Termina lo Shutdown USA: bilancio degli effetti sui mercati
Ottobre è stato un mese di contrasti. Il prolungato shutdown del governo statunitense e il default di due società nel settore della commercializzazione delle auto hanno alimentato i timori nel settore del credito privato, soprattutto a causa della mancanza di dati economici chiari relativi al bimestre settembre-ottobre. Il taglio hawkish del Presidente della Fed Powell ha offerto ai mercati uno spiraglio di ritorno a una politica monetaria più ortodossa; pertanto, i rendimenti dei Treasury statunitensi sono saliti ai livelli di settembre e il dollaro si è rafforzato. Anche la BCE, riunitasi a Firenze, ha mantenuto una posizione di equilibrio trasmettendo un messaggio
simile a quello della Fed e indicando dicembre come un momento cruciale per aggiornare le proiezioni economiche e chiarire gli impatti delle tariffe. Infine, l’accordo commerciale tra Stati Uniti e Cina è stato positivo e ha favorito i mercati emergenti.
Lo scenario attuale, quindi, ruota intorno a tre temi: il primo è relativo alla crescita degli Stati Uniti, attorno al potenziale, che impone una valutazione dello stato dell’economia; il secondo riguarda i mercati azionari statunitensi, che continuano ad essere sostenuti dal tema della tecnologia; e infine vi sono le attese per una prosecuzione dei tagli anche nel 2026 da parte della Fed, con il timore che questi possano essere una conseguenza dell’influenza dell’amministrazione.
In assenza dei tradizionali dati macro sul mercato del lavoro, il vuoto informativo è stato parzialmente colmato da fonti private, generando così un aumento della volatilità sui mercati che tentava di interpretare lo stato dell’economia. Tra i dati alternativi spiccano quelli relativi alle buste paga di ATP, gli annunci di lavoro di Indeed e i licenziamenti segnalati da Challenger che, insieme, hanno fornito segnali contrastanti. In sintesi, il mercato del lavoro sembra attraversare una fase di transizione rispetto all’estate, con un rallentamento delle assunzioni e alcuni annunci di riduzione del personale da parte di grandi aziende. Tuttavia, le richieste di sussidi di disoccupazione – che hanno continuato ad essere pubblicate anche durante lo shutdown – non mostrano incrementi significativi.
Il blocco del governo, di per sé, ha avuto un impatto limitato sui mercati e sulle prospettive macroeconomiche, e la fine dello shutdown dovrebbe portare ora a un recupero quasi completo dell’attività economica. Già dallo scorso fine settimana le notizie che suggerivano una possibile soluzione all’impasse governativa avevano alimentato dell’ottimismo sui mercati. Per quanto riguarda l’inflazione, invece, l’ultimo dato pubblicato – seppur con ritardo – è risultato leggermente migliore delle attese, registrando un valore marginalmente più basso. Le stime di consenso indicano un possibile incremento dell’inflazione che si attesta tra lo 0,4% e lo 0,8% per l’intero 2025, attribuibile all’impatto delle tariffe. Tuttavia, il miglioramento di altre componenti, come gli affitti, sta contribuendo a mantenere l’inflazione complessiva su livelli meno preoccupanti. Pertanto, l’effetto delle tariffe appare per ora meno rilevante del previsto, mentre la compensazione offerta da altre componenti suggerisce un quadro inflattivo per il 2025 più rassicurante rispetto ai timori di inizio anno.
Il settore tecnologico statunitense continua a trainare i mercati, sostenuto da ingenti investimenti. Aziende come Microsoft, Alphabet, Meta e Amazon prevedono di investire oltre 500 miliardi di dollari nel 2026, principalmente in infrastrutture per l’Intelligenza Artificiale. A ciò si aggiungono risultati trimestrale superiori alle attese, con il settore tecnologico che complessivamente contribuisce a un quarto della crescita degli utili. In generale, le valutazioni negli Stati Uniti, trainate dal settore tecnologico, restano elevate ma sono stabili rispetto allo scorso mese; la crescita degli utili è stata ottima, con un incremento del 10% rispetto all’anno scorso, e un’ulteriore previsione di crescita del 12% per i prossimi 12 mesi. In questo scenario, confermiamo la validità degli investimenti nel settore tecnologico per i portafogli, pur adottando una maggior cautela in chiave tattica. Si prospettano, infatti, potenziali incertezze nel passaggio al nuovo anno, dato il contesto caratterizzato da aspettative e valutazioni particolarmente elevate.
Superato l’impasse dello shutdown, la ripresa della pubblicazione dei dati ufficiali consentirà di completare il quadro macroeconomico che attualmente è solo parziale. Permane comunque una significativa incertezza riguardo la futura composizione della Federal Reserve, in attesa della nomina del prossimo governatore. Questo elemento sarà cruciale per comprendere l’orientamento della politica monetaria della Fed post Powell e per valutare quanto questa potrà mantenersi su un approccio più o meno ortodosso. Sebbene Powell recentemente abbia adottato toni più cauti, in vista del prossimo incontro di dicembre, il mercato continua a scontare un percorso di significativo allentamento monetario per il 2026. Tale scenario lascia perciò poco margine di manovra per un’eventuale difesa dai tassi statunitensi (visti i livelli attuali). Dunque, continuiamo ad evitare la duration americana nei portafogli. Infine, eventuali nomine che potrebbero minare la credibilità della Fed, rischierebbero di innescare una nuova fase di debolezza per il dollaro statunitense che, nei nostri portafogli, rimane quindi coperto.
Flora Dishnica Investment Manager di Pictet Asset Management
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