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21/03/2018

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Le professioni del futuro prossimo

Pacchetti (InTribe): oltre alla digitalizzazione di figure già esistenti, il 40% di quelle nuove sono attività che non esistevano anche solo fino a 5 anni fa, come il Cybersecurity specialist, il Data Analyst o il Growth Hacker

Mentre cresce il numero dei lavoratori autonomi e l'IoT sostituisce l'uomo nei lavori ripetitivi e poco specializzati, il mondo cerca hard skills tecnologiche ma le aziende italiane perdono terreno a causa delle scarse competenze digitali. Questo è uno dei temi affrontati nel convegno nazionale "Le professioni del futuro", in programma il 15 marzo a Milano. L'appuntamento è stato ideato da InTribe, in collaborazione con Asseprim e la partecipazione di Nexi. Ne abbiamo parlato con Mirna Pacchetti, CEO di InTribe.

Che cosa qualifica e caratterizza l'evento "Le professioni del futuro"?

E' un convegno nazionale, è il secondo anno che viene realizzato, che parlerà di "digital mismatch", ovvero si focalizza su come le nuove professioni stiano in realtà creando un disallineamento occupazionale. Ci sono dei posti di lavoro disponibili che non vengono occupati per mancanza di know how, expertise e conoscenze da parte di quelle persone che dovrebbero ricoprire quei ruoli.



Entriamo nel vivo della questione: quali saranno queste professioni del futuro?

Ce ne sono molte. In realtà molte di esse altro non sono che la digitalizzazione di professioni già esistenti. Esistono però delle figure che sono realmente nuove: circa il 40% delle professioni del futuro sono attività che non esistevano anche solo fino a 5 anni fa, o che non erano così rilevanti come invece lo sono adesso. Un esempio è il Cybersecurity specialist, la persona che si deve occupare della tutela della sicurezza dei dati all'interno dell'azienda, oltre che di tutti i processi aziendali. Questa è una figura che viene sempre più ricercata e in Italia sono pochissimi gli esperti in grado di ricoprire questo ruolo in modo adeguato.
Esiste poi i il Data analyst, che ha diverse declinazioni. In linea di massima è una persona che possiede la capacità di analizzare i Big Data, quindi grandi masse di dati destrutturati, non inseriti all'interno di tabelle, ma disgregati tra di loro, che arrivano da diverse fonti. Saper analizzare questi dati è un lavoro molto complesso, richiede anche una certa dose di creatività per andare a trovare il giusto dato nel giusto posto, soprattutto quando si parla di milioni o miliardi di dati.

E' un lavoro che sta pian piano crescendo: sempre più aziende richiedono Data Specialist.
Un'altra professione curiosa è il Growth Hacker, un esperto di marketing in grado di sovvertire le regole del marketing classico. Il Growth Hacking si basa sul concetto di Lean marketing, tante azioni piccole e veloci che vengono continuamente testate sul mercato. Praticamente è un continuo test delle azioni di marketing e questo tipo di tecnica consente di abbattere i costi legati al marketing stesso e soprattutto di ottimizzare poi tutte le attività di comunicazione.
Queste tre sono le figure che nel giro di un anno cresceranno maggiormente come numero di richieste.

Voi affermate che entro il 2020 ci potrebbero essere 2 milioni di posti di lavoro potenzialmente vacanti. Come si scongiura questo scenario?

Con una cosa chiamata "Life Long Learning". La realtà dei fatti è che l'accelerazione tecnologica che abbiamo avuto negli ultimi 5 anni è paragonabile ai 400 anni precedenti. Sembra paradossale, ma in realtà l'accelerazione è stata incredibile. Questo fa si che stanno cambiando intere logiche di mercato.


Tutti abbiamo bisogno di aggiornarci, dovremo costantemente informarci, e imparare nuovi modi di lavorare, di comunicare, nuovi processi e nuove tecnologie. L'unico modo per farlo è non smettere di imparare. Questo farà sì che il Digital Mismatch non raggiungerà mai - perché questa è la realtà dei fatti - i due milioni di posti di lavoro vacanti, perché fortunatamente stiamo già ricorrendo ai ripari.

Che tipo di formazione devono affrontare queste figure specialistiche per essere pronte nel più breve tempo possibile?

La formazione è molto variegata, nel senso che poi dipende dal ruolo aziendale. In linea di massima, quello che sta succedendo è che il digitale e le tecnologie sono ormai pervasive. Esattamente come lo sono nella nostra vita quotidiana - con l'utilizzo di smartphone, tablet, smart TV e qualsiasi altra innovazione tecnologica che possa venire in mente - la stessa cosa si sta traslando nel mondo del lavoro. Per restare competitive le aziende devono introdurre nuove tecnologie e digitalizzazione all'interno dei processi produttivi di generazione del valore. Questo significa che tutte le persone che lavorano all'interno di un'azienda devono acquisire nuove competenze in ambito digitale.


E' molto generico, ma la realtà dei fatti è che il digitale sta trasformando tutto.

InTribe analizza Big Data per analisi predittive. Chi sono i vostri principali interlocutori e per che tipologie di analisi?

Le indagini che noi facciamo sono di diversi tipi. Le analisi predittive sono legate ai trend, quindi a come volgono i mercati. Di queste analisi i principali fruitori sono le aziende piuttosto strutturate, che operano principalmente nel B2B e che tendenzialmente operano nel Food and Beverage. Esistono poi altre tipologie di indagine, quali-quantitative, e queste a volte vengono utilizzate anche da aziende meno strutturate o da associazioni.


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