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10/06/2020

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La tecnologia non è mai neutrale, dipende dall'uso - Punto e a capo

 

E' uno dei temi più dibattuti nei miei incontri, ma il motivo è il mondo e come lo percepiamo

Uno dei temi più appassionanti, apparentemente, è quello della lotta alle fake news.
Se ne parla tanto, ne parlano tanto i politici ma poi sono i primi a cascarci. E non serve parlare di Trump, anche qui da noi ci sono esempi clamorosi. Fa parte del gioco della politica e ci si augura che sia fatto in buonafede (!).
Durante l'ultimo periodo spesso mi si pone la domanda su come combattiamo questo genere di cose, ma la risposta non c'è.
Mi limito a fornire degli elementi per comprendere meglio il problema.

La tecnologia non è mai neutrale, dipende dall'uso - Punto e a capo

Se dal punto di vista sociologico è facile comprendere che la natura umana racconta "bugie" per svariati motivi, dal difendersi o per cercare il consenso giusto per citarne un paio, l'uso della tecnologia nei media sta creando una polarizzazione assurda, delle cornici informative, delle bolle cognitive che finiscono con l'influenzare le persone.
Giusto per visualizzare il concetto, viviamo in uno scontro informativo tra la realtà e la realtà dipinta dalla pubblicità, la nostra famiglia e quella felice del Mulino Bianco di una volta, tra il mondo nostro, tra quello che percepiamo e dal modello che ci viene proposto.
Sto parlando di scienze sociali, in cui la tecnologia non c'entra.
Racconto sempre che la tecnologia è neutrale, nasce neutrale, ma dipende da come viene impiegata per definire se è buona o cattiva, ma anche dalla scala del tempo. L'energia nucleare, che oggi definiamo cattiva per definizione perché abbiamo scoperto molto dopo che non è l'ideale, si è trovata ad un bivio: da una parte fonte di energia (buona) e dall'altra come bomba (cattiva). La tecnologia era la medesima.

Seguici: 

Questo è un buon esempio perché ci dimostra che la tecnologia non è neutrale nei fatti, ma soprattutto può essere giudicata molto dopo il suo uso.
L'intelligenza artificiale, o comunque degli algoritmi sofisticati, prendono dei dati in ingresso e producono delle informazioni in uscita.
Nel caso dei social media, prendono elementi che sono a noi affini e li ripropongono sui nostri schermi.
La tecnologia, apparentemente neutrale, non lo è, continua a propormi informazioni che potrebbero interessarmi ma non mi permettono, invece, di allargare la visione.
Questo modo di operare, che vale anche per molti media tradizionali e gestiti da persone in carne ed ossa, finisce con il polarizzare le posizioni e allontanare le persone, dividerle.
I fenomeni del no-vax, che oggi sembra fantascienza, piuttosto che il 5G come veicolo del coronavirus sono esempi lampanti.

L'effetto Dunning-Kruger, per cui più si è ignoranti e più si è convinti della propria posizione, fa il resto. Le posizioni si arroccano, si scatena l'aggressività che spesso è solo da tastiera, ma non solo, si diventa complottisti perché nessuno ha più voglia di mettersi nei panni degli altri, sentire le motivazioni.
I social, la tecnologia, hanno accelerato questo processo e non sarà una legge, come promette Trump, a fermarli.
A tutto ciò c'è l'abitudine consolidata di quello che definisco "il benaltrismo", ossia c'è una cosa ma è di altro che bisognerebbe occuparci.
Dimentichiamo che molte persone hanno lottato negli anni per raggiungere determinati diritti, che noi consideriamo acquisiti, ma che siamo disposti a buttare ai fiori in nome di qualcosa che potrebbe dare un vantaggio o un sollievo immediato. Penso alla privacy e qui penso ad Immuni e i suoi simili, ma penso anche alla democrazia che il lockdown ha messo, in tanti Paesi che si considerano avanzati, in allarmante pausa.

Il progresso non si ferma, ma lo si può governare. La tecnologia è parte del progresso, ma non commettiamo l'errore di credere che sia l'unica forma di progresso. Il progresso avviene anche senza il digitale.
E' sempre stato così .

 

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