Con la pandemia cresce l'interesse delle imprese italiane per il Risk Management
Francesca Tagliapietra (Deloitte): non stanno però investendo sufficientemente nella gestione dei molteplici rischi connessi a terze parti, nonostante gli incidenti e i danni aziendali siano in costante aumento
La maggioranza delle aziende italiane e globali si è trovata impreparata di fronte allo shock esogeno dell'emergenza sanitaria COVID-19 nella gestione dei rischi connessi a terze parti, nonostante la crescente dipendenza proprio da partner esterni per quanto che riguarda supply chain, servizi di assistenza, vendite e distribuzione. E' quello che emerge dalla 5° edizione del rapporto "Third-Party Risk Management" di Deloitte.
La survey, condotta su un campione di 1.145 rispondenti - CFO, responsabili degli acquisti, CRO (Chief Risk Officer), Head of Internal Audit, responsabili dell'IT Risk Management e della compliance - di aziende da 20 Paesi nel mondo, mette però in luce un crescente interesse da parte delle imprese nella gestione dei rischi estesi a tutte le relazioni con le terze parti. Un trend ovviamente accelerato dai nuovi scenari ridefiniti dalla pandemia globale, che ha messo in luce le criticità e vulnerabilità connesse alla dipendenza da altri attori di mercato.
Secondo Francesca Tagliapietra, Partner di Deloitte all'interno della Service Area Risk Advisory, "la crisi indotta dalla pandemia COVID-19 ha reso più attuale che mai la necessità di presidiare le attività e i sistemi di risk management, ripensando le strategie alla luce del nuovo contesto. La survey condotta da Deloitte a livello globale evidenzia, infatti, che le imprese non stanno investendo sufficientemente nella gestione dei molteplici rischi connessi a terze parti, nonostante gli incidenti e i danni aziendali sia in costante aumento".
In sintesi, l'edizione 2020 dello studio analizza i principali risultati emersi dalla ricerca sulla base di sei principali aree tematiche:
1. Il costo del fallimento di sub-fornitori o terze parti. A livello globale, il 50% dei rispondenti ritiene che l'impatto finanziario del fallimento di partner esterni strategici sia raddoppiato negli ultimi cinque anni, mentre il 20% ritiene che sia addirittura decuplicato. Non è casuale che rispetto agli anni precedenti le imprese rivelino una crescente preoccupazione circa la dipendenza e la vulnerabilità verso terze parti. Le aziende italiane si rivelano però mediamente più preparate nella prevenzione dei rischi: rispetto al dato internazionale (17%), solamente 1 su 10 dichiara di aver subito un incidente connesso a terze parti con un impatto grave/elevato sul business (customer service, perdita finanziaria, danno reputazionale, violazione di regolamenti, ecc.)
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