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_Dicembre2012

economia

Quanto pesa l’effetto spread sull’economia reale del nostro Paese?

Ghielmetti (CRIF): Nel 2011 le imprese hanno sostenuto 15 miliardi di euro in più per i maggiori oneri finanziari, e le famiglie 290 euro in più per la rata del mutuo

Da un’analisi realizzata da CRIF Decision Solution, finalizzata a misurare il peso reale dell’innalzamento dello spread sull’economia nazionale, è emerso che il consistente ampliamento del differenziale con i bund tedeschi, nel corso del 2011, ha determinato un innalzamento del costo del credito che ha portato famiglie e imprese italiane a sopportare oneri decisamente rilevanti.
Tali stime sono state calcolate grazie ad un modello econometrico realizzato ad hoc, che parte dalla misura del differenziale registrato tra i titoli di stato italiani e i bund tedeschi dal secondo semestre 2011 in avanti, ed applicato su un campione rappresentativo di imprese e famiglie estratto in forma anonima dal Sistema di Informazioni Creditizie di CRIF. E secondo tali evidenze risultano sensibilmente cresciuti gli oneri finanziari, con un impatto pesante sui bilanci delle imprese e delle famiglie: nello specifico, nel 2011 le prime hanno dovuto sostenere complessivamente circa 15 miliardi di euro di oneri finanziari in più rispetto all’anno precedente, proprio a causa dell’effetto spread, determinando una riduzione dei margini operativi lordi (passati dal 22% del 2010 al 28% del 2011) e una conseguente contrazione degli utili, e facendo scendere il Roe dal 3,2% del 2010 all’ 1,1%.


“Questa situazione ha avuto un forte impatto sulle imprese italiane, che prevalentemente sono di piccole e medie dimensioni, che hanno dovuto bruciare ingenti risorse a causa dei maggiori oneri finanziari e si sono trovate obbligate a contrarre gli investimenti, penalizzando soprattutto quelle realtà meno in grado di sostenere la concorrenza internazionale” – commenta Silvia Ghielmetti, Direttore di CRIF Decision Solutions.
Per quanto riguarda le famiglie, invece, è emerso il maggior costo del debito sostenuto per finanziare l’acquisto di abitazioni: sui nuovi mutui, infatti, le rate sono salite di circa il 4% nel periodo di accelerazione dello spread, tanto che per un finanziamento ventennale da 100.000 euro si possono quantificare maggiori oneri per un valore pari a circa 290 euro su base annua. L’incidenza di questi maggiori oneri sui mutui residenziali è però rimasta sostanzialmente costante nel periodo in cui si è manifestata la repentina crescita dello spread (ovvero da luglio 2011 a gennaio 2012), data la forte contrazione dei volumi erogati rilevata nel medesimo arco temporale sia a causa di un vero e proprio crollo della domanda da parte delle famiglie sia di politiche più prudenti adottate dagli Istituti di credito, alle prese con le difficoltà nel funding, requisiti di capitale più stringenti e la rischiosità dei propri portafogli di clientela.


A questo riguardo, dall’analisi condotta sulla banca dati di CRIF emerge, infatti, che indicativamente il numero medio di contratti erogati mensilmente nel periodo di accelerazione dello spread si è ridotto del 25% rispetto al periodo precedente.
Pur considerando che nel 2011 la percentuale di compravendite residenziali assistite da mutuo è risultata pari solamente al 42,4% del totale (in lieve riduzione rispetto al 43,4% dell’anno precedente), la flessione delle richieste e delle erogazioni di finanziamenti per l’acquisto di abitazioni hanno avuto un effetto diretto e tangibile sul mercato immobiliare, dove nel secondo trimestre del 2012 si è registrato un brusco calo delle compravendite, scese complessivamente del 25,3% rispetto al corrispondente periodo del 2011 (fonte Bussola Mutui CRIF-MutuiSupermarket.it).
Dal modello di CRIF Decision Solution emerge anche che, se il regime dei tassi di interesse si fosse mantenuto sui valori dell’inizio 2011, posta la stabilità ceteris paribus di tutte le altre variabili in gioco, nel 2012 il sistema economico italiano avrebbe potuto beneficiare di risorse aggiuntive che invece sono state assorbite dall’aumento dei tassi: in particolare, nell’anno in corso i consumi da parte delle famiglie sarebbero potuti aumentare complessivamente di circa 2,8 miliardi di euro, generando un aumento annuale del +0,3%, mentre gli investimenti fissi lordi da parte delle imprese sarebbero potuti crescere di circa 1,2 miliardi di euro, con un aumento pari a +0,5%.


Nell’insieme, l’aumento dei differenziali di rendimento rilevato nel 2011, nel corso del 2012 ha quindi assorbito circa 4 miliardi di euro all’economia nazionale, condizionando negativamente le possibilità di investimento delle imprese e deprimendo i consumi delle famiglie.
“In questi ultimi anni le famiglie e le imprese italiane hanno dovuto fare i conti con le difficili condizioni dei mercati – conclude Ghielmetti -. Da un lato la restrizione dell’offerta di credito ha generato una decisa contrazione dell’indebitamento, particolarmente evidente nel 2011, e quindi un’oggettiva difficoltà nell’accesso ai tradizionali strumenti di finanziamento; d’altro canto, il trend negativo dei fondamentali e gli outlook a tutt’oggi scoraggianti sull’economia italiana hanno prodotto una forte crisi di fiducia nei confronti del nostro Paese, con un considerevole ampliamento dei differenziali di rendimento dei titoli italiani soprattutto rispetto a quelli tedeschi. L’ampliamento dello spread ha portato a un conseguente innalzamento del costo della provvista per gli intermediari bancari e finanziari e, a cascata, a un rialzo dei tassi di interesse applicati ai prestiti all’economia sia per quanto riguarda le famiglie sia per le imprese”.





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