Sarà un anno di riconvergenza
Ward (JP Morgan AM): muoversi nell'arco di un ciclo di mercato è un po' come viaggiare in aereo. I momenti pericolosi, quelli in cui è veramente necessario non sbagliare, sono il decollo e l'atterraggio
Cos'è esattamente che non ha funzionato nel 2018? I mercati hanno iniziato l'anno all'insegna del totale ottimismo. L'economia statunitense ha registrato performance straordinarie, alimentate dai tagli fiscali, che hanno provocato un incremento sia della crescita che degli utili societari. Il tasso di disoccupazione ha quasi toccato il minimo degli ultimi 50 anni. L'aumento dell'inflazione è stato graduale, cosicché la Fed non ha riservato molte sorprese, aumentando i tassi di 25 punti base al trimestre. L'allentamento quantitativo globale è stato ridimensionato, dando inizio a un'inversione della tendenza alla grande ricerca di rendimento. Ciò ha messo in difficoltà il reddito fisso nel suo complesso, ma non in misura così marcata (Nella mente dell'investitore - Dovremmo preoccuparci di una stretta quantitativa?).

La politica estera degli Stati Uniti è stata l'elemento che nel 2018 ha causato le turbolenze decisamente più rilevanti. Non intimorita dalla minaccia di maggiori costi per i consumatori e le imprese statunitensi, Washington ha intensificato le tensioni commerciali. Nell'elettorato statunitense, e di conseguenza sia tra i Repubblicani che i Democratici, sembra esservi una notevole propensione a riconsiderare le relazioni commerciali statunitensi e la Cina è decisamente nell'occhio del ciclone. Questa politica commerciale aggressiva ha colpito l'economia cinese in un momento in cui la crescita evidenziava già un rapido rallentamento conseguente alla politica più restrittiva di Pechino.
I Mercati Emergenti hanno così dovuto subire un doppio colpo: da un lato il rallentamento della crescita in Cina e dall'altro l'aumento dei costi di indebitamento, per i tassi d'interesse statunitensi più elevati. Le azioni e le obbligazioni dei Mercati Emergenti sono state significativamente penalizzate nel 2018. L'Europa si è trovata in mezzo al fuoco incrociato. Sebbene le iniziali tensioni tra Stati Uniti e UE sui dazi automobilistici si siano per ora dissolte, la domanda europea è stata colpita dalla flessione degli scambi commerciali globali.

La forte crescita dell'economia statunitense non ha pertanto avuto ricadute favorevoli altrove, al contrario di quanto evidenziato in passato. L'economia, il mercato azionario USA ed il Dollaro sono stati gli aspetti positivi relativi in un anno altrimenti sconfortante.
L'esuberanza fiscale statunitense si affievolirÃ
A nostro giudizio, la significativa sovraperformance economica statunitense non continuerà nel corso del 2019. Gli stimoli fiscali all'origine della notevole esuberanza del 2018 si ridurranno prevedibilmente nei prossimi trimestri e la crescita del PIL statunitense complessivo è destinata a scendere a meno del 2% entro la fine 2019.
I tagli fiscali avrebbero potuto generare effetti più duraturi con maggiori investimenti da parte delle imprese. Ma, a fronte dell'incertezza geopolitica, le imprese stanno ora rinviando gli investimenti. L'effetto è stato particolarmente evidente in Europa e Asia, ma vi sono crescenti segnali indicanti che le intenzioni di spesa in conto capitale si stanno indebolendo proprio negli Stati Uniti. Si tratta di un aspetto particolarmente deludente perché ciò di cui l'economia globale ha disperatamente bisogno è un maggiore volume di investimenti per rilanciare una potenziale crescita, aumentare la produttività e i salari reali e attenuare così molti dei problemi politici.
BusinessCommunity.it - Supplemento a G.C. e t. - Reg. Trib. Milano n. 431 del 19/7/97
Dir. Responsabile Gigi Beltrame - Dir. Editoriale Claudio Gandolfo
