L'impatto degli uragani USA su economia e mercati finanziari
Secondo gli analisti di Credit Suisse, le dinamiche di crescita possono indebolire il dollaro nel breve termine, ma la ricostruzione dovrebbe tradursi in qualche impatto favorevole e positivo in seguito
A giudicare dai passati eventi metereologici devastanti come gli uragani Sandy (2012) e Katrina (2005), gli effetti negativi sull'economia statunitense si dimostreranno temporanei. Katrina si tradusse principalmente in un netto calo della produzione industriale, che venne stato recuperato rapidamente. Nel trimestre in cui l'uragano Sandy provocò delle frane, il PIL USA ristagnò nel contesto di una dinamica economica certamente già debole, ma l'attività economica riaccelerò significativamente in seguito (si veda il grafico). Analogamente ci aspetteremmo che i recenti uragani Harvey e Irma abbiano un certo peso sul PIL del T3, a cui probabilmente farà seguito un rimbalzo nel T4, guidato da una domanda repressa dei consumi. Gli effetti economici positivi potrebbero quindi estendersi al prossimo anno grazie agli sforzi della ricostruzione, che si spalmeranno su un lungo periodo di tempo e che rappresentano in parte uno stimolo fiscale netto. La portata di quest'ultimo resta poco chiara in questa fase. USD 15,25 mia. in finanziamenti federali di emergenza sono già stati approvati dal Congresso, ma verranno stanziati probabilmente ulteriori fondi a livello sia federale che di singolo stato, il che potrebbe potenzialmente dare adito addirittura a lievi rischi al rialzo per le nostre previsioni di crescita del PIL 2018 del 2,0% anno su anno (yoy).

La Fed probabilmente guarderà oltre gli effetti delle tempeste
Un impatto più quantificabile consiste nella temporanea spinta all'inflazione headline statunitense in seguito all'uragano Harvey. I prezzi della benzina hanno registrato un'impennata a fine agosto con la chiusura delle raffinerie. L'aumento a livello nazionale dei prezzi medi alla pompa di circa 30 cent al gallone potrebbe riportare l'inflazione headline a circa il 2% a settembre. L'inflazione potrebbe poi abbassarsi nuovamente, a seconda di quanto rapidamente le capacità delle raffinerie torneranno a regime. In linea di principio la Federal Reserve (Fed) dovrebbe guardare al di là di tali effetti transitori. La sfida per la Fed sarà quella di estrarre i segnali corretti dai dati potenzialmente molto rumorosi a breve termine, che comprendono anche maggiori richieste di disoccupazione e un probabile deterioramento nella crescita dei payroll a settembre. Riteniamo, tuttavia, che il polverone dovrebbe essersi quasi sedimentato ora della riunione di dicembre. Pertanto i parametri slegati dagli uragani come la crescita dei salari, l'inflazione core e la politica (dibattito sul tetto del debito) dovrebbero essere più importanti per la Fed quando deciderà se aumentare nuovamente o meno i tassi di interesse (noi mettiamo ancora in conto un rialzo per dicembre). Dato che un rimbalzo della crescita supportato fiscalmente si svilupperà in un secondo momento, ciò dovrebbe in ultima analisi aumentare le probabilità di qualche ulteriore modesto inasprimento nel 2018.
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