Cosa aspettarci alle valute legate al petrolio
Secondo JP Morgan AM, nella maggior parte dei casi, al recente rialzo dei prezzi petroliferi non ha fatto seguito un rafforzamento delle valute dei Paesi esportatori di greggio. Ma non sono tutte uguali
La solidità della domanda e il rigore dell'OPEC, nonché il ritorno delle scorte su livelli più vicini alla normalità, segnalano che il mercato del petrolio continuerà a risentire degli eventi geopolitici. I mercati si stanno in generale concentrando sulla situazione in Kurdistan (minori flussi dall'oleodotto Ceyhan), Nigeria (ritorno dei Niger Delta Avengers), Venezuela (crisi del debito) e, dopo la purga anticorruzione di queste settimane, Arabia Saudita. Le quotazioni del greggio potrebbero essere particolarmente vulnerabili al momento e la massiccia esposizione degli operatori nei mercati del Brent e del WTI (West Texas Intermediate) è indicativa di un'assenza di prospettive in mancanza di un nuovo catalizzatore.

Valutazioni quantitative
Il 7 novembre i prezzi del petrolio hanno toccato i 63,69 dollari al barile, il livello più alto dalla metà del 2015, con un rialzo del 42% da quest'estate. Ciò nonostante, le valute dei Paesi esportatori non hanno registrato un'accelerazione comparabile ai guadagni recenti dell'oro nero. Al contrario, da settembre in poi queste divise hanno accusato un arretramento mentre le quotazioni del greggio hanno continuato ad avanzare. Un disallineamento di tale entità è insolito, anche se il petrolio non è, chiaramente, l'unico fattore determinante della performance di queste monete. Nel caso della Corona norvegese, il deludente andamento rispetto ai prezzi del greggio potrebbe essere dovuto ai dati economici negativi, mentre per altre valute i fattori determinanti sono la politica monetaria e i differenziali dei tassi d'interesse. Ad esempio, sulla performance del dollaro canadese hanno pesato il tono accomodante delle dichiarazioni della Banca Centrale e il recente deterioramento dei dati macro.
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