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Investire nei Luxury Goods non e' solo una moda

Mendoza (Credit Suisse): Il settore è in forte e costante espansione. I cinesi sono diventati i primi consumatori globali

C’è un settore che sembra non risentire della crisi. Quello dei beni di lusso. Questo comparto rivela una storia di crescita strutturale a lungo termine. Osservando le tendenze a livello globale, si può vedere come si è passati da un mercato con un fatturato di 77 miliardi di euro nel 1995 agli attuali 2012 nel 2012. E le previsioni, illustrate da Juan Manuel Mendoza, Director e Senior Fund Manager/Analyst, Head of Equities Asia di Credit Suisse, ipotizzano una crescita a 217 miliardi per il 2013 e 238 per il 2014. (Fonte: Worldwide Markets Monitor di Bain & Co. e Fondazione Altagamma).
Un mercato quindi in costante crescita che ha visto leggere flessioni unicamente in concomitanza con eventi globali epocali, come la crisi finanziaria e dei mutui subprime tra il 2007 e il 2008. Ma si è trattato solamente di deboli rallentamenti. La tendenza è al rialzo e, fatto importante per gli investitori, sembra un orizzonte senza nuvole. Anche se sempre più dagli occhi a mandorla.
Per marchi di lusso si intendono, nell’analisi in questione: abbigliamento, borse, calzature, orologi, gioielli, cosmetici/profumi, alcolici, automobili, centri di cura, estetici e benessere, hotel/resort e ristoranti. In quest’ambito Francia e Italia la fanno da padrone, ma si vede ormai chiaramente come la nazione in ascesa sia la Cina continentale, anche se principalmente nei comparti ristoranti e alcolici.
In questo scenario è proprio il consumatore cinese a cambiare le regole del gioco, portando il Paese sulla vetta delle classifiche del lusso, superando in percentuale (25%) europei (24%), americani (20%), giapponesi (14%), seguiti dai Paesi asiatici in grande ascesa (11%). (Fonte: Bain). A supportare questa tendenza vi sono i dati che arrivano dalle aziende, che indicano come i principali brand realizzino una grande parte del fatturato con il consumatore dei Paesi Emergenti, come LVMH (46%), PPR (45%) o Prada (55%), per fare qualche esempio.
E, del resto, la forbice dei prezzi tra l’Europa e i Paesi asiatici o emergenti non è mai stata così ampia: fatto 100 euro un prezzo medio europeo, si va dai 125 euro in Asia, ai 150 in Giappone, 150 in Cina e 160 in Brasile. (Fonte Credit Suisse).
Questo comporta che i marchi perseguono la politica di una sempre maggiore presenza nei mercati emergenti, seguendo una filosofia sempre attuale nella distribizione: occorre essere dove sono i clienti. E il mercato asiatico è quello che in prospettiva si mostra più attraente, un fatto supportato anche dalle stime che indicano che l’Asia traina i consumi del lusso mondiali. Secondo un rapporto McKinsey, le 440 città emergenti nel mondo forniranno un contributo di 23.000 mld di dollari, pari al 47% della crescita globale entro il 2025, con il 60% dei consumi urbani. Gran parte di queste sono situate in Asia. Qui dovranno aprire punti vendita il brand del lusso per riuscire a catturare i nuovi consumatori: Bangkock, Manila, e molte altre grandi città, non solo cinesi.
Ma questo non significa che crescerano solo i consumi domestici. Per esempio, la Cina nel 2011 aveva un mercato del lusso stimato in 12,9 miliardi di dollari, ma a questi vanno aggiunti 25-30 milioni spesi al di fuori della loro regione.
Per le aziende un trend da cavalcare correttamente, e per gli investitori in questo mercato, la possibilità di realizzare buone performance. Quello dei beni del lusso è infatti un comparto ad alta redditività e con valutazioni molto allettanti. Questo grazie agli utili generati dai brand, in crescita vigorosa.


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