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20/01/2021

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Marisa Campagnoli (ADP): HR sempre più strategiche e attente allo sviluppo del business

E' una funzione in continua evoluzione e l'emergenza sanitaria ha fatto emergere l'importanza della tecnologia, che consente di gestire una forza lavoro sempre più eterogenea e con esigenze diverse

La pandemia da COVID-19 ha ridefinito il ruolo delle Risorse Umane, facendo evolvere il loro ruolo. Ne abbiamo parlato con Marisa Campagnoli, HR Director di ADP Italia. Ne abbiamo parlato con Marisa Campagnoli, HR director ADP Italia.

Il 2020 è stato l'anno delle sfide più importanti per le HR. Quali sono stati i nodi principali?

Sono diversi i trend che caratterizzano il 2020. Innanzitutto, sta avvenendo un processo di automazione e digitalizzazione che riguarda in generale tutte le aziende e la loro struttura HR interna. È un processo in cui le attività a scarso valore aggiunto, ovvero quelle che prevedono dei task ripetitivi che possono essere automatizzati, vengono digitalizzate, velocizzando così i processi decisionali e liberando spazio ad attività più strategiche per la struttura HR.
Questo impiego della tecnologia è stato introdotto già da qualche anno e probabilmente si svilupperà anche in futuro: si tratta di un passaggio fondamentale perché la riduzione delle attività di scarso valore aggiunto permette una continua evoluzione del ruolo HR, una maggiore attenzione alla strategia, nonché un migliore sviluppo del business.


Altro trend già evidente negli ultimi anni, e che è stato accelerato dalla pandemia, è quello della necessità di lavorare su un modello di lavoro agile, di cui lo smartworking ne rappresenta solo una parte. Anche alla base di questo processo ci deve essere la tecnologia, che gioca un ruolo fondamentale. Alle persone viene richiesto di essere flessibili e le aziende devono fornire gli strumenti per rispondere a questa necessità, e questo comporterà sicuramente dei cambiamenti. È una sfida per l'HR, che dovrà gestire una forza lavoro sempre più eterogenea dal punto di vista, per esempio, dei contratti e degli orari, essendosi anche sviluppati, con il lavoro agile, dei team di lavoro sempre più globali.
Per quanto riguarda l'engagement, ovvero il coinvolgimento del dipendente, si sta prestando attenzione a monitorare ogni connessione tra il lavoratore e l'azienda. Ne sono un esempio i piani di sviluppo, di carriera, etc. Si stanno per esempio iniziando ad adottare dei piani personalizzati rispetto ai vari componenti della strutturazione aziendale. Sarà un trend fondamentale su cui si discuterà in futuro.


Una tendenza che si è poi delineata dopo questo periodo di smartworking, è lo sviluppo di programmi di wellness che siano a supporto del lavoratore.
Infine, sfide importanti rimangono la coesistenza di generazioni diverse, che hanno obiettivi e aspettative differenti, e la necessità di realizzare una comunicazione esterna immediata e trasparente, che sfrutti le opportunità create dalla tecnologia.

Come si è passati da una gestione tradizionale del personale al remote working? Come si è tradotto il necessario cambio di passo nella gestione delle HR?

Per alcuni il passaggio verso il lavoro da remoto è stato una novità, per altre aziende, invece, è stato un'estensione di pratiche già presenti. Quando si introduce il concetto di smartworking, occorre inevitabilmente che l'azienda maturi una cultura di responsabilità e di rapporto di fiducia con il lavoratore, ripensando la gestione delle persone e del team in quest'ottica. Dal punto di vista manageriale si deve fare attenzione a bilanciare i carichi di lavoro, poiché lo smartworking può portare a una divisione disuguale dei carichi.


Importante è anche l'utilizzo consapevole dei mezzi tecnologici a disposizione che, in alcuni casi, possono essere anche molto invasivi.
In questa situazione, probabilmente è necessario un modello di leadership che sia ancora più empatico, visto che manca la parte relazionale degli incontri di presenza.

