L'uscita del Qatar dall'OPEC avrà delle conseguenze ridotte
Shah (WisdomTree): ci aspettiamo che si riduca la produzione per contrastare la flessione dei prezzi. Gli attuali livelli appaiono insostenibilmente elevati
Oggi il settore delle commodity è in fermento. Le correzioni al rialzo arrivano dopo il G20 che si è concluso lo scorso weekend. Gli Stati Uniti hanno ammorbidito la propria posizione sul commercio con la Cina, offrendo una tregua di 90 giorni sul rincaro delle tariffe che sarebbe dovuto entrare in vigore su 200 miliardi di dollari di importazioni. La Cina ha altresì espresso la volontà di ridurre le accise sulle automobili americane e l'impegno ad importare una quantità non dichiarata di prodotti agricoli americani.

La Russia e l'Arabia Saudita hanno concordato di voler continuare la loro cooperazione nella gestione dell'approvvigionamento petrolifero nel 2019; crediamo che questa collaborazione sia un anticipo della decisione di tagliare l'offerta che verrà presa dall'Organizzazione degli esportatori di greggio (OPEC) nel suo incontro di questa settimana. L'uscita del Qatar dall'OPEC a gennaio (annunciata il weekend scorso) non avrà un impatto significativo se l'Arabia Saudita e la Russia, rispettivamente il membro e il partner più grandi dell'Organizzazione, spingeranno per i tagli alle forniture. Inoltre, la provincia canadese dell'Alberta, in una mossa non convenzionale per un territorio associato che non fa parte dell'OPEC, ha annunciato che taglierà la produzione di petrolio, decisione che controbilancerà qualsiasi effetto negativo dell'uscita del Qatar.

OPEC: déjà vu? No, thank you!
Nell'ultimo mese le quotazioni del Brent sono diminuite del 23% a causa dei timori per un eccesso di offerta sul mercato del petrolio. Questo crollo improvviso ricorda in maniera inquietante l'esperienza del novembre 2014. Tuttavia, a differenza di quanto accaduto allora, riteniamo che alla riunione del 6 dicembre 2018 l'Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (OPEC) interverrà per arginare la flessione delle quotazioni. L'esperienza del cartello nel periodo 2014-2016 è stata talmente sgradevole che difficilmente il gruppo vorrà tornare a una fase di debolezza dei prezzi. Inoltre, il contesto di oggi è molto diverso. Nel 2014 era stata l'OPEC stessa a orchestrare la diminuzione dei prezzi del petrolio per indispettire gli Stati Uniti e altri produttori ad alto costo. Questa volta sembra che la debolezza delle quotazioni sia dovuta principalmente all'espansione della produzione statunitense. Gli eventi del 2014 hanno dimostrato che il cartello non può fermare la crescita della produzione USA. Facendo tesoro di questa esperienza, è improbabile che l'OPEC voglia mantenere elevati i livelli di produzione per difendere la propria quota di mercato; piuttosto cercherà di tenere alti i prezzi per preservare le proprie entrate fiscali.
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