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Costa (WPP): La comunicazione tassello fondamentale per il rilancio dell’economia

Le proposte di WPP per ridare natura e spessore a un comparto ancora molto importante, anche in termini di responsabilità e occupazione, per contribuire al rilancio del Paese e alla crescita delle aziende

La crisi ha accelerato i cambiamenti, che in gran parte del mondo sono già avvenuti. Le aziende italiane devono trovare nuovi mercati, ma oggi più che mai occorre aiutarle a capire culturalmente lo scenario di riferimento e favorire il cambio del loro sistema di business e di comunicazione. Scelte strategiche che coinvolgono anche il sistema-Paese. Ne parliamo con Massimo Costa, Country Manager WPP Italia, in occasione del 1° Forum WPP, su “Generare Valore e Cambiamento culturale”, tenutosi a Milano.


Perchè creare un Advisory Board di WPP?

Nasce con l’intenzione di riportare la comunicazione al centro delle attenzioni della business community, evidenziandone le valenze positive e distinitive. A mio parere, la comunicazione è un comparto essenziale per innescare le dinamiche dei consumi, che attiva un indotto qualificato, e crea posti di lavoro. Significa affrontare la crisi e supportare lo sviluppo, tornare a rispondere ai bisogni reali delle aziende, dipanare la criticità dei nuovi modelli di business della pubblicità e dell’editoria.
Abbiamo creato l’Advisory Board, identificandone i compomenti, perchè la crisi ha accelerato i cambiamenti nel nostro business.

Cambiamenti che non sono in essere, ma sono già avvenuti. Quindi, leggere questi cambiamenti, rimodellare i nostri obiettivi e i nostri business model diventava molto importante. Ci sembrava corretto farlo con qualcuno che avesse la statura professionale e la conoscenza della comunicazione in generale, come i membri dell’Advisory Board hanno dimostrato, senza avere la quotidianità che troppo spesso sclerotizza i player in un settore specifico. Quindi, avere dei comunicatori o gente che di comunicazione vive, ma esterna e parallela al nostro mondo.




Da chi è composto L’Avvisory Board?

Abbiamo coinvolto Gad Lerner (giornalista); Donatella Treu (AD Gruppo Sole24Ore); Marco Costaguta (forse il massimo esperto di fast moving consumer goods in Italia e, nonchè ex presidente delle operation di Bain nel nostro Paese); Franco Riva (uno del massimi esperti di Merge & Acquisition in mondi vicini al nostro, ma senza sfiorarci più di tanto), Paolo Ainio, che oltre che a parlare di digitale, è anche l’unico in Italia ad aver incassato parecchio da quella che ancora oggi credo che sia la più importante operazione finanziaria nel business digitale); e Antonio Baravalle (che resta, insieme a pochi altri, uno dei giovani nuovi manager italiani, con esperienze diverse in tempi brevi, passando dalla FIAT di Marchionne in Mondadori, fino alla guida oggi delle operation del Gruppo Lavazza, ancora una volta un’azienda italiana che deve rilancirsi e proporsi all’estero).






Quali proposte sono emerse dal 1° Forum WPP?

Le proposte sono state sintetizzate in 5 punti:
1. Giocare in contropiede in un momento di crisi;
2. Valorizzare la professionalità di giovani e donne:
3. Posizionare l’Italia come laboratorio di creatività e contribuire al rilancio dell’immagine del Paese;
4. Aprirsi alle best practice internazionali;
5. Adeguare regolamentazioni e sistemi di misurazione della comunicazione al moderno sistema competitivo.
Vogliamo, da una parte, ridare natura e spessore a quello che nell’economia Paese è ancora un comparto molto importante. Questo in termini di occupazione, di vissuto, di business e partecipazione, che è quella del terziario, dove noi siamo a pieno titolo, insieme a tutti coloro che comunicano, dei player importanti. E poi riprenderci quello che ci compete, anche in termini di responsabilità, per contribuire al rilancio del Paese, che noi riteniamo abbia più che mai bisogno di comunicare se stesso, all’interno e all’esterno.


