La Riforma Fallimentare è troppo onerosa e inadeguata

Galassi (A.P.I.): una misura necessaria ma, ancora una volta, non calibrata rispetto al tessuto imprenditoriale, composto prevalentemente da PMI

Il 14 Febbraio la Riforma Fallimentare è divenuta legge con l'approvazione del nuovo "Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza" (CCII) contenuto nel Decreto Legislativo n.14 del 12 Gennaio 2019, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, la cui entrata in vigore a pieno regime è prevista a partire dal 15 Agosto 2020.
"Una misura sicuramente necessaria, considerando sia il complesso periodo di crisi da cui non tutte le imprese sono riuscite a riemergere, sia il fatto che l'impianto originario della Legge Fallimentare risale a un Regio Decreto del 1942", commenta Paolo Galassi, presidente di A.P.I. - Associazione delle Piccole e Medie Industrie. "Nonostante le finalità positive del legislatore, di cercare di mettere a punto strumenti per anticipare l'emersione delle crisi e limitarne l'aggravio nel tempo, assicurando la massima continuità aziendale, ancora una volta si è lavorato senza comprendere appieno le reali criticità del tessuto imprenditoriale, composto prevalentemente da piccole e medie imprese".
Tra le principali novità introdotte, infatti, vi è l'obbligo per l'imprenditore di adottare un sistema organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni aziendali, che permetta di rilevare tempestivamente eventuali segnali di malessere e di impostare, contestualmente, una strategia per riportare un equilibrio economico-finanziario in azienda. Inoltre, vi è l'obbligo alla nomina dell'organo di controllo o di un revisore, per le Srl e le Cooperative, qualora per due esercizi consecutivi vi fosse il superamento di uno dei tre limiti previsti dall'art. 378:
- 4 milioni di attivo di stato patrimoniale;
- 4 milioni di ricavi;
- 20 dipendenti occupati in media durante l'esercizio.
"Inizialmente questi parametri erano più restrittivi. In qualità di portavoce degli interessi delle PMI associate, A.P.I. è intervenuta più volte ai tavoli istituzionali e sulla stampa per chiedere la revisione della legge, affinchè non diventasse l'ennesima barriera al fare impresa, aggiungendo nuovi costi e adempimenti, non sostenibili per molte delle micro imprese del territorio", interviene ancora Galassi. "Il primo risultato è stato raggiunto, ma la nostra azione di tutela prosegue, affinché le PMI non debbano assistere impotenti all'ennesima legge volta a complicare anziché semplificare la gestione.
Sono diversi gli aspetti del decreto che destano preoccupazione tra gli imprenditori, come ad esempio gli oneri aggiuntivi per il pagamento dell'organo di controllo o del revisore contabile, per l'implementazione di software gestionali e il reperimento sul mercato di figure professionali preparate, al fine di essere compliant con le attuali disposizioni.
Le imprese hanno bisogno di un sostegno alla crescita e non di un controllore che ne segnali lo stato di difficoltà all'OCRI con il rischio di comprometterne definitivamente la gestione. Molte aziende, infatti, ad oggi, non hanno a disposizione la figura di un CFO preparato all'interno, in grado di analizzare e visualizzare i potenziali rischi. È importante, dunque, in questo momento ancora di grande confusione, che le Istituzioni siano presenti, che lavorino insieme a noi associazioni per ascoltare e comprendere le difficoltà degli imprenditori e guidarli in questa delicata transizione.
In tal senso, A.P.I. continuerà a essere attiva sul territorio, organizzando convegni e corsi di formazione e aggiornamento, ponendosi come punto di riferimento per le imprese associate che necessitano di supporto. Il nostro auspicio - conclude infine Galassi - è che le piccole e medie industrie possano cogliere da questa normativa anche delle preziose opportunità, per migliorare sotto l'aspetto amministrativo/gestionale e previsionale, al fine di puntare a una crescita più solida su un mercato sempre più globale e competitivo. La continuità ovviamente è una priorità anche per le imprese stesse, che hanno a cuore il futuro dei propri collaboratori. Le imprese per essere competitive, però, hanno la necessità che il Governo, sia a livello Nazionale che locale, investa in una politica industriale, fatta di azioni concrete e fattive".


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