In questa pandemia, come si è evoluto il rapporto tra lavoratore e azienda?

L'aspetto più difficile è legato alla fiducia reciproca. In questo senso, lo sforzo delle aziende è quello di riuscire a valorizzare il rapporto interpersonale, favorendo il coinvolgimento del lavoratore.
Per esempio, ADP ha introdotto lo smartworking fin da subito, forti del fatto di essere preparati dal punto di vista tecnologico. I dipendenti hanno apprezzato questa decisione e le valutazioni sono state positive. Tuttavia, è stato notato il fatto che ai lavoratori mancasse soprattutto la comunicazione informale, il caffè con il collega per dirla in modo semplice, che non è facilmente sostituibile. Anche se si tenta di organizzare un incontro virtuale, si tratta comunque di eventi organizzati e indirizzati, nei quali viene meno la casualità dell'incontro diretto.


La sfida è riuscire ad adattare un mezzo molto formale, come gli incontri virtuali, a un'esperienza informale.

Nuovi skill e formazione sono ancora di più alla base delle richieste dei dipendenti. Come assicurare loro le giuste risposte, tenendo conto del lavoro da remoto?

Sono stati fatti passi da gigante nell'ambito dell'e-learning. C'è la possibilità di tradurre gran parte della formazione che veniva fatta in presenza in modalità online e si è accelerato il trend della costruzione di moduli di formazioni da remoto. È fondamentale mantenere questo andamento poiché l'e-learning prevede delle modalità molto efficaci ed è sempre più fondamentale nel mondo del lavoro odierno.

È ormai chiaro che dallo smartworking non si tornerà più indietro. Cosa cambierà per le organizzazioni?

Tutte le aziende che ne avranno la possibilità, dovranno fare una riflessione sul perché sia importante lo smartworking e quanto abbia un senso o meno l'andare in ufficio. Ovviamente una fabbrica non può prevedere il lavoro agile per i suoi operai, ma per tutti i cosiddetti lavori "da scrivania" sarebbe opportuno creare un modello ibrido.



Avere un modello che contempla giorni in ufficio alternati a lavoro da remoto, può significare un aumento dell'engagement e può aprire possibilità di carriera superiori, impattando in modo generale sul benessere delle persone. Occorre poi ridisegnare gli spazi stessi dell'ufficio, poiché l'ambiente di lavoro diventa più dinamico.
Questo discorso probabilmente non sarà immediato in Italia, ma sicuramente porterà a dei cambiamenti definitivi. Sarà necessario lavorare in termini di organizzazione delle persone che lavorano da remoto, in modo da definire i ruoli e le aspettative, stabilire delle linee guida per la collaborazione del team, concentrarsi sulle performance dei lavoratori con check-in molto più frequenti. Si deve creare anche un modello di comunicazione il più aperto possibile.

Per il 2021 una delle principali preoccupazioni dei lavoratori è la perdita del lavoro o di una parte dello stipendio. Quali scenari possono aprirsi?

Ci potranno essere dei seri impatti occupazionali, ma è difficile fare una previsione. Prima o poi finiranno gli ammortizzatori sociali e questo avrà delle conseguenze sulla disoccupazione.


Si spera che le aziende facciano un ragionamento sul lungo e medio periodo, in modo da non perdere le persone e le competenze che sono il vero patrimonio dell'azienda. Questo tipo di approccio dovrebbe essere favorito da un progetto più allargato, un progetto Italia potremmo definirlo.
Ci sarà probabilmente una revisione normativa legata allo smartworking, ma verosimilmente non andrà a impattare sullo stipendio. Fino a ora lo smartworking non è stato normato, forse anche volontariamente, poiché l'obiettivo è quello di far aumentare la produttività, per cui è necessaria una certa flessibilità e una normativa nazionale probabilmente non sarebbe molto d'aiuto. A livello di azienda, invece, il contratto di smartworking deve essere normato con accordi sindacali, rispettando la dialettica tra azienda e rappresentanze sindacali.  


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