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04/10/2017

economia

Paesi Emergenti: continua l'impennata dei corsi azionari

Secondo Raiffeisen CM gli aumenti degli afflussi di capitale finora sono dovuti principalmente agli investimenti di portafoglio

Mentre ad agosto i mercati azionari sviluppati sono generalmente rimasti fermi, i corsi azionari dei paesi emergenti hanno continuato a salire. Persino l'aumento delle tensioni sulla penisola coreana finora non ha quasi alcun impatto significativo sugli investitori al di fuori della regione. L'indice MSCI EM ad agosto ha guadagnato un altro 2%, e bisogna sottolineare che a questo rialzo hanno contribuito praticamente tutti i paesi emergenti e settori.
L'India, contrariamente al trend, è stata l'unica a cedere leggermente tra i grandi mercati emergenti.
In compenso, ad agosto hanno avuto una performance superiore alla media i Paesi dell'Europa centrale e orientale. Il sostegno per le azioni, obbligazioni e valute dei paesi emergenti continua ad arrivare dalla congiuntura globale solida e dall'aumento dei prezzi delle materie prime. Con un incremento su base annua del 3,8% la crescita economica globale nel secondo trimestre è stata addirittura più forte di quanto previsto dal consensus di mercato.
Tra le materie prime si è stabilizzato il prezzo del petrolio e i metalli industriali hanno registrato un forte rialzo.

Un altro elemento trainante sono i continui flussi di capitale verso i Paesi emergenti. Questi ultimi, tuttavia, hanno anche un potenziale lato negativo. L'aumento dei flussi in entrata finora è dovuto principalmente agli investimenti di portafoglio, mentre gli investimenti diretti (FDI), nel complesso, tendono piuttosto a stagnare. I primi danno un impulso ai corsi delle azioni, obbligazioni e valute ma contribuiscono solo limitatamente alla ripresa duratura dell'economia nei paesi destinatari. Diversamente dagli investimenti diretti, gli investimenti di portafoglio possono anche essere disinvestiti abbastanza velocemente. Al momento non ci sono segnali di un ripensamento degli investitori internazionali, nonostante ciò, questi afflussi di capitale, rispetto ai FDI, sono tendenzialmente più instabili e meno affidabili.
Oltre ai flussi di capitale, la Cina rimane un importante, anche se non il più importante, fattore determinante per l'andamento futuro delle azioni, obbligazioni e valute della maggior parte dei paesi emergenti. Il consenso di mercato attualmente ritiene che la crescita dell'economia cinese rimarrà solida almeno fino all'anno prossimo inoltrato.

Ci sono, tuttavia, anche voci che a questo proposito individuano segnali d'allarme per quanto riguarda la massa monetaria e la concessione di credito e che, a partire da ciò, si aspettano un rallentamento della congiuntura nei prossimi trimestri.
La Cina è tanto importante, perché in moltissimi Paesi emergenti il rilancio dell'economia è stato finora portato avanti in primo luogo dalle esportazioni. Questi a loro volta esportano, ad eccezione dell'Europa centrale e orientale, in gran parte verso la Cina, spesso più che verso l'Europa e gli USA messi insieme.
Una nota "stonata", almeno per gli investitori in euro, è rappresentata nel frattempo dal forte andamento dei tassi di cambio della moneta unica europea. Perché ridimensiona naturalmente l'andamento di valore delle attività dei paesi emergenti. Per le azioni questo effetto è ovviamente molto meno grave a causa dei rialzi, in genere forti, dei corsi rispetto alle obbligazioni.
In termini fondamentali al momento ci sono però chiari segnali che l'euro possa di nuovo leggermente indebolirsi nei prossimi trimestri. Indipendentemente da ciò, l'espansione economica dei Paesi emergenti continua a deporre a favore di queste economie.


Per il 2018 il FMI prevede per loro una crescita economica del 4,8% (1,9% per le nazioni industrializzate).
Anche le valutazioni azionarie sono tuttora nettamente al di sotto di quelle dei Paesi sviluppati, nonostante i consistenti rialzi dei corsi, anche perché le previsioni sugli utili (+20% nel 2017) sono notevolmente aumentate.


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