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23/09/2020

economia

FED: braccio di ferro tra tassi nominali e reali

 

Peter De Coensel (DPAM): il cambiamento di paradigma nella strategia monetaria è un campanello d'allarme per gli investitori obbligazionari globali

Da Jackson Hole, il presidente della FED, Jerome Powell, ci ha spiegato che l'orientamento verso un "target flessibile dell'inflazione media" sta essenzialmente ampliando la larghezza dello spettro d'inflazione intorno al 2%. Quando l'indice della spesa per consumi personali (PCE) inizierà a superare il 2%, la FED non cercherà di modificare e inasprire la sua politica sui tassi d'interesse. Dalla fine di agosto, diversi governatori della FED hanno sottolineato nei loro discorsi che un'inflazione che si aggira tra il 2,5% e il 3% non causerebbe problemi. Questa è invece esattamente la media che dovrà essere presa in considerazione per ottenere un risultato intorno al 2%. Dato che negli ultimi 8 anni l'inflazione è stata al di sotto delle aspettative, per registrare un notevole incremento, dovremmo sperare in un aumento inflazionistico che sia duraturo, per almeno 3-5 anni. Questo sarebbe lo scenario ottimale. Potrebbe benissimo essere che, dati i venti contrari strutturali relativi alla demografia e alla produttività, la FED e il governo americano siano spinti ad un uso sempre meno convenzionale degli strumenti nel 2020 e nel 2021, al fine di aumentare il livello generale dei prezzi. La FED dovrà far crescere ulteriormente i suoi bilanci, consentendo alla politica fiscale di sostenere la domanda e gli investimenti pubblici/privati. Questo nuovo obiettivo comporta problemi per gli investitori obbligazionari? Sì, e potenzialmente significativi, perché livelli di inflazione ben al di sopra del 2% aprirebbero le porte ad un mercato obbligazionario ribassista, destabilizzando le aspirazioni di crescita del capitale reale in tutti i settori obbligazionari statunitensi. È necessario capire:

FED: braccio di ferro tra tassi nominali e reali

- Quando i tassi di inflazione inizieranno ad andare oltre il 2%?
- Per quanti anni potrà rimanere in vigore una tale interpretazione positiva di inflazione superiore al 2%?
- Oltre quale livello di inflazione la FED cambierà la sua politica sui tassi d'interesse?

La dichiarazione sugli obiettivi a lungo termine e la strategia di politica monetaria pubblicata il 27 agosto non forniscono alcuna risposta in merito ed anche il concetto del tasso di disoccupazione che avrebbe normalmente portato ad un aumento dell'inflazione non è più valido. L'occupazione massima si riferisce meno al livello di disoccupazione ma più alla qualità del lavoro. Quindi, in sostanza, l'incertezza per gli investitori obbligazionari è aumentata nelle ultime due settimane. Questo dovrebbe tradursi, nel tempo, in un premio di rischio più elevato.

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Tuttavia, è giusto dire che l'attuale curva OIS degli Stati Uniti (overnight index swap) non lascia dubbi e rivela che i tassi di interesse si aggireranno intorno allo 0,50% nel 2030 e rimarranno invariati nei prossimi 5 anni. Il mercato ci dice che sarà difficile raggiungere il 2% delle aspirazioni inflazionistiche, come dimostra il triste record di inflazione della FED nell'ultimo decennio. Eppure, matematicamente, la gamma di percorsi inflazionistici che non prevede alcuna misura è aumentata. I mercati non dovrebbero temere taper tantrums con un'inflazione del 2,5% o addirittura del 3%. Ma, per proteggersi da questi potenziali episodi futuri, gli investitori stanno aumentando le loro partecipazioni nei TIPS statunitensi. È l'opzione migliore.
Gli investitori si stanno riversando verso obbligazioni legate all'inflazione da aprile, dopo la brutale illiquidità causata dallo spavento deflazionistico di marzo. Nell'ultima settimana, abbiamo già visto alcune raccolte di utili, spingendo gli attuali tassi di break-even a 30 anni e a 10 anni (ovvero la differenza tra tassi nominali e reali statunitensi) a scendere di circa 10 punti base (pb) verso l'1,7% e l'1,78% rispettivamente. Stiamone certi, il mercato testerà nuovamente i massimi sopra l'1,8% degli ultimi tempi e anche il livello del 2%. Ci si può aspettare che il limite inferiore per gli swap di inflazione a termine 5y5y diventi del 2%. L'esito di Jackson Hole è stato il segnale per sfondare saldamente il 2%. Abbiamo chiuso venerdì al 2,09%.

Se la crescita economica globale inizierà a riprendersi in modo più sincronizzato, possiamo aspettarci un attacco verso il livello del 2,50%. Ma questo significa che dobbiamo prepararci a un mercato ribassista in obbligazioni nominali? Questo non è il nostro assunto di base. I tassi sono fissati in base a condizioni marginali di domanda/offerta.
L'acquirente marginale era un tempo rappresentato dai grandi investitori istituzionali di tutto il mondo. Attualmente, invece è la FED. La parola flessibilità tiene a bada i tassi nominali Con il tasso del Fondo Fed ancorato al limite zero, potremmo vedere un ulteriore aumento della pressione. Ma l'ancoraggio solido impedirà ai tassi a lungo termine di salire in modo aggressivo. Siamo ad almeno due, forse tre anni dal raggiungimento dei risultati globali registrati alla fine del 2019. La flessibilità del quantitative easing limiterà i premi a termine. L'aumento delle aspettative di inflazione si tradurrà in tassi reali stabili o più bassi. Poiché un'improvvisa impennata dell'inflazione non è il nostro scenario base, non temiamo un mercato obbligazionario come quello del 1994. Ci aspettiamo il braccio di ferro tra tassi reali e nominali, una competizione che favorisce l'esposizione ai primi rispetto ai secondi.

Il cambiamento di paradigma nella strategia monetaria della FED è un campanello d'allarme per gli investitori obbligazionari globali. Dovrebbe spingere l'interesse globale a favore di titoli di Stato legati all'inflazione. I programmi di acquisto delle banche centrali sollevano le aspettative di inflazione. Inoltre, frenano l'aumento dei tassi nominali. Soprattutto con tassi di interesse destinati a rimanere bassi nei prossimi tre anni. Nella migliore delle ipotesi, i tassi reali hanno spazio per scendere più in profondità in territorio negativo. Nel peggiore dei casi rimangono stabili o si adeguano più lentamente rispetto ai tassi nominali.
Peter De Coensel, CIO Fixed Income di DPAM



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