E' la fuga dei cervelli il maggior deficit dell'Italia
Costanza (Credimi): oltre agli incentivi lo Stato potrebbe lavorare sulla semplificazione normativa per agevolare la nascita di aziende innovative capaci di intercettare i bisogni dei talenti
Da sempre la capacità di attrarre e trattenere i migliori talenti fa la differenza nello sviluppo di un'impresa, ma oggi sembra essere diventata una sfida molto più difficile. Basti pensare che secondo l'indagine Talent Trends Report 2019, condotta dalla società di risorse umane Randstad Sourceright su 17 Paesi, per il 76% dei manager la scarsità di figure con competenze avanzate è una preoccupazione costante ed è l'elemento che influenza maggiormente le performance aziendali.
In Italia la situazione è resa più complicata dalla nota fuga dei cervelli, che costa 14 miliardi di euro l'anno: poco meno di un punto di Pil e quasi metà dell'intera legge di bilancio 2020. Secondo il ministro dell'Istruzione, Lorenzo Fioramenti, ogni laureato che lascia l'Italia crea un danno alle casse dello Stato - sotto forma di tasse perse - da 250mila euro, 300mila se chi se ne va ha in tasca anche un master.

Negli ultimi 10 anni, i governi hanno studiato ogni tipo d'incentivazione al rientro dei cervelli: per esempio l'ultimo decreto crescita ha portato l'abbattimento dell'imponibile per i lavoratori rimpatriati dal 50% al 70% (addirittura al 90% se la residenza viene trasferita in una delle regioni del Mezzogiorno) e ha aumentato la durata del beneficio che in presenza di particolari condizioni (ad esempio per chi ha figli e per chi acquista un'abitazione di proprietà) può arrivare fino a 13 anni. E qualcosa inizia a muoversi: quest'anno per la prima volta Milano è entrata nella top 50 del Global Talent Competitiveness Index, presentato di recente a Davos, al 41esimo posto nella classifica mondiale delle città più allettanti per i talenti.
Eppure, secondo i dati Istat, tra il 2013 e il 2017 il numero di laureati espatriati è aumentato del 41,8%, mentre i rimpatri sono rimasti pressoché costanti. Di conseguenza, il saldo migratorio con l'estero è peggiorato negli anni. Solo nel 2017 sono emigrati circa 115mila italiani e più della metà era in possesso di un titolo di studio medio-alto: 33mila diplomati e 28mila laureati. Peggio: quasi 48 mila persone avevano tra i 18 e i 34 anni, mentre gli italiani tra i 35 ed i 49 anni che hanno lasciato il Paese sono stati 32mila.
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