Nel corso del Forum si è parlato anche di come la percezione, e quindi la statura, di un Paese possa di fatto andare ad agevolare o invece a rendere più difficile il percorso. Pensiamo allo spread finanziario e alla comunicazione.
Secondariamente, siamo un comparto che, oltre al contributo del rilancio economico (proprio alla luce anche dell’EXPO, per esempio), stiamo da sempre assumendo giovani e donne in proporzione importante. E’ un business dove il 70% dell’umanità rappresentata è fatta di giovani e donne. Non parliamo di quote rosa, ma le quote rosa hanno contribuito negli ultimi 30 anni a fare grande questo tipo di business. Poi, creiamo anche ruoli specifici e professionali.




Qual è attualmente il vostro ruolo nella filiera della comunicazione?


Noi siamo fondamentalmente dei partner di business e partner di comunicazione. La validità del nostro ruolo, se ben compresa, offre un enorme vantaggio competivivo ai nostri clienti. Siamo leader ovunque nel mondo, compresi BRICS e Next 11. Abbiamo strutture interagenti che possono aiutare e coadiuvare le aziende a penetrare in qualunque mercato e ovunque.


Grazie al nostro know how internazionale e a imponenti investimenti, siamo in grado di leggere i mercati, i target, le distribuzioni. Così come, per fare degli esempi, interpretare nuclei familiari che si muovono diversamente, o le diversità dei valori di mercato in Paesi o contesti diversi. Questo porta a poter dare risposte certe e stabilire strategie efficaci, soprattutto per le aziende che intendono internazionalizzare.
Io credo che proprio il mondo delle multinazionali, come per esempio WPP, abbia negli ultimi anni (soprattutto noi), investito tantissimo nel digitale. Siamo il principale cliente di Google. Abbiamo fatto acquisizioni in tutto il mondo di aziende di primissimo livello. L’accesso a questa conoscenza e questa cultura è chiaramente a disposizione dei nostri clienti. Noi possiamo aiutarli a capire culturalmente di cosa si sta parlando e a favorire il cambio, se vogliamo quasi epidermico, del loro sistema di business e di comunicazione grazie a strutture che noi possediamo. E possiamo essere molto rilevanti in questo senso. Così come possiamo essere molto importanti per tutti i clienti italiani di medie e grandi dimensioni che, alla luce della crisi, devono trovare nuovi mercati, nuovi consumatori, e nuove segmentazioni per proporsi e proporre il loro brand.


Noi conosciamo i mercati, conosciamo i consumatori, li abbiamo segmentati per tantissimi clienti multinazionali e siamo felici di condividere insieme ai nostri clienti italiani questo expertise che credo sia assolutamente fondamentale e strategico per ogni società che voglia successo all’estero.




Si parla di digitale, ma poi la Tv domina mentre la stampa cala. Quanto l’ibridazione del sistema può essere fondamentale?


Qualcuno ha detto, facendo una battuta, che “Il grande mangia il piccolo”. In realtà dovremmo dire che “Il veloce mangia il lento”. Credo che tutto il sistema-Paese debba, di fatto, cambiare radicalmente e profondamente. Questo avverrà anche nel nostro business. Quindi quello che fino ad oggi è stato il dogma, non lo sarà più nella quotidianità. Certo, la televisione restarà molto importante. Credo che sarà sempre meno generalista e sempre più specialistica, perchè la segmentazione dei profili sarà sempre più fondamentale, come il web ci sta insegnando. Avremo un consumatore molto più emancipato e molto meno disponibile a farsi trattare da sottoposto.


Un consumatore che chiede un rapporto paritetico, pronto a discutere e contestare quello che non lo trova d’accordo, direttamente o indirettamente, sul blog o sul web. La stampa potrebbe reinventarsi grazie al digitale, quindi è una chance e non un affossamento. Sicuramente il web crescerà tantissimo: se noi pensiamo di avere un domani - nei prossimi 3-4 anni - una percentuale di inventimenti digitali tale e quale i Paesi del nord Europa, direi che avremo ancora un mercato sempre importante, che però sarà del 40%, e con un digitale che arriverà al 30%. E la stampa potrebbe assestarsi rafforzarsi digitalizzandosi a sua volta. Quindi credo che le regole del gioco siano cambiate e cambieranno anche i player in termini anagrafici, con una spinta che è bottom-up, contrariamente al top-down che ha contraddistinto la nostra comunicazione per 30 anni.




