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19/06/2019

economia

Se la Grecia va meglio dell'Italia occorre ritrovare l'equilibrio sopra la follia

De Michelis (Frame): rimane fondamentale la fiducia nell'operato nelle banche centrali che siano in grado di scongiurare quei pericoli che iniziano ad essere portati alla luce dai più catastrofisti

"When the music it's over, turn out the light" cantavano i Doors tanti anni fa e questo verso, nella sua semplicità, mi ricorda tanto la situazione attuale.
Ovviamente la luce la dovrebbero accendere le banche centrali, ma la lampadina la può mettere o togliere Trump. Prendiamo ad esempio i dati usciti la scorsa settimana, che hanno mostrato un mercato del lavoro in frenata negli Stati Uniti (seppur in un contesto di buoni numeri dell'ISM), dopo che il presidente americano aveva rivolto le sue attenzioni ai vicini messicani (tanto per rimanere in allenamento in attesa dei vari match con i cinesi). Subito i mercati hanno prezzato un possibile taglio dei tassi e, in un contesto più rilassato con i messicani, i risky asset hanno registrato un buon rally.
Immediatamente dopo arrivano tweet del Presidente Trump che un po' minacciano e un po' accusano Cina e Fed e siamo di nuovo tutti con il fiato sospeso, con un orecchio sulla musica e un occhio sull'interruttore.
Prima del rally però lo scorso mese abbiamo assistito ad una bella correzione, come non si vedeva da fine 2018 ed era abbastanza attesa, mentre quello che mi ha veramente stupito è stato l'andamento dei tassi sui governativi europei.


Se da un lato abbiamo visto il Bund tedesco tornare a tassi pesantemente negativi (più in basso addirittura del 2016), dall'altro abbiamo assistito al superamento del quinquennale greco sul corrispondente italiano. Dovremo forse abituarci a controllare lo spread italo-greco? Questa apparente follia ci fa comprendere quanto pesino gli aspetti politici, e non solo quelli economici, nel determinare il prezzo dei titoli. Non bisogna dimenticare infatti che la Grecia è tecnicamente fallita e se non ha dichiarato default è stato esclusivamente per i soldi dell'Europa, mentre l'Italia, pur avendo un debito nominalmente molto più elevato, rimane pur sempre la terza economia europea e con una ricchezza privata enorme anche rispetto al debito dello Stato.
Ma come dicevo, prima o poi la musica finisce e se non vengono implementate riforme importanti per rilanciare l'economia e tagliare le spese inutili, la luce può ritornare solo attraverso manovre lacrime e sangue. Normalmente in queste situazioni si dice che le cose prima di andare meglio, devono andare ancora peggio.


I governanti per comprendere quanto sia seria la situazione devono spaventarsi veramente, altro che miniBOT.
Sicuramente, per coloro che cercano rendimento, i BTP vanno monitorati attentamente e valutati in una pura ottica di trading. Giusto per dare un altro riferimento ai clienti che chiedono rendimento senza rischio (impossibile), il titolo quinquennale portoghese scambia a tassi negativi intorno ai 10 punti base.
Che sia un periodo particolarmente difficile per chi gestisce denaro lo dimostra anche la vicenda della (ex) star della gestione equity Neil Woodford, che si è trovato costretto a chiudere il proprio fondo di fronte ai massicci riscatti che lo hanno colpito. La motivazione ufficiale è ovviamente la tutela e la salvaguardia degli investitori rimasti, ed è sicuramente corretto, ma la causa reale è la mancanza di liquidità su parte del portafoglio investito. Per fare fronte alle richieste degli investitori (con riscatti pari a miliardi di sterline) il fondo ha dovuto letteralmente svendere le azioni più liquide, facendone scendere il prezzo e mettendo peraltro in difficoltà anche gli altri investitori che detenevano questi titoli nei loro portafogli, per arrendersi quando il peso delle attività illiquide stava diventando preponderante.



Io mi auguro che i regolatori abbiano previsto un protocollo operativo qualora queste situazioni non dovessero essere più isolate ma accadere in serie, memori di quanto accade nel 2008.
Un noto gestore, Maurizio Novelli, ha descritto di recente uno scenario alla "George Orwell" che potrebbe sembrare fantascienza (un "blocco" dei riscatti deciso dai governi con gli investitori che mettono a pegno le quote dei fondi presso le banche centrali), ma dopo l'episodio dei fondi Gam e quest'ultimo della Woodford, non mi sembra più così assurdo.
Rimane pertanto fondamentale la fiducia nell'operato nelle banche centrali che siano in grado di scongiurare quei pericoli che iniziano ad essere portati alla luce dai più catastrofisti.

Michele de Michelis CIO, Frame Asset Management


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