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18/12/2019

economia

Gli investitori istituzionali prevedono una crisi finanziaria globale nei prossimi 5 anni

Bottillo (Natixis IM): la volatilità, il prosieguo del contesto di rendimenti storicamente bassi e l'interferenza estera nelle elezioni sono le tendenze chiave da seguire nei prossimi 12 mesi

Considerando i temi macroeconomici destinati a influenzare le tendenze degli investimenti nel 2020, gli investitori istituzionali globali sono preoccupati dall'aumento del livello del debito pubblico e della bassa crescita economica, come rivela l'ultimo Natixis Investment Managers Global Survey condotto tra 500 investitori istituzionali, tra cui fondi pensione aziendali, fondazioni, fondi pensione pubblici o statali, società di assicurazione e fondi sovrani in Asia, Europa, Nord America, America Latina e Medio Oriente.
Mentre i livelli del debito pubblico continuano a toccare nuovi record, la maggior parte (89%) degli investitori istituzionali è preoccupata dal loro impatto sull'economia globale. Questo sentiment ribassista nei confronti dell'indebitamento ha influenzato le aspettative circa la prossima crisi finanziaria globale, con l'83% dei partecipanti che prevede una contrazione nei prossimi cinque anni e il 58% che ipotizza un rallentamento anche prima, tra uno e tre anni.
Secondo Antonio Bottillo, Country Head ed Executive Managing Director di Natixis Investment Managers per l'Italia, "Negli ultimi dodici mesi gli investitori istituzionali globali hanno dovuto affrontare un complesso panorama di sfide macroeconomiche che hanno messo alla prova la costruzione dei portafogli per il 2020.

Tutto ciò li ha portati ad attendersi un rallentamento globale prima o poi. Nonostante le previsioni di recessione, l'incertezza è diffusa tra gli investitori e fino a oggi ha impedito loro di apportare modifiche significative ai portafogli, avendo adottato un approccio attendista".

L'interferenza estera nelle elezioni tra i fattori che guidano la volatilità

Oltre alla sfida rappresentata delle finanze pubbliche e della possibilità di recessione economica, gli investitori istituzionali monitorano il contesto politico globale che continua ad alimentare l'incertezza del mercato. Il 69% degli intervistati concorda nel valutare come un problema l'interferenza estera nei processi elettorali, mentre il 64% ha dichiarato che la campagna elettorale presidenziale statunitense è probabilmente una delle principali fonti di volatilità del mercato.
Dato che il contesto macroeconomico è sempre più complesso, le aspettative di una maggiore volatilità sono in aumento. Oltre la metà (52%) degli investitori istituzionali ne prevede un aumento in ambito valutario nel 2020, mentre oltre i tre quarti (77%) prevedono un incremento della volatilità dei mercati azionari.

Il 62%, infine, prevede una maggiore volatilità dei mercati obbligazionari.
Questi fattori possono essere il motivo per cui gli istituzionali classificano la volatilità come il loro principale rischio di portafoglio per il 2020 (53% degli intervistati), seguiti dai tassi di interesse perennemente bassi (50%). Gli intervistati si preoccupano anche dell'impatto di una stretta creditizia (37%) e di problemi di liquidità (35%), mentre uno su cinque è preoccupato dalla deflazione.

Gli investitori istituzionali ricorrono alla gestione attiva per affrontare la volatilità

Con l'aumento della volatilità e la sfida dei bassi tassi, circa la metà degli investitori istituzionali (46%) ritiene vi sarà anche una dispersione dei ritorni. Il conseguente aumento dello spread tra i prezzi dei titoli è forse una delle ragioni per cui il 75% degli investitori istituzionali afferma che i mercati favoriscono la gestione attiva. Questa dovrebbe essere una notizia gradita al 71% dei partecipanti che dichiara come oggi sia più difficile generare alfa, man mano che i mercati diventano più efficienti.
Gli investitori stanno aumentando la loro propensione a favore degli investimenti attivi (71%) per far fronte a questa crescente volatilità dei mercati e prevedono di mantenere il peso della gestione attiva al 70% e quello della gestione passiva al 30% nei prossimi tre anni.



Maggiore ricorso ai criteri ESG

Il 64% degli investitori istituzionali dichiara di aver implementato in qualche modo i criteri ESG nei propri portafogli. Anche se le istituzioni sono state generalmente all'avanguardia in questa pratica, si tratta di un aumento di quasi il 10% rispetto al 2017, mentre circa il 40% ancora non ha implementato la tematica ESG.
Il più delle volte, le istituzioni stanno investendo alla luce del potenziale di crescita, con più della metà (54%) degli investitori che afferma di vedere alpha nell'ambito ESG. Quasi lo stesso numero di coloro che affermano di investire seguendo i criteri ESG per allineare i propri asset ai valori organizzativi (57%). Quasi quattro su dieci (37%) implementano invece gli ESG per ridurre al minimo il rischio principale.

La ricerca di rendimento continua a essere difficile

Poiché i tassi di interesse rimangono a livelli estremamente bassi, gli investitori istituzionali ritengono sfidante andare alla ricerca di rendimenti. Di conseguenza, tre quarti degli intervistati ritengono di aver assunto rischi eccessivi nella ricerca di rendimento.



Oltre la metà degli investitori (56%) ritiene che le obbligazioni con rendimento negativo aumenteranno nel 2020, mentre il 54% degli intervistati teme che le banche centrali non abbiano gli strumenti necessari per gestire una nuova crisi.
L'incapacità di trovare fonti di rendimento negli attivi tradizionali ha indotto gli investitori istituzionali a rivolgersi ai mercati privati. Nel complesso, gli investitori ritengono che gli asset privati siano più adeguati degli attivi tradizionali per due funzioni critiche del portafoglio: offrire diversificazione (62%) e generare ritorni più interessanti (61%). Le strategie più comuni sono il private equity, con il 79% degli istituzionali che investe in questa asset class e il debito privato (76%).
Conclude Bottillo: "Un decennio di bassi tassi e modesta crescita economica hanno portato gli investitori alla ricerca di fonti alternative di rendimento. Poiché le attività tradizionali non offrono i ritorni di cui gli investitori istituzionali necessitano per ottenere i propri obiettivi a lungo termine, e date le loro aspettative di un'altra contrazione nel breve termine, quasi sette investitori istituzionali su dieci (68%) affermano che gli investimenti privati svolgeranno un ruolo più permanente nei portafogli futuri.


Gli investitori sanno che la politica potrebbe rendere i mercati più volatili e che i tassi di interesse potrebbero rendere ancora più difficile la ricerca di rendimento. Mentre la crescita globale è destinata a rimanere lenta, gli istituzionali sono consapevoli che ci vorrà del tempo e stanno aspettando pazientemente di vedere quali tendenze si manifesteranno effettivamente nell'anno a venire".  


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