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01/03/2017

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Fallico (Intesa Russia): sanzioni ed embargo contro la Russia colpiscono il nostro export

Solo per l'Italia, dal 2014 ad oggi, sono stati persi più di 5 miliardi di euro e 300mila occupati. Macchine utensili, meccanica e attività manifatturiere i settori più penalizzati. Su Trump non ci sono grandi aspettative

Negli ultimi tre anni abbiamo assistito a una tensione geopolitica che ha avuto conseguenze rovinose sui rapporti economico-commerciali tra l'Italia e la Russia. Oggi sembra di assistere a un nuovo inizio, anche se lo shock di questo triennio non è stato archiviato. Ne abbiamo parlato con Antonio Fallico, presidente di Banca Intesa Russia e dell'Associazione Conoscere Eurasia, intervistato in occasione del quinto seminario "Italia-Russia, l'arte dell'innovazione", organizzato dal Consolato Generale della Federazione Russa a Milano, Conoscere Eurasia, Roscongress e Forum Economico internazionale di San Pietroburgo in collaborazione con Intesa Sanpaolo, Banca Intesa Russia e Pavia e Ansaldo Studio legale. L'incontro ha visto la presenza dell'Ambasciatore Federazione Russa in Italia, Sergey Razov.

Che cos'è l'Associazione Eurasia?

Si tratta di un'associazione no profit che principalmente cerca di sviluppare le relazioni economiche tra l'Italia, l'Europa e i Paesi che in questo momento appartengono a questa unione, come Russia, Bielorussia, Khazakistan e Kirghisia.



Facciamo qualche numero: quanto pesa l'embargo UE alla Russia in termini economici?

Pesa tantissimo, e noi lo diciamo da tempo. Hanno sofferto sia i segmenti colpiti che quelli non colpiti direttamente. Solo per l'Italia, dal 2014 ad oggi, sono stati persi più di 5 miliardi di euro.

E per quanto riguarda le aziende italiane, in termini non solo di fatturato ma anche di occupazione, quali effetti hanno avuto? E quante sono le aziende che attualmente operano a vario titolo con la Russia?

Siamo lontani dal 2013, quando si registrò il record di oltre 30 miliardi di euro nell'interscambio italo-russo, con le nostre esportazioni a quasi 11 miliardi di euro. Se i dati saranno confermati, nel 2016 il valore del nostro export verso la Russia si assesterà attorno ai 6,1 miliardi di euro. Se così sarà, dopo tre anni mancheranno all'appello poco meno di 5 miliardi di euro. Uno shock per molte aziende italiane che avevano fatto della Russia il loro mercato di sbocco principale.
Secondo le nostre stime, le sanzioni hanno pesato in termini di occupazione in Italia per più di 300mila persone e più di 500mila persone.

Le aziende che sono radicate in Russia, cioè che producono localmente non sono più di 100, mentre quelle che esportano direttamente o indirettamente sono circa 500.

L'embargo ha colpito in egual misura ogni settore?

Certamente no. Ha colpito il comparto alimentare per circa un miliardo di euro, quelli delle macchine utensili, della meccanica e attività manifatturiere per circa 4 miliardi. Guardiamo poi le percentuali: oltre ai settori colpiti dalle contro sanzioni russe (-96% tra il 2013 e il 2016 per l'industria lattiero-casearia italiana e -78% per la carne lavorata), l'effetto drammatico della tensione geopolitica internazionale ha avuto ripercussioni su altri settori ben più impattanti sul sistema Paese, rispetto a quello dell'agroalimentare. Negli ultimi tre anni, infatti, le vendite in Russia di macchine utensili made in Italy, che comprendono la componentistica e l'impiantistica, hanno perso oltre il 50%, la siderurgia il 74%, i materiali da costruzione il 54%.

Quali sono i comparti che vedono una ripresa dell'export?

In realtà una ripresa l'abbiamo vista solo a gennaio e rappresenta un dato che non è certamente approfondito.


