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30/10/2019

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Incarnato (EY): quasi un italiano su due cambierà il proprio private banker

Una ricerca sui clienti di 26 Paesi dimostra come la tecnologia diventerà un fattore differenziante anche nella scelta dei gestori e del tipo di investimento


Abbiamo incontrato Giovanni Andrea Incarnato, partner EY e Italy Wealth & Asset Management Leader, in occasione della presentazione della ricerca "How do you build value when your clients want more than wealth?", realizzata da EY con la partecipazione dell'Associazione Italiana Private Banking (Aipb).

I clienti italiani del private banking sono differenti rispetto a quelli delle altre nazioni?

La ricerca ha mostrato che i clienti italiani sono meno fedeli alla propria banca rispetto al campione globale e questo comportamento risulta essere più rilevante all'aumentare del patrimonio e nei momenti di discontinuità della propria vita.

Quante nazioni sono state coinvolte nella ricerca?

Abbiamo consultato clienti in 26 nazioni, contattando più di 2.000 soggetti e anche 50 operatori internazionali. Abbiamo misurato il grado di fidelizzazione della clientela wealth per avere una misura efficace delle relazioni tra private banker e clienti.

Perché quasi un cliente su due sta pensando di cambiare referente?

Circa il 44 per cento dei rispondenti italiani pensa di cambiare operatore nel corso dei prossimi tre anni e la causa è principalmente la diffusione del digitale.

Questo diventerà il canale preferenziale di accesso alla wealth management e a tutti i servizi web. Per il 55 per cento dei clienti il canale mobile sarà il canale preferenziale di accesso, con la conseguenza che ci sarà una trasformazione degli operatori del settore. C'è un tipo di cliente nuovo nel mercato del wealth management?

Sta emergendo una nuova generazione di clienti, ancora minoritaria ma significativa, che punta alla personalizzazione dei servizi ed è sensibile all'evoluzione tecnologica. Si tratta di clienti particolari, che sono disposti a diventare "promoter" dei servizi di private banking presso i conoscenti. Sono clienti che diventeranno strategicamente più importanti ai fini della difesa della quota di mercato di ciascun operatore, degli influencer dei servizi che utilizzano. Sono maggiormente attenti alle politiche ESG e sono propensi a investire su prodotti di investimento alternativi. La tecnologia diventa fattore di differenziazione?

E' già così oggi, diventerà ancora più importante in futuro. I servizi saranno sempre più erogati in via digitale con comunicazioni puntuali e gli smartphone diventeranno predominanti.



Se pensiamo alla gamma di offerta, cosa è emerso?

Anche la gamma di offerta sta modificandosi, spezzando in due il mercato. Da un lato i clienti con un patrimonio inferiore ai 5 milioni di euro e dall'altro quelli con una disponibilità maggiore. Le sfide per gli operatori wealth sarà cercare di ingegnerizzare alcune fasi della della catena del valore di questi servizi al fine di ridurre il costo. Il tentativo sarà di rendere redditizi i servizi per una clientela con minore disponibilità economica, offrendo prodotti che teoricamente sono molto dispendiosi. Il costo del servizio, ovviamente, resta la discriminante e i prodotti molto personalizzati e che possono assecondare le richiesta dei clienti sono decisamente più costosi.

C'è poi il tema delle commissioni: cosa dice la ricerca in merito?

Le commissioni corrisposte dai clienti a fronte dei servizi ricevuti è un tema caldo. Solo un cliente su tre in Italia ritiene che pricing corrisposto per i servizi ricevuti sia congruo rispetto al valore intrinseco dei servizi ricevuti. Questo aspetto è stato confermato dalle testimonianze degli operatori di wealth management che hanno potuto commentare la ricerca.

E' importante, da parte degli operatori, migliorare la comunicazione del valore del servizio di consulenza a 360 gradi.

La consulenza quindi non è percepita correttamente?

Riteniamo che il valore complessivo di questa consulenza superi la somma dei valori dei singoli servizi, quindi viene erogato un ottimo servizio, ma poi viene meno la comunicazione degli stessi. Le divisioni private dei grandi gruppi bancari e alle private bank indipendenti devono posizionarsi come fornitori di consulenza, offrendo una consulenza olistica perché gli altri operatori, ovvero le fintech o le piattaforme di trading non sono nelle condizioni di poter esprimere un siffatto valore. E' una caratteristica peculiare delle banche commerciali e delle divisioni private poter fare leva sui prodotti del credito o i prodotti di bank insurance. Solo loro hanno la possibilità di offrire un servizio a 360 gradi ai clienti wealth.

La differenziazione quindi resta un valore in termini di consulenza?

Sebbene la nostra ricerca affermi che quote di mercato importanti, all'interno nel prossimo triennio, saranno guadagnate da parte di chi ha dei modelli di consulenza indipendente e dalle fintech, gli operatori wealth tradizionali, rappresentati dalle business unit private, resteranno centrali nell'offerta.


Ma la società di consulenza, in questa fase in cui è finita la regolamentazione spinta di questi anni, può muoversi all'interno delle svariate opportunità presenti sul mercato. Noi, per esempio, abbiamo conoscenze verticali di diversi e di differenti modelli di business, ai quali coniughiamo conoscenze dei modelli di servizio che possiamo abbinare attraverso le competenze riferite ai tanti progetti che realizziamo. Lo sviluppo di soluzioni tecnologiche, come la robotica, gli analytics nell'utilizzo dei big data, ci permettono di guardare al futuro con ottimismo perchè possiamo permettere ai clienti di ottenere risultati lusinghieri. All'interno del settore del wealth e dell'asset management, nello specifico, possiamo portare valore aggiunto perché abbiamo maturato le conoscenze e le competenze interne per poter supportare i clienti nell'adeguare il proprio modello di offerta, adeguare quindi il proprio modello di servizio in un rinnovato complesso competitivo.


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