Molta della comunicazione è creatività e oggi la velocità del cambiamento è fondamentale. Come affrontate questo fattore?

E’ chiaro che gli operatori, i professionisti e quelli che operano nel nostro business devono dare un’accelerazione pesantissima alla loro professionalità per imporsi.


Pensiamo alle pubbliche relazioni come erano intese fino a qualche tempo fa - divise in corporate e social affair - o semplicemente come comunicato stampa. Oggi pensare alle PR senza pensare alle digital PR è un nonsense. E’ chiaro che il vecchio concetto copy-art deve evolversi in modo diverso. Ma, come già detto, noi non stiamo gestendo un cambiamento. Il cambiamento è già avvenuto e tutto il mondo è già cambiato. Sicuramente noi dobbiamo semplicemente prendere ad esempio quello che fa tutto il mondo, come nel caso nostro in WPP. Senza dover inventare la ruota. E’ chiaro che i talenti devono essere diversi, la formazione è fondamentale così come è chiaro che i mezzi sono diversi. Trovo interessante pensare che i prossimi confini siano lo shopper marketing, con il ruolo degli smartphone che soppianteranno definitivamente i laptop e passerano a sinistra la televisione. Sono cose che avvengono normalmente in Cina o in Africa: Paesi che hanno avuto un percorso di media diverso dal nostro, e non hanno avuto la fortuna o la sfortuna di rimanere bloccati per 20-40 anni su un solo mezzo, come è avvenuto per noi, hanno potuto sviluppare in maniera molto breve altre cose.


L’idea di shopper marketing per me è la più affascinante. Quando il punto vendita e il consumatore si incontrano, e grazie a una profilazione molto mirata, la strategia di comunicazione avviene in tempo reale laddove avviene il consumo. Poi è chiaro che resterà la figura stampa per far vedere un prodotto, pensiamo ad un’automobile. Ma io mi immagino una mamma che entra in un supermercato, che la conosce molto bene, così come conosce la sua famiglia. E’ un subscriber e conseguentemente sa settimanalmente cosa compra, e di volta in volta, taylor made, identificare qualla che è la borsa della spesa necessaria a quella famiglia. Il comunicato deve essere meno banale di questo.




Come vede il vostro gruppo in Italia fra cinque anni?


Noi come WPP non abbiamo un modello di business italiano perchè è internazionale. Una configurazione non è necessaria perchè, di fatto, ci stiamo muovendo sul mercato così come facciamo nel resto del mondo. Credo che il problema sia che i nostri consumatori e i nostri clienti cambieranno invece radicalmente, nel bene o nel male, volontariamente o involontariamente.


Noi dovremo essere bravi ad accompagnarli a leggere questo cambiamento. Torno a dire, non è un cambiamento che è in corso, ma è un qualcosa che è già avvenuto. E quindi la velocità sarà notevolissima.
Penso che per l’Italia il problema grosso sia quello anagrafico. Noi siamo un Paese vecchio, che non ha mai saputo fare dell’innovazione il suo cavallo di battaglia. Abbiamo una ricerca e sviluppo e sotto pochissimo spazio ai giovani. Noi non facciamo fisica nucleare, però credo che sia fondamentale dare ai giovani un ruolo importante in questa fase. E credo che proprio dal punto di vista strutturale e culturale l’Italia sia un posto che storicamente negli ultimi 15-30 anni non ha saputo gestire al meglio le proprie ricchezze, fatte da giovani che troppo spesso hanno dovuto emigrare.
WPP vuole dare ancora più spazio ai giovani, alla formazione – che è essenziale -, e dare loro accesso a tutte quelle leve dell’azienda che possono aumentare la loro crescita. In cambio è pronta ad assorbire tutta quella esperienza e quella voglia che è tipica di chi oggi ha 20-25 anni. Il problema è come riuscire a qualificare o riqualificare le persone che, come me, hanno già compiuto i 40 anni e che quindi devono trovare un modo diverso di porsi in questo business.


Qui si possono aprire numerose discussioni, che saranno argomento della prossima edizione del Forum.  

 

 


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