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07/03/2018

economia

Europa centrale e orientale: forte crescita ma pesano euroscetticismo e demografia

Verstrepen (Degroof Petercam AM): la ripresa ha colmato l'output gap per la maggior parte dei Paesi della regione. I rischi sono la sfiducia nei confronti dell'UE e l'invecchiamento della popolazione

Il 2017 è stato caratterizzato dall'accelerazione della crescita economica europea. La ripresa economica europea ha superato infatti le aspettative, attestandosi al 2,3% nel corso dell'anno. Anche se tutti i paesi della regione partecipano a questo trend, esistono notevoli differenze di fondo. La ripresa è stata particolarmente impressionante nei paesi dell'Europa centrale, orientale e sudorientale.
Nel corso del terzo trimestre del 2017, l'economia in Slovacchia è cresciuta del 3,5%, in Bulgaria del 3,9%, in Ungheria del 4%, in Polonia e in Repubblica Ceca del 5% mentre la Romania ha sorpreso con una crescita stellare dell'8,6%.
Nello stesso periodo l'economia greca è cresciuta dell'1,3%. I buoni risultati ottenuti sono stati sostenuti dalla crescita delle economie dell'Europa occidentale e dalla ripresa ciclica del commercio mondiale. Anche i miglioramenti in termini di occupazione sono stati significativi.
Il mercato del lavoro ceco è di gran lunga il più rigido della regione, con un tasso di disoccupazione del 2,5%, inferiore anche a quello della Germania, tradizionale potenza europea.

Tuttavia, l'attuale ripresa economica rappresenta l'eccezione piuttosto che la regola e quindi ci attendiamo una graduale normalizzazione della crescita nei prossimi trimestri.
La ripresa ha colmato l'output gap per la maggior parte dei Paesi della regione. Il differenziale tra il prodotto interno lordo effettivo e quello potenziale (output gap) è una misura dello stato attuale del ciclo economico: una differenza positiva significa che la crescita attuale è superiore alla crescita potenziale, il che potrebbe causare pressioni inflazionistiche. Sebbene queste pressioni appaiano attualmente più forti in Europa centrale ed orientale piuttosto che in Europa occidentale, rimangono comunque modeste.
Nel dicembre dello scorso anno il tasso di inflazione era dell'1,8% in Slovacchia, del 2% in Polonia, del 2,1% in Ungheria, del 2,4% nella Repubblica ceca, del 2,6% in Romania e del 2,8% in Bulgaria. Il timore di un periodo di deflazione prolungato, prevalente nella prima metà del 2016, è in gran parte scomparso.
Inoltre, le recenti evoluzioni dei tassi di disoccupazione e dei tassi di inflazione di base dimostrano che la curva di Phillips ed i principi ad essa sottostanti rimangono ancora validi in Europa.


Per il momento, i livelli di inflazione restano prossimi all'obiettivo, dopo una spinta al rialzo causata non solo da un migliore utilizzo della capacità produttiva, ma anche dall'aumento dei prezzi dell'energia e dei prodotti alimentari. Anche l'inflazione che si potrebbe definire importata risulta un fattore da tenere in considerazione.
Oltre al rischio di surriscaldamento dell'economia, vi sono altri motivi per cui è bene monitorare queste regioni e le loro prospettive future:
1. Un primo importante fattore è di natura politica. La sfiducia nei confronti dell'UE e l'insoddisfazione generata dalla politica di gestione dei fenomeni migratori sembrano essere due temi particolarmente caldi. La recente rielezione del presidente ceco Zeman, euroscettico, sottolinea questo tema. Inoltre, la controversia tra la Polonia e l'UE sulle riforme del sistema giudiziario sembra andare per le lunghe. La politica europea sulle quote dei migranti è molto impopolare in tutta la regione e alimenta il crescente risentimento nei confronti dell'Unione. Questo sarà un argomento importante da discutere durante le prossime elezioni ungheresi di aprile.


Inoltre, la regione si trova di fronte un serio ostacolo derivante dall'imposizione fiscale a seguito dell'impatto della Brexit sul bilancio europeo. È probabile che nei prossimi mesi la regione eserciterà una notevole influenza sull'agenda europea. La Bulgaria, l'Austria e la Romania assumeranno in successione il turno di presidenza del Consiglio dell'Unione europea, mentre il polacco Donald Tusk resterà presidente del Consiglio europeo fino alla fine del 2019. Nel frattempo, i paesi dell'area balcanica si stanno allineando per l'adesione all'UE, mentre la Bulgaria e la Croazia sono sulla buona strada per l'adozione dell'euro entro il 2020.
2. Il secondo importante fattore è di natura demografica. Analogamente all'Europa occidentale, la regione centro-orientale deve far fronte all'invecchiamento demografico. Inoltre, si prevede che la forza lavoro subirà un forte calo a causa dell'emigrazione. Ciò rende particolarmente problematico l'atteggiamento nei confronti dei migranti in arrivo e significa che occorre affrontare con urgenza la questione di una crescita della produttività insufficiente.
Le riforme strutturali restano necessarie e l'attuale ripresa congiunturale offre un'ottima opportunità per attuarle.


Inoltre, vi è il rischio che i salari aumentino troppo rapidamente minacciando la competitività. Se questi rischi saranno gestiti con successo, la convergenza economica verso l'Europa occidentale potrà continuare.

Michiel Verstrepen, Economista, Degroof Petercam AM


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