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31/10/2018

economia

USA-Cina: molto di più di un conflitto commerciale

Secondo il team di Raiffeisen CM, il problema è il continuo venir meno della prospettiva di una rapida soluzione del conflitto che rende sempre più insicuri i mercati

Le obbligazioni, le valute e i mercati azionari nella maggior parte dei Paesi emergenti si sono stabilizzati o leggermente ripresi a settembre. La situazione rimane comunque fondamentalmente tesa. Un dollaro forte, rendimenti USA in aumento, il profilarsi di un lungo conflitto tra gli USA e la Cina e una riduzione dell'offerta di liquidità globale continuano a pesare notevolmente su quasi tutti i mercati finanziari ed economie, in particolare però sui paesi emergenti. Il continuo rialzo dei prezzi del petrolio è naturalmente positivo per gli esportatori di petrolio dei mercati emergenti, ma relativamente negativo per i paesi che dipendono da elevate importazioni di petrolio. La congiuntura cinese, un fattore importante per molti paesi emergenti, è ancora solida nel complesso. Tuttavia, si manifestano segni crescenti di stress in alcuni comparti. Si prevede che Pechino adotterà misure fiscali selettive per controbilanciare. Ciò potrebbe fornire impulsi positivi anche per altri mercati emergenti, ma probabilmente solo in misura molto contenuta.

Stabilizzazione e ripresa a settembre

Il mese di settembre, sui mercati finanziari dei paesi emergenti, è stato caratterizzato da consolidamento, calma e tentativi - in generale piuttosto timidi - di ripresa.

Questi ultimi si sono verificati soprattutto in Russia e nei paesi emergenti europei, nonché in America Latina. Un rialzo dei tassi d'interesse sorprendentemente forte in Turchia a metà settembre ha fermato per ora la svalutazione della lira e ha avuto un impatto positivo su tutti i mercati emergenti e sul sentiment degli investitori. Certo, questo non risolve naturalmente i problemi strutturali dell'economia turca.

USA vs. Cina: molto di più di un conflitto commerciale, ma niente panico

Il conflitto commerciale tra Stati Uniti e Cina rimane un tema dominante, dove "conflitto commerciale" in realtà è un termine troppo limitato. Gli operatori dei mercati finanziari sembrano sempre più rendersi conto che qui non si tratta solo della rinegoziazione di singoli termini commerciali ma, di fatto, di una grande e lunga lotta per il potere della superpotenza USA, che ha dominato finora, contro la superpotenza emergente cinese. Avevamo già sottolineato in precedenti Emerging Markets report che probabilmente per il presidente Trump si tratta di molto di più che di un paio di piccole vittorie simboliche. Il problema non sono quindi tanto i dazi punitivi già decisi e imposti da entrambe le parti, la cui portata nel complesso è ancora molto contenuta.

Piuttosto, è il continuo venir meno della prospettiva di una rapida soluzione del conflitto che rende sempre più insicuri gli investitori, gli imprenditori e gli operatori del mercato finanziario.

I rendimenti USA continuano a salire

Allo stesso tempo, negli USA continuano a salire i rendimenti obbligazionari e il dollaro USA rimane tendenzialmente forte. Entrambi sono, come si sa, negativi per i titoli dei mercati emergenti ed entrambi dovrebbero continuare nei prossimi mesi. I rendimenti decennali dei titoli di Stato USA ora hanno chiaramente rotto il trend ribassista durato diversi decenni. Ciò non significa automaticamente altri massicci rialzi dei rendimenti, ma la via più facile per ora punta verso l'alto. L'aumento dei rendimenti USA sta, a sua volta, rafforzando anche il dollaro USA. A ciò si aggiunge che la banca centrale USA continua a ridurre ulteriormente la liquidità globale in dollari.
Dopo anni di abbondante approvvigionamento con dollari a basso costo, questo colpisce sempre di più soprattutto i debitori nei mercati emergenti - sotto forma di costi di finanziamento (tassi d'interesse in dollari) più alti e di una valuta USA più cara (svalutazione di molte valute dei paesi emergenti).




Fine della ripresa globale sincronizzata

Il 2017 è stato l'anno della ripresa economica globale, in gran parte sincronizzata. Il 2018 sembra essere l'anno della divergenza. Mentre l'economia USA sta procedendo a tutto gas, la crescita è stagnante quasi ovunque nel mondo o è addirittura in leggero calo.
Di conseguenza, la politica monetaria in passato ampiamente sincronizzata delle grandi banche centrali è sempre più divergente. Mentre la BCE e la Bank of Japan continuano a (dover) portare avanti una politica molto espansiva, la banca centrale USA continua a tirare le redini.

Possibili impulsi fiscali in Cina si concretizzeranno solo in modo molto selettivo e con effetti contenuti per altri Paesi emergenti

Un altro fattore decisivo per molti paesi emergenti continua a essere naturalmente la Cina. È difficile dire fino a che punto l'economia cinese stia effettivamente già risentendo del conflitto commerciale, soprattutto perché certe tendenze di rallentamento sono iniziate molto prima. Nel complesso, la congiuntura cinese sembra ancora robusta.


In alcuni settori, tuttavia, si manifestano sempre più segnali di stress, soprattutto nei settori dell'edilizia e degli immobili. È probabile quindi che Pechino adotti, se necessario, misure fiscali per contrastare questo scenario, ma probabilmente solo in modo molto selettivo.
Per assorbire parzialmente l'impatto dei dazi USA, la Cina potrebbe inoltre continuare a considerare una graduale svalutazione valutaria. Da aprile lo yuan resta ancora piuttosto caro in termini fondamentali nonostante la svalutazione, dunque su questo fronte Pechino ha ancora un po' di margine. Tuttavia, uno yuan più debole non è esattamente positivo per altri mercati emergenti. Tutto sommato, eventuali programmi fiscali in Cina sono ancora utili, anche per altri paesi emergenti, ma i possibili stimoli positivi che ne derivano questa volta saranno probabilmente inferiori rispetto al passato. Tuttavia, restiamo fedeli alla nostra valutazione positiva di lungo periodo sulle azioni e obbligazioni della maggior parte dei mercati emergenti, nonostante i fattori negativi a breve e medio termine. Per ora la situazione resta, tuttavia, ancora fragile e fortemente dipendente dagli sviluppi monetari e geopolitici.



 


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