I possibili strumenti finanziari per un reale sostegno alle PMI
Rolleri e Vico (Assiom Forex): Le iniziative passano per la creazione di fondi d’investimento specializzati e la costituzione di veicoli per la collateralizzazione dei mini–bond
La situazione delle piccole e medie imprese italiane, con qualche rara eccezione che conferma la regola, è caratterizzata da una crisi di liquidità diffusa e profonda. Le cause sono molteplici: dalla riduzione dei ricavi per crollo della domanda, ai pagamenti in ritardo della pubblica amministrazione, alle caratteristiche strutturali del sistema finanziario italiano, incentrato sul ruolo delle banche che a loro volta con le crescenti perdite su crediti, non riescono a fornire nuovi finanziamenti necessari sia per la gestione ordinaria del circolante che per gli investimenti.

Il Governo Monti l’anno scorso ha introdotto alcune norme, contenute all’interno del Decreto Sviluppo, volte ad equiparare il regime civilistico e fiscale sul debito delle PMI a quello più favorevole per le società quotate.
A quasi un anno dall’entrata in vigore della prima versione del Decreto sembra evidente come a beneficiare realmente di questo provvedimento legislativo siano in realtà le grandi imprese.
Da gennaio 2013 vi sono state infatti emissioni da parte di corporate italiani pari a 7,5 miliardi di euro, concentrati in 16 grandi società, di cui 6 quotate. Di PMI, come definite dalla raccomandazione della Commissione Europea del 6 maggio 2003, e quindi con fatturato inferiore a 50 milioni di euro e meno di 250 dipendenti, si registrano ad oggi solo cinque società, tra cui si segnalano Buscaini Angelo srl con una cambiale per 10 milioni di euro e la tanto menzionata CAAR con un mini – bond a 5 anni da 3 milioni di euro.

Le PMI italiane, come ci ricordano i numerosi studi e ricerche sull’argomento, sono le più numerose dell’Unione Europea e producono oltre il 68% del valore aggiunto del Paese contro una media europea pari al 58% circa.
Le iniziative volte a sostenere realmente le PMI
E’ evidente come ad oggi non esista un mercato dove gli investitori possano comprare un’obbligazione emessa da un’unica PMI. Un singolo mini-bond (di importo compreso tra 500.000 euro e 5 milioni di euro) è infatto privo di liquidità, già poco presente nei bond corporate high yield da 200 milioni di euro. Inoltre, il gap tra aspettative di rendimento degli investitori internazionali e non attivi in questa asset class ed il costo del debito sostenibile per una piccola impresa è ancora troppo alto.
Per colmare questo gap servono iniziative che favoriscano lo sviluppo di prodotti di investimento adatti e con il coinvolgimento di tutti gli operatori di mercato e delle istituzioni pubbliche. Si deve poi evitare che le banche coinvolte “scarichino” sui potenziali investitori le loro esposizioni non in bonis per non compromettere ab initio il buon esito di queste nuove iniziative; l’obiettivo deve essere nuovo credito e non vecchio credito riciclato.
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