. L'Italia, che dal 2007 perde posizioni in classifica, esce perdente anche da un confronto ravvicinato con altre realtà dell'Europa meridionale, quali Spagna, Portogallo e Grecia. Più in dettaglio, nel pilastro "Trasparenza e Valori Democratici" perdiamo due punti ("incidenza della corruzione" -2, "solidità delle istituzioni" -1); in quello "Istruzione" si registra un calo di 2,5 punti, principalmente per la più bassa qualità del nostro sistema educativo. In negativo anche il punteggio sulla "distribuzione della ricchezza" che ben si combina con un basso coefficiente GINI (grado di diseguaglianza) attribuito al nostro Paese dall'Istat.

USA alla prova di lungo periodo

Gli Stati Uniti, venticinquesimi, guadagnano ben sei posizioni soprattutto grazie ai progressi in tema di innovazione, investimenti in ricerca e sviluppo e nel numero dei brevetti registrati.


Rimangono posizionati nella parte bassa della classifica, nell'ultimo terzile, principalmente per il loro ritardo nel campo della tutela dell'ambiente e del welfare. L'analisi di Degroof Petercam sottolinea, non a caso, il non riconoscimento della Corte di Giustizia Internazionale e la mancata ratifica della Convenzione di Ottawa sulle mine anti-uomo.
In tema ambientale, gli Stati Uniti sono tra i maggiori consumatori di carbone mentre le energie rinnovabili rappresentano ancora oggi una porzione troppo piccola del loro mix energetico. Nonostante alcuni recenti progressi, i primi passi della presidenza Trump non lasciano ben sperare, soprattutto in campo ambientale. Il presidente neo-eletto difficilmente si impegnerà nel raggiungere gli obiettivi previsti dall'Accordo di Parigi sulla riduzione dei gas serra. Il programma politico "An American First Energy Plan" prevede un chiaro supporto a un aumento della produzione di carbone, mentre i piani di riduzione delle tasse societarie potrebbero, al contrario, favorire una maggiore trasparenza sulla fiscalità delle imprese statunitensi.
"Nel breve periodo, questi provvedimenti rappresentano senz'altro una manna per l'economia americana, ma nel medio e lungo termine potrebbero sorgere dei rischi sul finanziamento delle politiche di governo.


I settori dell'istruzione e della sanità saranno i primi a risentire dei tagli di bilancio, in un'economia già fortemente indebitata. Ecco perché consideriamo un miglioramento nei punteggi in questi due pilastri di sostenibilità un tema assai complicato", ha concluso Mortier.
 


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