Devo però aggiungere che la ripresa la vediamo nel campo della meccanica sofisticata e nel settore dei lavori infrastrutturali cui partecipano anche aziende italiane.
Però alcuni spiragli che fanno pensare a una ripresa si sono manifestati negli ultimi due mesi dell'anno appena trascorso. A dicembre 2016 le esportazioni italiane in Russia sono ritornate ad avere segno positivo, registrando un +9,2% sullo stesso mese del 2015. Un dato che ci fa pensare che la Russia sia rientrata nel radar delle imprese italiane.

Sarà possibile tornare ai livelli pre-sanzioni ed eventualmente in quanto tempo?

E' una domanda difficile: si fa presto a perdere quote di mercato mentre per guadagnare posizioni ci vuole molto tempo.

Lei ha parlato di un cambiamento dal Made in al Made with. Cosa significa?

In pratica noi diciamo agli imprenditori italiani di essere meno mercanti - continuate a vendere i vostri prodotti e fare mere esportazioni - ma di radicarsi anche in altri Paesi, specificatamente in Russia. Andate a produrre lì. Non solo per risparmiare, in termini di forza lavoro e in termini infrastrutturali, ma soprattutto perché in Russia si trova un grandissimo mercato che non ha eguali in altri Paesi del mondo.


In questo momento la Russia, fatto salvo tutto il fascino e l'attrattiva del Made in Italy che non tramonterà mai, guarda con interesse allo sviluppo di cooperazioni sinergiche in grado di sostenere il piano di ammodernamento e i grandi progetti innovativi che ha messo già in cantiere.

Che aspettative avete sul fattore Trump?

Personalmente sono abbastanza laico. Non ho grandi aspettative e nemmeno i russi si aspettano grandi cose. Certamente, come anche affermato dall'ambasciatore Razov, i rapporti peggio di così non potrebbero andare. Rispetto alla precedente amministrazione, se Trump dovesse mantenere quanto detto in campagna elettorale, vi sarà un traino molto forte non solo nell'economia russa, ma si ricominceranno anche a reinserire nella dinamica internazionale forze economiche multipolari. Se rimarranno le sanzioni e questo clima, comunque la Russia andrà avanti, si svilupperà secondo i ritmi che abbiamo indicato. Per Bloomberg nel 2017 si prevede che la Russia avrà una crescita oltre l'1,5%.

A questo proposito, Bloomberg ha indicato la Russia tra le 7 economie più attrattive del 2017.


Come potremo approfittare di questa situazione?

In realtà lo stanno già facendo moltissime aziende. Non è una ricetta segreta. Lo si fa proponendosi, cercando degli interlocutori. Lo hanno iniziato a fare aziende italiane che prima erano medi esportatori di prodotti agroalimentari e adesso, parzialmente, producono in Russia. Oppure realtà nel comparto delle grandi infrastrutture, penso a quello che noi chiamiamo in termini molto vaghi la via della seta. L'importante è proporsi con fiducia nelle proprie capacità, essere supportati dal sistema bancario e dal sistema Paese. L'Italia, nonostante la congiuntura internazionale ha sempre cercato di agevolare le aziende nazionali. Lo stesso ICE ha dichiarato che avrebbero raddoppiato gli investimenti dell'anno scorso. E poi affidarsi ai canali che già ci sono. Non c'è nulla di inesperito: si può cominciare quando si vuole purchè se ne abbia la volontà. Siamo sicuri che si possa portare un contributo sia in termini finanziari sia di innovazione tecnologica.

Che ruolo ha Banca Intesa Russia in tutto questo?

Intesa Russia è sicuramente in questo momento la banca straniera più importante all'interno della Federazione russa.


E' presente da Kaliningrad a Vladivostock e intermedia più del 57% di interscambio italo-russo, e non solo da adesso ma credo da un decennio. Nell'investment e corporate banking siamo accreditati come banca straniera numero uno. Il nostro ruolo è riconosciuto non solo dal governo ma anche dalle aziende private russe. Abbiamo avuto un ruolo importante nel finanziamento di imprese russe nonostante le sanzioni. Certo, non possiamo ritenerci beati e contenti poiché abbiamo davanti ancora molto lavoro.

 


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