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05/12/2018

idee

Privacy online: a che punto siamo?

Froment (Commanders Act): vogliamo sfatare alcuni miti e fornire ai marketer risposte concrete sull'impatto della richiesta di consenso a pochi mesi dall'entrata in vigore del GDPR

E' arrivato il primo barometro in materia di gestione della privacy che misura i risultati dei vari meccanismi opt-in utilizzati dalle aziende per agire in conformità con il GDPR.
Si tratta dell'Online Consent Barometer (OCB) pubblicato da Commanders Act, fornitore europeo leader di soluzioni SaaS per la gestione di tag e dati.
I risultati del barometro sono stati ottenuti dall'analisi comportamentale di 10.450.000 utenti, che hanno visitato 16 siti web nell'arco di 14 giorni (dal 6 al 19 agosto 2018). Un campione reso ancora più rappresentativo dal fatto che i siti web esaminati coprono un'ampia gamma di settori: finanza, media, industria, commercio al dettaglio, viaggi ed energia.
"Nonostante si tratti di uno strumento utile, il GDPR è un argomento che preoccupa i team digitali. Abbiamo deciso di realizzare questo studio per sfatare alcuni miti e fornire ai marketer risposte concrete sull'impatto della richiesta di consenso a pochi mesi dall'entrata in vigore del GDPR", spiega Michael Froment, Amministratore Delegato di Commanders Act.



La prima impressione è l'unica che conta

Le dimensioni, il colore, la posizione e il font del banner, così come la scelta di un metodo di raccolta del consenso esplicito o soft, sono tutti fattori che, in generale, possono influenzare il comportamento dell'utente. Tuttavia, proprio come nella vita reale, a prescindere dal formato utilizzato è la prima impressione quella che conta.
Ad eccezione dei casi in cui viene utilizzato un metodo di raccolta esplicito, un utente legge il messaggio di richiesta di consenso in media 1,8 volte prima di prendere una decisione. Questa cifra rimane la stessa indipendentemente dalla decisione finale (opt-in o opt-out) e dal meccanismo di consenso utilizzato (soft o super-soft). In altre parole, l'utente fa la sua scelta dopo aver visto il banner di consenso o il pop-in per la prima volta, e solo di rado va oltre modificando le impostazioni di richiesta del consenso...
Infatti, solo lo 0,1% degli utenti visita la pagina in cui può fare una scelta e attivare o disattivare i vari cookie, mentre solo lo 0,07% visita la pagina che spiega come modificare le impostazioni sui cookie del browser.



Adattare il metodo di richiesta del consenso in base ai visitatori e al settore

Ciascun settore preferisce utilizzare un determinato metodo per la raccolta del consenso in base alle aspettative, le abitudini e le preferenze dei propri utenti. Per esempio, le aziende operanti nel settore finanziario ed energetico preferiscono interpretare il GPDR in modo rigoroso e quindi adottano un metodo di raccolta del consenso esplicito, secondo cui un utente deve fornire il proprio consenso in modo formale per accedere ai contenuti del sito. D'altra parte, i media e i siti di viaggio danno priorità all'ottimizzazione e utilizzano un metodo super-soft, dove l'utente fornisce il proprio consenso semplicemente scorrendo una pagina verso il basso. Queste preferenze dipendono da esigenze e obiettivi individuali (per i media, gli opt-in influenzano in parte gli introiti pubblicitari), ma non sono definitive.
Eventuali modifiche al regolamento (il testo dell'ePrivacy è ancora in fase di preparazione), la tecnologia (browser) e, ovviamente, il comportamento degli utenti potrebbe rendere necessaria una revisione di queste scelte nei prossimi mesi.



Allo stesso tempo, dobbiamo perfezionare la nozione di "consenso" per rispettare lo spirito e il modo in cui è stato formulato il GDPR. Il consenso deve essere un atto volontario e informato; tuttavia, in molti casi, la richiesta di consenso non è ancora del tutto in linea con il testo sulla protezione dei dati personali.


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