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03/02/2021

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Filippo Giannelli (ServiceNow): la digitalizzazione è l'imperativo per la sopravvivenza delle aziende

Frequentemente lo scoglio è più culturale che tecnologico e richiede anche uno sforzo importante di formazione delle risorse umane

La pandemia ha cambiato probabilmente in via definitiva il rapporto fra dipendente e azienda, modificando i processi e gli spazi di lavoro, ma ha costretto anche ad una rivisitazione delle strategie e dei canali di vendita. Ne abbiamo parlato con Filippo Giannelli, Responsabile ServiceNow Italia.

Siamo a quasi 12 mesi dall'esplosione della pandemia in Italia. Come si è evoluto il modo di lavorare per le aziende? Che cosa hanno imparato le imprese italiane?

La pandemia, nel bene e nel male, ha modificato le regole del gioco e costretto le aziende a compiere un salto tech generazionale in pochi mesi. I progetti di trasformazione digitale che prima impiegavano anni per essere implementati, sono stati accelerati in un modo senza precedenti e alcune applicazioni critiche sono state messe in produzione in poche settimane.
Le principali strategie adottate per far fronte alla crisi hanno visto la riorganizzazione del rapporto fra dipendente e azienda, modificando i processi e gli spazi di lavoro, ma anche una rivisitazione delle strategie e dei canali di vendita.

La digitalizzazione è stato l'imperativo per la sopravvivenza e spesso ha comportato la rivisitazione dei piani industriali a lungo termine.
Tuttavia, digitalizzare i processi core non è sufficiente. L'evoluzione digitale avviene quando le aziende re-inventano e innovano espandendosi a nuovi prodotti, clienti e mercati, e la pandemia ha fornito la giusta "scusa" per far partire questo tipo di iniziative che vengono percepite ad alto rischio.

Quali sono stati, nella vostra esperienza i settori che hanno reagito meglio e quelli che hanno avuto più difficoltà?

Sicuramente i settori industriali e manifatturiero hanno avuto maggiori difficoltà mentre le realtà con una strategia di digitalizzazione già matura si sono trovate avvantaggiate.
Spesso lo scoglio per mettere in campo un efficace processo di digitalizzazione è culturale più che tecnologico e richiede uno sforzo importante di formazione delle risorse umane.
Sul piano operativo le aziende aperte alle soluzioni cloud o meglio ancora che già avevano fatto del cloud una loro strategia sono state in grado di adattarsi in tempi record e in alcuni casi senza sforzo.


Viceversa, le realtà ancora restie all'adozione del cloud hanno dovuto affrontare difficoltà notevoli per consentire ai propri dipendenti di lavorare da casa. Pensiamo ad esempio cosa può significare dotare migliaia di dipendenti di laptop, VPN, videoconferenza e la formazione necessaria per essere produttivi lontani dall'ufficio in contrapposizione ad una situazione dove il personale è già abituato a lavorare ovunque ci si trovi e utilizzando molteplici device.

Posto che il remote working sarà una pratica diffusa, come vede l'operatività delle aziende post covid?

Sono fermamente convinto che il risultato a lungo termine sarà un panorama notevolmente diverso da quello pre-pandemia. Questa ormai è la nuova realtà e le aziende che riescono ad essere produttive - e in alcuni casi lo sono state più di prima - impiegando una forza lavoro distribuita continueranno ad offrire questa flessibilità ai propri dipendenti.
Sul piano sociale ed economico è difficile fare previsioni accurate ma è possibile scorgere un futuro dove le metropoli si svuoteranno a favore dei piccoli centri dove qualità e costo della vita sono più vantaggiosi e le aziende che potranno offrire il lavoro da remoto avranno accesso ai talenti in maniera più competitiva rispetto a quelle che adotteranno il modello dell'ufficio tradizionale.



Non solo, tutte le iniziative di trasformazione digitale saranno viste come la vera locomotiva per la generazione del valore in azienda: sicuramente da parte delle realtà che le avevano già intraprese e ne vedono i benefici tangibili, ma anche da tutte quelle aziende che le percepivano come un rischio non indispensabile per garantire la propria continuità di business.

Nel New Normal la continuità operativa è diventata una priorità. Quanto conta il workflow digitale e come lo si implementa?

La digitalizzazione dei workflow è un processo chiave per assicurare la continuità operativa, perché permette di modernizzare e ripensare i processi che prima dovevano essere compiuti manualmente, o con tecnologie non più adatte al contesto attuale, e di poter gestire le criticità anche da remoto.
Per esempio, se un dipendente avesse bisogno di sostituire un device, per l'azienda sarebbe un punto critico riuscire a gestire questa operazione senza che le persone coinvolte si trovino fisicamente insieme e nel minor tempo possibile. Un workflow digitale in grado di mettere in comunicazione il dipendente, l'IT, il procurement ed eventualmente le HR risolverebbe il problema e sostituirebbe il device difettoso in pochi click e senza ricorrere a dispendiose telefonate o alla compilazione di moduli cartacei.



Recentemente, in collaborazione con uno dei nostri storici clienti, abbiamo analizzato uno dei processi che nel settore finanziario ha acquisito ancora più rilevanza nell'ultimo anno: la soft recovery dei crediti noti nel settore come Non Performing Loans o NPL.
Grazie alla Now Platform e alla soluzione di Financial Services Operations i nostri esperti sono riusciti a confezionare un workflow digitale che consente di abbattere drasticamente i tempi di lavorazione delle pratiche di recupero e aumentare significativamente il rientro degli insoluti, ma cosa forse ancora più importante, trasformare la frustrazione degli addetti, prima costretti a lavorare su molteplici sistemi disconnessi fra loro, in autentico entusiasmo produttivo.  


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