BusinessCommunity.it

17/02/2021

fare

Per gli italiani è la formazione a tutelare il lavoro dalla crisi

La maggioranza dei lavoratori assegna al datore di lavoro la responsabilità dell'aggiornamento competenze e del reskilling in caso di disoccupazione

Per i dipendenti italiani la formazione è lo strumento fondamentale per garantire l'occupabilità durante la crisi e guardare con fiducia al futuro. Un bagaglio di cui la grande maggioranza sente di disporre: l'85% dei lavoratori del nostro Paese dichiara di aggiornare regolarmente le sue competenze, 4 punti in più della media globale (ben sopra i tedeschi, 73%, i francesi, 70%, e gli inglesi, 73%). E l'86% ritiene oggi, nel pieno della pandemia, di possedere le competenze necessarie per trovare impiego in un'altra azienda o in un altro settore, più di tutte le persone tra i 45 e i 54 anni (che sfiorano il 90% di risposte).
Quasi otto lavoratori su dieci (79%), inoltre, affermano di disporre delle apparecchiature e delle tecnologie necessarie per affrontare la trasformazione digitale del lavoro, con una discreta omogeneità di genere e di età. Mentre solo il 38% dei dipendenti ha giudicato "difficile" acquisire nuove competenze per adattarsi al lavoro durante l'emergenza COVID-19.
Sono alcuni risultati del Randstad Workmonitor, l'indagine semestrale sul mondo del lavoro di Randstad, che ha analizzato la percezione dei lavoratori su competenze professionali e ambiente di lavoro durante la pandemia.


Una ricerca condotta in 34 Paesi del mondo su un campione di oltre 800 dipendenti di età compresa fra 18 e 67 anni per ogni nazione.

Le imprese devono fornire formazione

Secondo gli italiani, la responsabilità dell'aggiornamento delle competenze è indiscutibilmente del datore di lavoro, indicato dal 50% degli intervistati (22 punti in più della media globale). Solo per il 33% questa responsabilità è condivisa tra dipendente e datore di lavoro, la visione più diffusa nella media globale (51%). Per il 16% è principalmente dei dipendenti (e per l'1% dei sindacati).
Allo stesso modo, quasi metà dei lavoratori (47%) assegna al datore di lavoro anche la responsabilità di riqualificare i dipendenti nel caso restassero disoccupati a causa della crisi COVID-19, per favorirne la rioccupabilità; solo in minor misura chiamano in causa il governo (24%), i dipendenti stessi (21%) o i sindacati (8%).
Emerge tuttavia un sodalizio con l'impresa: durante la pandemia il 66% dei lavoratori ha avvertito un sostegno mentale ed emotivo da parte del datore di lavoro (giudizio omogeneo per genere, ma più sentito fra i più giovani, tra i quali arriva al 70%).

Con una preoccupazione per il futuro: nel mondo che verrà dopo la pandemia, circa metà dei dipendenti italiani (51%) pensa che i datori di lavoro avranno difficoltà a trovare talenti adatti per le esigenze aziendali.
"È importante che dal campione delle persone coinvolte nella ricerca sia stata riconosciuta la centralità della formazione come strumento di crescita personale e di risposta alla crisi", afferma Fabio Costantini, COO di Randstad HR Solutions (nella foto). "Ed è un segnale di fiducia per il futuro il fatto che due lavoratori su tre affermino di disporre già di una robusta e sufficiente preparazione per affrontare gli imprevisti.
Ma questa è anche una responsabilità, per tutti. Nel pieno della pandemia, è fondamentale che le aziende mettano al centro processi di upskilling e reskilling come strumento di crescita e riqualificazione della forza lavoro, oltre che come sostegno ai percorsi di transizione di carriera che dovessero rendersi necessari. E in una fase di allungamento della lavorativa, nel pieno della trasformazione digitale, è fondamentale che venga anche dagli stessi lavoratori l'impegno alla manutenzione, all'aggiornamento e alla riqualificazione costante delle proprie competenze
".




Creare un ambiente inclusivo

La formazione, secondo i lavoratori, è anche l'elemento più importante per giudicare gli sforzi di un datore di lavoro nel creare un ambiente inclusivo: l'impegno all'aggiornamento della forza lavoro è al primo posto in classifica con il 36% di preferenze, seguita dalla creazione di una forza di lavoro diversificata (34%), dalla creazione di ambiente e spazi di lavoro inclusivi (30%), dall'incoraggiamento dei gruppi di risorse (28%) e dalla presenza di posizioni di leadership di persone provenienti da contesti differenti (24%).
Meno importanti, poi, vengono la responsabilità sociale d'impresa sotto forma di donazioni o raccolte fondi, la collaborazione con organizzazioni senza scopo di lucro, la pubblicità delle politiche sull'inclusività, la pubblicità del datore di lavoro e - in ultimo, poco considerate - le giornate di volontariato dei dipendenti.
In linea con la media globale, però, gli italiani apprezzano l'ambiente di lavoro che la loro impresa ha saputo costruire: mediamente il 77% lo ritiene "inclusivo" (contro l'80% nella media globale), una percezione omogenea tra uomini e donne (78% e 76%), ma più sentita dai lavoratori della fascia 35-44 (83%).


Un ecosistema in cui spesso aspettative e realtà collimano: secondo i lavoratori la propria azienda ha effettivamente dimostrato di essere inclusiva negli sforzi per la formazione nel 36% dei casi (completa simmetria rispetto alle attese), nella creazione di una forza di lavoro diversificata (29% di risposte), in un ambiente e uno spazio di lavoro inclusivi (20%), nell'incoraggiare i gruppi di risorse o inserendo leader provenienti da contesti differenti entrambi (nel 19%).
"L'inclusività è un elemento sempre più sentito come ?bene comune' dalle persone, un fattore chiave per il benessere lavorativo, ma anche la crescita e lo sviluppo", commenta Costantini. "Le organizzazioni italiane negli ultimi anni hanno compiuto grandi passi avanti in questo ambito e oggi c'è attenzione alla creazione di ambienti, spazi, gruppi di lavoro inclusivi. Ma è necessario un ulteriore progresso in termini di ?democrazia aziendale' affinché ambiente e persone si riflettano pienamente l'uno nell'altro".


ARGOMENTI: marketing - retail - ecommerce - intelligenza artificiale - AI - IA - digital transformation - pmi - high yield - bitcoin - bond - startup - pagamenti - formazione - internazionalizzazione - hr - m&a - smartworking - security - immobiliare - obbligazioni - commodity - petrolio - brexit - manifatturiero - sport business - sponsor - lavoro - dipendenti - benefit - innovazione - b-corp - supply chain - export - - punto e a capo -

> Vai al sommario < - > Guarda tutti gli arretrati < - > Leggi le ultime news <

Copyright © 2009-2024 BusinessCommunity.it.
Reg. Trib. Milano n. 431 del 19/7/97
Tutti i Diritti Riservati. P.I 10498360154
Politica della Privacy e cookie

BusinessCommunity.it - Supplemento a G.C. e t. - Reg. Trib. Milano n. 431 del 19/7/97
Dir. Responsabile Gigi Beltrame - Dir. Editoriale Claudio Gandolfo


Copertina BusinessCommunity.it