Gli spread potrebbero ampliarsi, ma le agenzie di rating hanno rivisto al ribasso molte delle loro ipotesi sui prezzi del petrolio. Crediamo quindi che vi saranno meno downgrade o drastici aumenti dei costi di finanziamento rispetto a quanto il mercato stia stimando.
Entrando nel 2016, il contesto del fixed income appare complesso. Nel 2015, la divergenza prevista nelle politiche monetarie si è fatta sentire con forza non solo sui rendimenti obbligazionari, ma anche sui tassi di cambio, con il predominio indiscusso del dollaro statunitense.
Dobbiamo quindi aspettarci che il tema della divergenza continui a essere presente? Pensiamo di sì, ma a un ritmo meno marcato. L'unica grande banca centrale ad aver aumentato i tassi nel mondo sviluppato farà fatica a mantenere un percorso di normalizzazione, con la crescita cinese in rallentamento, la BCE che probabilmente amplierà i programmi di stimolo e i prezzi delle commodity, e di conseguenza l'inflazione, che resteranno bassi. Inoltre, ostacoli strutturali come elevati debiti pubblici e discrepanze di reddito rappresenteranno ulteriori difficoltà per i politici. Tutto questo suggerisce che i rendimenti obbligazionari potrebbero non crescere ai livelli o con la rapidità che alcuni ipotizzano.
L'argomentazione opposta, che blocca la nostra visione rialzista del credito nel suo complesso, evidenzia come il ciclo del credito stia mostrando segnali di surriscaldamento. La leva finanziaria statunitense è cresciuta in termini aggregati, e non solo nei settori Mining e Resources, ma la copertura degli interessi sta diminuendo con l'aumento dei tassi da parte della Fed e l'irrigidimento delle condizioni di credito. Dal nostro punto di vista, è difficile che gli spread si riducano mentre il settore delle risorse prosegue il difficile processo di adeguamento alle pressioni di offerta e prezzi, a condizione però che gli spread tengano conto di tali difficoltà. Come precedentemente accennato, vediamo valore nelle società di estrazione crossover, i cui rendimenti, in alcuni casi, sono saliti all'8-10%.
La nostra strategia per il 2016 prevede una minore attenzione a banche centrali e politiche monetarie, e un maggiore focus sul ciclo (credito e liquidità) e sui rischi specifici degli emittenti. Continuiamo a vedere rischi di calo nei settori in cui aumenteranno i default, ad esempio petrolio ed energia. Vediamo inoltre valore selettivamente nei Metals e Mining.
I fondamentali europei sono buoni, dunque questo mercato risulta più interessante di quello statunitense. Vogliamo anche moderare la nostra view positiva sui titoli societari a più lunga scadenza, in particolare in Europa. Con livelli di rendimento di break-even più bassi rispetto agli USA, eventuali sorprese in termini di aumento delle aspettative di crescita e/o inflazione europea si sentiranno con più forza in Europa che in USA.
I venti trasversali generati da tassi statunitensi più elevati e dall'ulteriore allentamento in Europa e in Cina nel 2016 creano difficoltà nelle valutazioni nello spazio crossover. In Europa, oltre 2.500 miliardi di euro di debito obbligazionario governativo hanno rendimento negativo, mentre negli USA i tassi più alti attireranno gli investitori stranieri a caccia di rendimenti, soprattutto se il dollaro resterà forte. Se aggiungiamo i livelli di spread più larghi, il contesto di partenza dei crossover appare attraente.
La liquidità continuerà a essere un tema prevalente nel 2016 e potrebbe spiegare alcuni ampliamenti degli spread dai valori bassi dell'estate 2014. Ci sembra che un primo livello della questione sia stato ben compreso: la normativa bancaria e il QE hanno ridotto la capacità di molti investitori di "negoziare" il credito. Sono meno chiare le conseguenze.
La discrepanza di illiquidità tra attività del fondo ed esigenze dell'investitore può essere in parte mitigata focalizzandosi sulla qualità degli asset e sui relativi rischi di concentrazione.
Crediamo che la nostra strategia affronti alcuni di questi aspetti in quattro modi: innanzitutto, ciascuno dei nostri fondi crossover ha un elevato numero di emissioni ed emittenti per garantire un alto grado di diversificazione. In secondo luogo, la nostra allocazione sistematica ad emittenti ed emissioni non segue la massa, che normalmente si affida a benchmark a capitalizzazione di mercato e vi resta legata dai limiti di tracking error. Terzo, scegliamo le aree del credito che presentano minori rischi di transizione di rating e default rispetto all'estremità più debole dell'high yield.
Infine, il nostro approccio sistematico mira a dare maggior peso a emittenti ed emissioni con una migliore liquidità relativa, misurata non in base alla dimensione ma ai bid-ask spread (differenziali domanda-offerta).
Kevin Corrigan, Head of Fundamental Fixed Income, Lombard Odier Investment Managers
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