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08/07/2015

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Loser: fondi pensione e TFR per sostenere l'economia reale e soprattutto le PMI

Cercare rendite, favorire l'economia, reperire nuove risorse. Un'intervista a tutto campo per capire come si potrà evolvere il Sistema Paese

Abbiamo intervistato Ugo Loser, Amministratore Delegato di Arca SGR con lo scopo di comprendere quali sono le tendenze in atto e capire gli sviluppi futuri in seno sia agli investimenti sia al sostenimento dell'economia del Paese.

Quali sono, secondo lei le cause del mancato sviluppo delle PMI in questi anni?

Sono dovute all'effetto combinato da un lato dall'approccio all'azienda familiare e alla cultura del mantenimento del controllo, da parte della maggior parte degli imprenditori, dall'altro dalla mancanza di un'investitore istituzionale di lungo periodo che potesse fornire stabilità nei mezzi finanziari e quindi mitigare la necessità da parte delle aziende a ricorrere al credito bancario che è uno strumento tipicamente di breve periodo. Questo non consente di pianificare investimenti o espansioni pluriennali che ci mettono lustri a dare i risultati attesi.

Quale ruolo potrebbero giocare i fondi pensione?

Gli investimenti del lungo periodo sono forniti nella quasi totalità del mondo sviluppato dei mercati finanziari dai fondi pensione, che ammontano a circa tre quarti dello stock di investimenti disponibili, e che finanziano la maggior parte dei veicoli di private equity e di fondi infrastrutturali, di fondi di venture capital, di fondi di credito in generale e di private debt; e poi per una parte non preponderante ci sono i famosi family office, che sono essenzialmente grossi patrimoni privati, quelli sopra un miliardo di euro, e infine i fondi sovrani, quindi i vari Qatar piuttosto che il fondo sovrano norvegese.



Come si evolverà il mercato del credito in Italia e in Europa alla luce delle nuove normative?

La nuova decisione di politica economica è quella di concentrare le attività del mondo bancario e del credito breve pensando al finanziamento del circolante a breve per soddisfare le necessità finanziarie delle imprese. C'è una fortissima spinta per lo sviluppo dei mercati finanziari da parte delle imprese all'accesso diretto, quindi non intermediato da un bilancio o una banca o assicurazione. Parliamo di emissioni di titoli di debito direttamente sul mercato e della presenza nel capitale delle aziende di investitori istituzionali di medio e lungo periodo.
Di fatto, se non si hanno determinate dimensioni aziendali, diventa difficile aver credito?

Sarà molto difficile aver credito nel medio e lungo periodo perché i vincoli sui bilanci bancari sono molto importanti e stringenti. Il catalizzatore di tutto questo è stato l'entrata in esercizio dell'AQR comprehensive assessment di fine ottobre da cui partono le decisioni attuali, come la stretta sugli aumenti di capitale (e alcuni sono ancora in corso anche nel nostro mercato), le esternazioni di qualche amministrazione delegato di qualche grosso gruppo bancario che rifocalizza l'attività bancaria verso la generazione di servizi e non di margine di interesse.

In questo senso è interessante notare la rifocalizzazione della maggior parte dei piani industriali, che sono stati annunciati con le assemblee di chiusura dei bilanci in primavera, piuttosto che con le trimestrali e semestrali che verranno adesso approvate.

Le semestrali sono il sistema migliore per parlare al sistema creditizio?

In questi piani industriali si vede che i termini di ricavi bancari la quota del margine di interesse scende rispetto al margine commissionale che sale. Il famoso modello di "originate to distribute", cioè le banche si fanno parte attiva per cercare di portare le imprese sul mercato. Oggi però sono piccole e si parla di mini bond; nella misura in cui cresceranno si parlerà di private debt e speriamo in futuro di public debt, sviluppando un mercato liquido e trasparente di titoli di debito da un lato. Dall'altro cercando di portare sul mercato immissioni azionarie che vengono convogliate a investitori di medio e lungo periodo. Cercheranno di offrire ai propri clienti e ai risparmiatori dei prodotti che consentano di partecipare allo sviluppo dell'economia reale, posto che oggi la sottoscrizione di titoli di debito è particolarmente penalizzante per l'investitore privato perché a malapena riesce a coprire il costo dell'inflazione.



Bassa crescita globale, bassi tassi, come avere un minimo di rendita?

In questo periodo sui giornali i fondi di private equity che hanno partecipato alle iniziative delle più grandi banche italiane per quanto riguarda il mondo dei debiti deteriorati, hanno annunciato rendimenti attesi sui loro prodotti di oltre il 20%. E' chiaro che il premio di illiquidità unito al premio legato al rischio è stato un premio importante che non puo' che avvantaggiare gli investitori di lungo periodo. Oggi pero' abbiamo una carenza strutturale di investitori di lungo periodo e di veicoli di lungo periodo disponibili per l'investitore privato. Questo perché la maggior parte delle scelte istituzionali del risparmio in Italia si basa su veicoli di breve periodo: fondi, polizze, titoli delle banche. Hanno tutti delle caratteristiche di liquidità più o meno giornaliera e non possono prendersi dei rischi di medio e lungo periodo. La risposta a queste esigenze sta nello sviluppo della previdenza complementare e in particolare del secondo pilastro, ovvero obbligare parte dei lavoratori a versare il proprio TFR in prodotti di previdenza complementare.


Quindi, un passaggio dal terzo pilastro in cui questo investimento avviene su base volontaria, a un secondo pilastro in cui questo investimento avviene su base obbligatoria. Il flusso del TFR in Italia è valutato in circa 25 miliardi e questo potrebbe alimentare un volano importante di investimenti di lungo periodo nell'economia reale.

E i fondi aziendali?

I fondi aziendali sono una parte che è stata affrontata, in particolare nella relazione del Presidente di Covip Francesco Massicci per la relazione finale fatta alla Camera a inizio giugno. In realtà si evidenzia in questa relazione come i fondi aziendali siano tantissimi e tutti molto piccoli. Esiste una correlazione tra le dimensioni piccole del fondo e il basso rendimento, e quindi il mantenimento di fondi piccoli andrà a penalizzare i lavoratori, futuri pensionati. In quella relazione si auspica una forte concentrazione del settore su fondi e istituzioni che abbiano delle dimensioni critiche importanti a garanzie dell'efficienza e del rendimento per i lavoratori. Ritengo che dobbiamo aspettarci provvedimenti in questo senso a breve da parte delle istituzioni.


 

 


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